La Verdeca di Gravina in Puglia e “Il Verdeca”

La differenza fra un vino ottenuto da un cultivar e un altro vino ottenuto da una miscela di uve, di una antichissima ricetta e consumato non ancora del tutto maturo, all’apparenza simili.

Rocco Michele Renna

Il verdeca: colore bacca bianca; regione: Basilicata, Campania, Puglia

“Il vitigno Verdeca”, deve il suo nome al colore verdolino delle bacche, viene ritenuto autoctono della Puglia, in particolare delle zone della Valle d’Itria, nella zona di Gravina e nelle zone del tarantino e del barese.

È il vitigno a bacca bianca più diffuso nell’intera regione. Come moltissimi vitigni del sud, anche il Verdeca molto probabilmente ha la sua origine nella vicina Grecia. Alcuni pensano vi siano affinità, e non solo nel nome, con il vitigno portoghese Alvarinho, coltivato nella zona del Vinho Verde.

Con questo vitigno non si ottiene solo Il vino “Verdeca”, si ottengono molti vini sopraffini pugliesi come il “Gravina DOC”. Nel passato il Verdeca veniva usato soprattutto come base per vini dolci o per vermouth, da vendere alle grandi cantine.

Negli ultimi anni, grazie anche alla lungimiranza di alcuni viticoltori locali, si è registrato un notevole aumento di interesse per il vitigno Verdeca, che vinificato in purezza seguendo rigorose pratiche di cantina, permette di ottenere risultati molto promettenti.

Il Verdeca è un vino DOC la cui produzione è consentita nella provincia di Bari. In special modo nella città di Gravina in Puglia.

“La Verdeca” (Verdoiche in dialetto gravinese), invece, è un’altra cosa che solo a Gravina si fa e si può fare…

Cenni storici: In un manoscritto del 1871 oggi custodito nel museo della Fondazione Pomarici Santomasi a Gravina in Puglia, si magnificavano le qualità di un vino spumante che avrebbe potuto far concorrenza ai vini di Francia. Questo vino era chiamato Verdeca di Gravina, non per l’utilizzo dell’omonimo vitigno, bensì per i suoi marcati riflessi verdognoli.

Era un vino famoso in tutto il circondario. Veniva spumantizzato in maniera quasi inconsapevole mediante la rifermentazione in contenitori sigillati delle varietà locali, Greco, Malvasia e Bianco di Alessano, che in virtù delle basse temperature delle cantine ipogee scavate nel tufo, manteneva un buon residuo zuccherino risultando mosso e delicatamente piacevole al palato…

Quindi, tutti i gravinesi sanno che, per fare una buona verdeca, è necessario: l’uva malvasia, il greco, il bianco di Alesano e un po’ di moscato. Si pigia l’uva piano piano con le mani e il mosto che cola (la lacrima) si fa passare da un setaccio e si lascia posare in un tino per una notte e due giorni.

Poi si filtra ancora per due volte, attraverso una stoffa di cotone resistente a trama fitta e si mette in damigiane, dove si fa fermentare tenendo cura di lasciare le damigiane sempre piene e aperte. A fermentazione ultimata (S. Martino) si tappa e si lascia fino a Natale, anche se prima di tale data bisogna travasarla nel periodo della luna calante.

Quando la luna di marzo è nell’ultimo quarto la Verdeca è diventata già dolce e frizzante e potrebbe anche essere imbottigliata, per farne dello spumante.

Nel periodo della fiera di San Giorgio, a fine aprile, a Gravina si può assaggiare o comprare la “famosa verdeca di Gravina”, da non confondere con l’ottimo vino bianco “Il Verdeca”, altrettanto buono, ma meno famoso. Quando venite alla Fiera di Gravina, scegliete chi deve guidare per il ritorno (l’etilometro non perdona) e buon brindisi a tutti accompagnato da un buon pallone stagionato e piccante

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