La storia di Ciciniello, devoto della Madonna
Lo scugnizzo in odore di santità del rione Sanità di Napoli
Rocco Michele Renna
Uno scugnizzo napoletano, come tanti ce ne erano a Napoli; bambini poverissimi che, spesso, non avevano nulla: né casa, né famiglia, né genitori. Vivevano di elemosina o, al peggio, di piccoli espedienti. Dormivano dove capitava e, in rari casi, la Chiesa di occupava di loro. Non dimentichiamo che gli scugnizzi napoletani ebbero un gran peso nella rivolta di Napoli contro i Tedeschi, ma questa non è la storia di Ciciniello.
Ciciniello era uno scugnizzo napoletano nel periodo post bellico della II guerra mondiale, molto piccolo di statura che viveva nel rione Sanità e, durante il giorno, sostava davanti all’ospedale San Gennaro dei poveri. Chiedeva un po’ di elemosina, facendo umili servizi: aiutava a portare la spesa, aiutava le persone anziane ad attraversare la strada. Tutti lo conoscevano e gli volevano bene, anche perché era devoto della Madonna.
Quando aveva fatto il suo dovere con umili servizi e riceveva una monetina, ringraziava con la frase “A Maronna t’accumpagna!” (la Madonna ti sia vicina per la via).
Ciciniello quando voleva riposare si metteva vicino alla Chiesa di San Gennaro dei poveri, suo quartiere generale, e pregava il santo Rosario. Non aveva parenti, i genitori erano morti sotto i bombardamenti e l’unico fratello era andato in America a fare fortuna.
A modo suo era felice e ringraziava il Signore che gli dava sostentamento e tanta gioia nel cuore. D’ inverno il parroco della chiesa di san Gennaro lo invitava a dormire in un letto e gli offriva un piatto caldo. Ciciniello ringraziava e rispondeva: “a’ Maronna me deve fa’ a’ grazià e’ fatte campà centò annì” (La Madonna mi deve fare la grazia di farti vivere per altri cento anni).
Nel suo paradiso virtuale, anche Ciciniello s’imbattè nel serpente, ma, invece di farlo scacciare, venne accolto nelle braccia della Madonna.
Un giorno Ciciniello si ammalò e fu ricoverato all’ospedale San Gennaro dei poveri. Una brutta bronchite si era trasformata in polmonite. Non c’era nessun napoletano del rione sanità che trovandosi in ospedale non l’andasse a trovare.
Orgoglioso diceva agli infermieri: “Sono tutti amici mie ca’ me song fatto in chisti anni” (Sono tutti amici miei che mi sono fatto in questi anni) …
Un giorno, Ciciniello era più grave del solito, chiese al dottore di mandare un infermiere a leggere la passione di Gesù. Il medico rimaste stupito della richiesta e per non contraddirlo rispose di sì. Quando si avvicinava l’ora santa della morte di Gesù una signora fu vista sedersi al suo capezzale con il Vangelo in mano e con voce molto affabile si mise a leggere il passo di san Giovanni. L’infermiera notò questa presenza e rimase stupita dal fatto che non era ancora l’orario della visita ai pazienti.
Dopo qualche ora Ciciniello era in fin di vita e i medici dissero che non c’era più nulla da fare. L’infermiera che lo aveva preso in cura gli prese la mano per confortarlo e Ciciniello con un sorriso, guardando la sedia accanto al lettino disse: “chesta vota e a’ Madonna ca’ me accompagna, è ca’ e nun me ha lassato sul nu’ minuto” (questa volta è la Madonna che mi accompagna e non mi ha lasciato solo un minuto).
Morì con il sorriso sulle labbra e l’infermiere sentì un forte profumo di rose. Ancora oggi dopo tanti anni, a Napoli nel rione Sanità, si dice: “aia’ fa’ a’ fine e’ Ciciniello” (devo fare la morte di Ciciniello). Per indicare una morte santa.
Fonte: Padre Pasquale Ferrara, parroco della parrocchia di Polvica di Nola (Napoli).
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