Iran, uccisa Hadith Najafi, la ragazza con la coda, simbolo della protesta contro il velo

Manifestazioni e feroce repressione in tutto il Paese. Almeno 57 i morti

Giovanna Sellaroli

Sei proiettili hanno barbaramente spezzato la vita della giovane curda dalla lunga coda di cavallo bionda e senza veli, Hadith Najafi, che tra un mese avrebbe compiuto 24 anni.

La mannaia del regime iraniano, teocratico sciita, si è abbattuta sulle donne che da giorni protestano per la morte della giovane curda Mahsa Amini, seguita all’arresto da parte della polizia morale di Teheran.

Dal 16 settembre l’Iran è scosso da forti proteste per quello che i manifestanti definiscono un omicidio di Stato, una mobilitazione generale in tutto il Paese che si è trasformata in una denuncia collettiva contro l’integralismo religioso del regime iraniano, ma anche contro le difficili condizioni economiche in cui versa la nazione.

Iran. proteste dopo la morte di Hadith Najafi

Hadith Najafi è diventata virale in un video mentre, preparandosi a partecipare a una manifestazione antigovernativa, si legava i lunghi capelli biondi a mo’ di coda di cavallo. Un gesto quello di raccogliersi i capelli, che molte di noi fanno normalmente quando stanno per iniziare a fare un qualcosa. Un gesto così femminile, che ci è familiare,  ci appartiene e ci connota. Da ieri è il gesto di Hadith Najafi.

Perchè Hadith Najafi è una di noi, per sempre con noi.

Najafi è stata uccisa a colpi di arma da fuoco nella città di Karaj, vicino a Teheran, dalle forze di sicurezza, come immediatamente riportato sui social media della giornalista iraniana e sostenitrice dei diritti delle donne, Masih Alinejad, insieme ad altri.

La notizia è stata poi confermata anche da fonti legate ad altri attivisti che manifestano contro il regime iraniano e che raccontano, attraverso le numerose immagini girate con i cellulari, che la polizia ha deciso di usare la linea dura per sedare le proteste, sparando senza ritegno contro i manifestanti.

Sui social, la sorella  di Hadith ha denunciato che la giovane è stata colpita alla testa, al collo, al torace e all’addome. Sta facendo di nuovo il giro dei social il video-simbolo di Hadis Najafi, dove raccoglie in uno chignon i suoi capelli biondi con un elastico, pronta a gridare il suo dissenso contro la volgare oppressione  degli Ayatollah.

Uno Stato misogino, dalla natura maligna che dimostra un umiliante disprezzo per i propri cittadini, e per le donne in particolare, verso le quali usa il pugno di ferro e un modus operandi da oscuro mediovevo. Del resto la Repubblica islamica è campione di ‘mossa repressiva’; sa come fronteggiare le proteste civili, basti pensare alla brutale repressione riservata alle proteste studentesche del 1999, annientate non solo con la forza selvaggia, ma anche con manipolazioni e intimidazioni insopportabili. E ancora alla violenta repressione seguita all’annuncio della vittoria del Presidente Mahmoud Ahmadinejad nelle elezioni presidenziali del giugno 2009 che provocarono proteste in tutto l’Iran, represse nel sangue, con condanne a morte, torture e uccisioni.

Iran, polizia reprime le proteste

La morte di Masha Amini, assassinata a causa dell’uso improprio del velo, grida vendetta ed è la chiara dimostrazione di quale e di quanta brutalità siano capaci gli esecutori “morali” del regime. Le milizie basij, che si autodefiniscono Hezbollahis, il partito di Dio, agiscono in nome del principio islamico di ‘ordinare il bene e proibire il male’ e affondano le radici nel movimento islamista iraniano dei Fedayan-e Eslam, una organizzazione terroristica degli anni ’40-’50 che ha avuto un forte impatto sulla Repubblica islamica, in particolare sulle forze di sicurezza del regime. Come riferisce l’ Istituto Affari Internazionali, per cercare di disciplinare il ruolo delle minoranze e la complessa questione etnica, il regime vede nelle pattuglie morali, nella profondità della loro natura, un modo di trasformare tutti gli iraniani in hezbollahis. Mahsa Amini è morta a causa della natura stessa della Repubblica islamica dell’Iran.

