Giovanni Falcone e Francesca Morvillo

Nel trentennale della strage di Capaci, un “pezzo” dal taglio particolare: riflettori puntati su Francesca Morvillo,

Nunzia Zampino

Magistrato brillante, compagna riservata, figura femminile ma mai sdolcinata. Ecco chi era la moglie di Falcone, anche lei morta a Capaci nel 1992 trent’anni fa, alle 17 e 56 del 23 maggio 1992, allorchè esplodeva l’autostrada che dall’Aeroporto di Punta Raisi porta a Palermo, all’altezza di Capaci.

La mafia risponde così, col sangue e con centinaia di chili di tritolo (probabilmente 500), alla Cassazione, che pochi mesi prima aveva confermato le sentenze di condanna del Maxiprocesso. Nell’attentato muore il giudice Giovanni Falcone, che quel processo l’aveva reso possibile. Con lui ci sono tre uomini della scorta: Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e Rocco Dicillo (nell’ordine nella foto di seguito). Ma accanto a lui c’è anche una donna: la moglie, Francesca Morvillo, una figura forte e decisa di cui ancora si parla troppo poco. Il primo e unico magistrato donna ucciso dalla mafia.


Il ricordo degli amici. Riservatezza e intuito sono tratti qualificanti della Morvillo, che tornano di frequente anche nei ricordi degli amici. “Francesca era splendida, riservata e geniale.
Un magistrato brillante. Aveva una voce che non dimenticherò mai, femminile, ma non sdolcinata. Parlava poco e ascoltava di più. Ma non era un atteggiamento di passività. Piuttosto, preferiva osservare attentamente”. Giuseppe Ayala, molto vicino alla coppia Falcone-Morvillo, in un’intervista del 2018 descrive la donna così.

Una coppia affiatata in una vita non facile. Nei ricordi di Ayala, discrezione e pudicizia hanno sempre contraddistinto anche il rapporto tra Falcone e la moglie. Li racconta come affiatati e complici, ma imbarazzati se li si invitava a scambiarsi un bacio in pubblico. Giovanni e Francesca si amano molto, ma erano consapevoli dei rischi che correvano. Per questo non hanno avuto figli: “Non si mettono al mondo orfani”, ripeteva Falcone.

La scelta di Francesca: era lì perché voleva esserci. Lei, che avrebbe potuto lasciare Falcone già tre anni prima, nel 1989, quando le forze dell’ordine sventano un primo tentativo di attentato ai danni del giudice, nella residenza estiva della coppia all’Addaura. In quella circostanza il marito le propone una separazione ufficiale, per metterla al sicuro. Ma Francesca rifiuta.

Lei, che nel 1991, quando da Palermo Falcone viene trasferito a Roma, al ministero di Grazia e Giustizia, con l’incarico di direttore generale degli affari penali, chiede un trasferimento negli uffici giudiziari della capitale “per mantenere l’unità del nucleo familiare”, come si legge in alcuni documenti raccolti dal Consiglio superiore della magistratura. Sempre lei, che non muore sul colpo quando l’auto viene scagliata in aria, ma diverse ore dopo, in un letto d’ospedale, non prima di aver posto ai medici una domanda rimasta celebre: “Dov’è Giovanni?”.

La carriera in magistratura di Francesca. Aveva 25 anni quando entra in magistratura, nel 1970, seguendo le orme del padre, e si distingue da subito per straordinarie capacità lavorative. Di lei si legge, nei vari rapporti e pareri informativi del Csm che la riguardano, che è un magistrato “competente, pronto e sagace d’intuito”. E poi ancora che ha “ingegno vivido, qualificata preparazione giuridica, grande equilibrio, scrupolosa e puntuale attività, encomiabile operosità e diligenza, pregevolezza nelle motivazioni, gentilezza di modi, innata riservatezza”. La sua carriera prende il volo molto prima di conoscere Falcone, nel 1979, a casa di amici.

I due si sposeranno nel 1986, con una cerimonia civile officiata da Leoluca Orlando, dopo i rispettivi divorzi dai partner precedenti.

“L’auto di Falcone esplose davanti a noi, saltammo in aria”: l’agente della scorta sopravvissuto racconta a TPI la strage di Capaci.
La separazione post mortem. Dopo l’attentato, Giovanni e Francesca vengono sepolti nel cimitero di Sant’Orsola a Palermo, uno accanto all’altra. Ma nel 2015 Maria Falcone, sorella del giudice, accetta l’offerta, avanzata dai frati domenicani, di trasferire la salma del fratello nel Pantheon di San Domenico, sempre a Palermo. Una scelta dolorosa compiuta “per non far dimenticare le stragi del 1992”, dichiarerà alla stampa. Falcone e Morvillo così, dopo la morte, vengono separati. Una decisione non digerita dalla famiglia di lei: i resti della donna rimangono per mesi nella tomba dei Falcone a Sant’Orsola, per poi trovare nuova dimora al cimitero dei Rotoli, dall’ altra parte del capoluogo siciliano.

Al di là delle scelte che possono aver compiuto i parenti dei due magistrati, quello tra Giovanni e Francesca è un legame indissolubile. Lo testimonia un biglietto ritrovato a distanza di anni tra le pagine di un libro che Morvillo aveva regalato al marito: “Giovanni, amore mio, sei la cosa più bella della mia vita. Sarai sempre dentro di me così come io spero di rimanere viva nel tuo cuore. Francesca”.

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