Incendio al Tribunale di Milano: fatalità o dolo?

L’altra mattina è stato scoperto un incendio alla Cancelleria centrale al 7 piano del palazzo di giustizia di Milano. Cortocircuito o incendio doloso: analizziamo i fatti.

Nel tribunale di Milano tre giorni or sono è andata a fuoco nella notte “il cuore pulsante dell’attività penale”, secondo la definizione datale dal presidente dell’ordine degli avvocati, Vinicio Nardo Si tratta della cancelleria del settimo piano e la cancelleria dei giudici per le indagini preliminari. E’ un fatto che accresce l’angoscia, in un luogo dove il coronavirus ha colpito già sette magistrati e oltre una decina di altri lavoratori, scoperti positivi.

Gli inquirenti dichiarano che l’origine è probabilmente un banale cortocircuito seguito ad un calo della tensione che intorno alle 22,30 ha bloccato per pochissimo tempo il funzionamento delle telecamere di sorveglianza. Non è la prima volta infatti che per sovraccarico il sistema informatico del tribunale va in tilt.

la cancelleria del 7 piano distrutta

La ronda del servizio di sorveglianza era appena passata, proprio intorno alle 22,30, quando si è verificato il black out “per una manciata di secondi” ed il successivo cortocircuito. Sta di fatto che il sorvegliante preposto al controllo delle circa 200 telecamere preposte alla tutela degli uffici giudiziari di Milano, non si è accorto di nulla.

Le fiamme si sono propagate in lentamente già da prima delle 23 di sera e le guardie se ne sono accorte molto più tardi, intorno alle 5 passate. Dopo un vano tentativo di domarle, hanno chiesto l’intervento dei vigili del fuoco.

“Propendiamo per un fatto accidentale, dovuto agli impianti elettrici vecchi e sovraccarichi – ha affermato il pm Alberto Nobili a cui spetta l’onere delle indagini – al momento nulla fa pensare a un gesto doloso”. 

Non amo “il complottismo”, cioè la tendenza a vedere dappertutto il reato, il dolo, la malafede. Le dichiarazioni degli inquirenti non dicono molto. Se dubbi da parte loro ci sono non è infatti il caso di mettere in guardia gli eventuali autori del crimine, sempre che esistano. Nulla da rimproverare, ergo, agli inquirenti. Tutt’altro: il criminale che si sente al sicuro spesso commette errori.

Resta il fatto che troppe sono le circostanze e le combinazioni casuali. Passa la ronda e, meno di un quarto d’ora dopo, si bloccano le telecamere di sorveglianza ed un cortocircuito fa scoppiare l’incendio che viene scoperto più di sei ore dopo?

Va aggiunto che, ove si sia trattato di corto circuito ci si deve interrogare sulle condizioni strutturali in cui versa la giustizia a Milano, storicamente poco gradita alla classe politica ed alla criminalità organizzata.

Il dubbio mi sembra legittimo, ma non voglio influenzare nessuno, per cui chiedo ai lettori di esprimere liberamente la propria opinione. Grazie.