Mahsa Amini era una curda sunnita e il regime, a prescindere dalla sua retorica panislamica di fratellanza, discrimina la confessione sunnita, ampiamente considerata un rischio per la sicurezza.

Iran, rivolta delle donne

E curda era anche Hadith Najafi, senza velo mentre affrontava la repressione della polizia.

Le proteste più dure e intense si stanno tenendo in effetti soprattutto nel Kurdistan iraniano, la regione da cui proveniva Amini e dove le manifestazioni si sono trasformate in una rivolta contro le discriminazioni che da tempo il regime attua contro la minoranza curda: sono contestazioni che «non riguardano solo il velo», ha detto al New York Times Hana Yazdanpana, portavoce del gruppo paramilitare Partito della Libertà del Kurdistan: «I curdi vogliono la libertà».

Con la morte di Hadith continua a salire paurosamente il bilancio delle vittime, almeno 57 per la Ong Iran Human Rights, che ha sede a Oslo. La repressione ha preso anche la forma degli arresti, oltre 700, mentre sono 1.200 le persone identificate, riporta l’agenzia semi-ufficiale Tasmin. In manette sono finiti anche i reporter, secondo il Comitato per la protezione dei giornalisti (Cpj), circa 20 sono stati fermati dall’inizio dei moti di protesta. E secondo Amnesty International, almeno quattro bambini sono rimasti uccisi nel corso della repressione da parte delle forze della sicurezza iraniana per i dissensi.

Le proteste vanno avanti oramai da più di dieci giorni e nel corso delle manifestazioni, le donne sono state assolute protagoniste, con gesti di ribellione molto forti e simbolici come togliersi il velo e bruciarlo, tagliarsi i capelli. Al grido di “morte al dittatore”, donne giovani e meno giovani, coraggiose, determinate e progressiste hanno infranto il muro del silenzio e della sottomissione, sferrando l’attacco ad Ali Khamenei, la Guida suprema dell’Iran, la principale figura politica e religiosa del Paese e rappresentante dell’ala più intransigente e conservatrice del regime.

Nei giorni scorsi il presidente ultraconservatore Ebrahim Raisi, che a New York si era rifiutato di farsi intervistare dalla famosa giornalista Christiane Amanpour della Cnn, la quale non ha voluto indossare il velo al suo cospetto, ha espressamente chiesto alle forze dell’ordine di agire “con fermezza” contro i dimostranti, aizzati a suo dire dagli occidentali.

Ebrahim Raisi, Presidente della Repubblica islamica dell’Iran

Immediatamente il ministero degli Esteri di Teheran ha convocato gli ambasciatori di Regno Unito e Norvegia per denunciare le “interferenze” da parte di questi Paesi negli affari interni della Repubblica islamica. Le autorità sperano inoltre che limitando l’accesso a Internet si riescano a controllare o prevenire le azioni dei dimostranti in rivolta contro decenni di oppressione.

Occidente invasivo, interferenze negli affari interni e così via, sono parole che ahimè, suonano familiari di questi tempi, come non volgere il pensiero alla Russia?

E come non pensare a quella sintonia di amorosi sensi tra Russia e Iran?

Vladimir Putin – Ebrahim Raisi

La Russia e l’Iran stanno completando la preparazione di un nuovo accordo strategico di cooperazione” ha detto Vladimir Putin a Samarcanda, dove ha incontrato il suo omologo iraniano Ibrahim Raisi, il 16 settembre scorso, sottolineando il rafforzamento tra i due Paesi.

Mosca chiama Teheran. Teheran chiama Mosca.

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