Il caffè con il lettore

Si preparano giorni di fuoco in parlamento, anche se il destino della manovra, generosa con i ricchi, avara con i poveri, sembra ormai segnato

Gianvito Pugliese

Oggi sono tenuto, da barese, ad offrire almeno un caffè “corretto” (con un goccio di grappa, di anice o di amaro, come preferite). Ieri il nostro grande San Nicola, oggi a Milano il patrono Sant’Ambrogio, ma a Bari si festeggia San Sabino, il santo patrono n.2. Povero San Sabino, un tempo venerato dai baresi ed ora relegato in soffitta, da quando arrivarono a Bari i marinai che avevano “sottratto” (bell’eufemismo, no?) a Mira le reliquie di San Nicola, o buona parte delle stesse, “mettendole in salvo dai Saraceni” (altro eufemismo machiavellico). Buona parte, perché le reliquie dell’arto inferiore di una gamba del Santo sono a Venezia, nella Chiesa di San Nicola, accanto alla Basilica di San Marco, portate dai marinai veneziani, che con i baresi avevano organizzato e realizzato la predazione a Mira, salvo poi arrivare alle vie di fatto tra loro all’atto della spartizione “del bottino”.

Vorrei provare oggi, magari con l’aiutino da casa di San Nicola e San Sabino, ad articolare con Voi, gentili lettrici e cari lettori un ragionamento che nasce da alcune considerazioni scaturite dalla lettura di un editoriale di ieri di Piero Sansonetti, direttore del Riformista, giornalista di indubbie qualità e capacità. Almeno questo il mio giudizio sul Collega.

Riassumiamolo per le nostre per le nostre lettrici/ori: Sansonetti nell’editoriale “Perché Bankitalia ha bocciato la manovra: e con la Meloni resta solo Calenda…” in brevissima, e finanche brutale sintesi, dopo aver sottolineato che la prima manovra del Governo Meloni aveva quattro elementi caratterizzanti, che lui definisce “punti forti” -“flat tax per gli autonomi, riduzione dell’obbligo del bancomat, innalzamento del tetto per l’uso dei contanti, riduzione del reddito di cittadinanza (e in prospettiva abolizione)“- osserva che ” Bankitalia ha fatto quattro obiezioni alla manovra: non va la flat tax, non va la riduzione del bancomat, non va l’innalzamento del contante, non va la riduzione del reddito di cittadinanza”. Ovvero boccia irrimediabilmente quella manovra, con motivazioni durissime che potete leggerle nell’articolo originale.

Ma non è la sola bocciatura: a Bankitalia si sommano la Corte dei Conti, la Confindustria ed i Sindacati.

Una rara unanimità nel bocciare una manovra ma, continua Sansonetti: “I giornali di destra sostengono che questa unanimità di no è la prova che la manovra è buona. Non ho capito bene perché”.

Sansonetti chiude con una doppia battuta all’uso suo, lo dico con sincero compiacimento, ne apprezzo sempre la gradevolezza e la signorilità. La prima “… se tutti bocciano vuol dire che è una manovra coraggiosa in grado di scontentare tutti e dunque di difendere l’interesse nazionale. Il ragionamento non è certamente ispirato alla logica aristotelica. Forse invece è ispirato a una vecchia massima italiana degli anni trenta: “molti nemici molto onore”. Per i più giovani, un motto “celebre” nel ventennio del dittatore Benito Mussolini; la seconda: P.S. Alla presidente del Consiglio resta una consolazione: il sì di Carlo Calenda

Il ragionamento di Sansonetti è lineare, quanto convincente, e le pezze a colore messe oggi con interpretazioni forzate di non bocciatura della manovra da parte dei quattro -Bankitalia, Corte dei Conti, Confindustria e Sindacati- per il governo Meloni novelli cavalieri dell’apocalisse, non sposta l’asse della discussione e della valutazione di un solo millimetro.

Ma l’uniformità con cui si esprimono tutti i principali giornali di destra, a cui fanno pendant la maggior parte delle considerazioni dei conduttori delle trasmissioni di Mediaset, che in verità seguo poco o nulla, mi hanno per un attimo fatto immaginare che stessero per intervenire sulla medesima lunghezza d’onda anche Dimity Peskov e Maria Zakarova, portavoci rispettivamente di Putin e Lavrov.

Siamo chiari, non perché ritengo che –nonostante l’amore viscerale tra il dittatore Putin ed il duo Berlusconi-Salvini– l’Orso Vladimiro sia diventato un tifoso di Giorgia Meloni, non mi pare proprio, ma perché in certi appiattimenti giornalistici alla spasmodica ricerca di trasmettere al popolo, “trattato come un bue con l’anello al naso”, un messaggio da pensiero unico, comincio seriamente a dubitare della tenuta democratica del Paese. Passando al resto, infatti, provvedimenti ipotizzati sui Rav per stroncare la protesta, non altro, gli attacchi e le accuse squallide alle Ong che salvano vite umane, una vergogna, la separazione delle carriere dei magistrati, da sempre primo passo per demolire l’autonomia dei PM e farli dipendere dal governo, attraverso il Guardasigilli, e Nordio non è credibile quando lo esclude, nel mondo è sempre accaduto il contrario, ci danno il segno di una deriva per nulla autorevole, ma decisamente autoritaria.

Intendiamoci, non temo il passo d’oca ai Fori imperiali, ma l’arretramento della cultura del Paese di quasi un secolo, quello si, lo temo fortemente, così come temo che l’Italia, giunta con Draghi al vertice della considerazione europea, ora si qualifichi quart’ultima con Grecia, Malta e Cipro.

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