Il Natale di Papa Francesco

L’omelia Natalizia di Bergoglio, un monumento d’umanità dell’uomo amato e stimato, più dai laici che dai “fedeli”

Gianvito Pugliese

Papa Francesco, alla nascita Jorge Mario Bergoglio, ha convinto anche gli agnostici e, finanche gli atei, che alla sua elezione in conclave ci doveva essere qualcosa di più alto che ha influito a farlo salire sul soglio di Pietro.

Come spiegarsi diversamente che quel monumento di umanità che è il cardinale Bergoglio, inviso alla corrente maggioritaria dei “conservatori” in Vaticano, a coloro che adorano il Papa teologo puro, che ignora la quotidianità e non si accorge, o finge di non accorgersi delle cose che in Vaticano gridano vendetta al cospetto del Signore? E Bergoglio, divenuto Papa Francesco, in omaggio al poverello di Assisi che divenne Santo, a dispetto di tutto l’establishment ecclesiale, chissà come si chiamava all’epoca, del suo omonimo prende l’amore per la povertà ed i poveri, ma soprattutto il suo essere profondamente rivoluzionario, pur nel fermo ed incrollabile saldo riferimento ai principi morali della Chiesa, che non possono per lui essere disgiunti da quelli della stessa umanità.

In sintesi a San Pietro “L’uomo, il più umile, non è schiavo e ha diritto alla dignità, alla vita“.

Basta, basta: l’uomo non è schiavo del lavoro. L’uomo, il più umile, ha diritto alla dignità, alla vita. Si faccia, di questo, un programma di impegno e di azione.

Francesco sembra disperato: il cerimoniale della messa di Natale, ne esce malconcio. “Basta quei morti quegli operai che cadono dalle gru, quelle operaie uccise dalle macchine della tessitura, quei lavoratori schiacciati dalle lastre di pietra. Non esiste solo il covid esistono altre stragi, altre negazioni della vita“.

E Bergoglio si rivolge e Venera Maria, “vicina ai piccoli e agli ultimi. Al popolo, quello che vive nelle periferie e che, in un mondo che ama solo il successo, viene considerato più o meno niente” lo scrive un sensibile cronista che assiste alla funzione.

E Bergoglio “nella notte si accende una luce”, (ndr. a Betlemme) “di grande non c’è nulla: solo un povero bambino avvolto in fasce, con dei pastori attorno. Lì c’è Dio, nella piccolezza”.

 “Dio non cavalca la grandezza, ma si cala nella piccolezza. La piccolezza è la via che ha scelto per raggiungerci. Va in cerca dei pastori, degli invisibili; noi cerchiamo visibilità. Gesù nasce per servire e noi passiamo gli anni a inseguire il successo. Dio non ricerca forza e potere, domanda tenerezza e piccolezza interiore”.

“In questa notte di amore un unico timore ci assalga: ferire l’amore di Dio, ferirlo disprezzando i poveri con la nostra indifferenza. Sono i prediletti di Gesù, che ci accoglieranno un giorno in Cielo”.

Papa Francesco, a questo punto cita Emily Dickinson: “Chi non ha trovato il Cielo quaggiù lo mancherà lassù”.

Non perdiamo di vista il Cielo, prendiamoci cura di Gesù adesso, accarezzandolo nei bisognosi, perché in loro si è identificato”. I pastori “erano i più semplici e sono stati i più vicini al Signore”,

Erano i più semplici e sono stati i più vicini al Signore. Stavano lì per lavorare, perché erano poveri e la loro vita non aveva orari, ma dipendeva dal gregge. Non potevano vivere come e dove volevano, ma si regolavano in base alle esigenze delle pecore che accudivano. E Gesù nasce lì, vicino a loro, vicino ai dimenticati delle periferie. Viene dove la dignità dell’uomo è messa alla prova. Viene a nobilitare gli esclusi e si rivela anzitutto a loro: non a personaggi colti e importanti, ma a gente povera che lavorava. Dio stanotte viene a colmare di dignità la durezza del lavoro. Ci ricorda quanto è importante dare dignità all’uomo con il lavoro, ma anche dare dignità al lavoro dell’uomo, perché l’uomo è signore e non schiavo del lavoro. Nel giorno della Vita ripetiamo: basta morti sul lavoro! E impegniamoci per questo”.

Conclude: “Guardiamo e capiamo che attorno a Gesù tutto si ricompone in unità: non ci sono solo gli ultimi, i pastori, ma anche i dotti e i ricchi, i magi, a Betlemme stanno insieme i poveri e i ricchi, chi adora come i magi e chi lavora come i pastori. Tutto si ricompone quando al centro c’è Gesù: non le nostre idee su Gesù, ma Lui, il Vivente. Gli ultimi occupano il posto più vicino a Lui, pastori e magi stanno insieme in una fraternità più forte di ogni classificazione”.

Di riflessione teologica c’è assai poco, ma Bergoglio non si allontana mai e, tantomeno, rinnega le verità di fede. Ma prevale in lui l’umanità sulla sacralità ed il suo discorso (omelia, se si vuole) raggiunge il credente, come il laico, l’agnostico: chiunque con onestà intellettuale guardi ai contenuti e non alla fonte da cui proviene. Ed in qualche misura la sua elevazione ad erede di San Pietro ha del miracolo: in verità ha salvato la Chiesa, che era avviata verso una apparente irreversibile perdita di fedeli e cattolici praticanti,

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