Calenda: sulla corsa al Colle

“I partiti hanno solo due strade davanti per il Quirinale: o supportano questa disponibilità del presidente del Consiglio (ndr. al Colle) o, se ritengono che debba restare premier, devono impegnarsi per indicare una candidatura seria alternativa”

Gianvito Pugliese

Per Natale, anche scrivendo di politica, si possono scegliere temi più leggeri e personaggi meno divisivi.

Intendiamoci, Carlo Calenda (in foto con Renzi: lista unita al Comune di Roma), o se preferite il leader di azione, non è uno che non le manda a dire e per questo non è che sia particolarmente amato, soprattutto dai segretari degli altri partiti o movimenti. A Michetti, che lo tirava per la giacchetta sul ballottaggio con Gualtieri per lo scanno di primo cittadino dell’Urbe, rispose, senza se e senza ma, che lui avrebbe appoggiati Gualtieri, dal momento che, da quando sceso in politica, era stato sempre col centrosinistra e non intendeva fare il “volta gabbana”.

Peraltro, non fa mistero della sua avversione ai pentastellati. Ragione per cui si mantiene a distanza dal “campo largo” che Letta propugna per il centrosinistra, al quale comunque Calenda si rifà.

Dopo il discorso di Draghi che si concluse con “sono un nonno, al servizio delle Istituzioni” per Calenda: “Da oggi cambia tutto, è arrivato il momento per i partiti di dire cosa vogliono fare. Qualcuno ha visto una reazione alle parole di Draghi di uno dei leader del centrosinistra? Letta, Conte e gli altri hanno paura di metterci la faccia e tengono le carte coperte. Ma ormai non si può più temporeggiare: la patria reclama che Draghi resti premier, per questa e anche per la prossima legislatura, a parer mio” ,

Prosegue il discorso: “E i partiti ora hanno solo due strade davanti: o supportano questa disponibilità di Draghi, però assumendosi un rischio notevole nelle prime votazioni a maggioranza larga oppure se ritengono che Draghi debba restare a palazzo Chigi, i partiti devono impegnarsi per indicare una candidatura seria alternativa. Io ho proposto Cartabia, costituzionalista equilibrata, capace di maneggiare una materia delicata come la giustizia.

C’è lo scoglio di Berlusconi: Salvini e Meloni sono due tipi pragmatici, dovrebbero spiegargli che la sua candidatura è improponibile. Dunque, invece di perdere tempo, si dovrebbe trovare un accordo su una figura come Cartabia per il Colle e poi andare da Draghi e chiedergli di restare al governo: con un patto blindato sulle riforme, che non metta a rischio la legislatura. Se succedesse, si andrebbe a elezioni nel 2023 e dopo tornerebbe al governo Draghi.

Qui si deve capire che il problema dell’Italia non è garantire, ma fare. Draghi a palazzo Chigi, anche per la prossima legislatura, può voler dire un Paese che ritrovi un baricentro riformista, facendo evolvere il sistema politico. Questa la grande scommessa per il Paese. Draghi ha una preoccupazione, anche condivisibile: questo Paese deve trovare le sue risorse per avviare un percorso politico diverso. Piccolo dettaglio: la patria reclama che lui governi per una o due legislature, per far capire a tutti che la politica è fare e non solo litigare”

Difficile dargli torto, Discorso equilibrato, anche se nella candidatura Cartabia, glissa sulla brutta scivolata della Guardasigilli sul decreto legislativo sulla presunzione d’innocenza. E’ insorta ed a ragione tutta la stampa, a cominciare dagli ordini professionali. Ha scelto un brutto momento per varare un provvedimento squilibrato, che ignora palesemente diritti costituzionalmente tutelati. Brutta gaffe per una ex Presidente della Corte Costituzionale. Accade, non siamo perfetti.

Dove si colloca Azione nello scacchiere politico nazionale è palese, ma, a mio modesto parere, Calenda ha necessità di stringere alleanze chiare e durevoli.

In mancanza, dice bene e razzola male quando afferma concludendo: “la politica è fare e non solo litigare”, e neanche storcere il naso su vecchie ruggini fino a paralizzare le decisioni concrete.

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