Il ragù napoletano…poesia!

Dai Borboni ad Eduardo, passando per De Crescenzo, per non parlare della spiegazione di Sofia Loren in Sabato, Domenica e Lunedi.

Nonna Camilla Maria Catalano Fiore

Per parlare del Ragu’napoletano ci vogliono rinforzi, dopo le mitiche descrizioni fatte da Eduardo De Filippo e Luciano De Crescenzo, nonchè una dichiarazione d’amore ascoltata in tv e concepita da Antonino Cannavacciuolo, Chef napoletano che….quando parla di cucina con la sua faccia paciosa e seria ti fa sentire già in bocca la pietanza, anche se è solo un vermicello al burro.

A Napoli anche il ragù è legato ad una leggenda. Subito dopo la crisi e peste, del 1300 fu costituita la Compagnia dei Bianchi di giustizia, penitenti che percorrevano la città a piedi invocando misericordia e pace. La Compagnia convinse la popolazione a riappacificarsi con i propri nemici e si recò da un nobile malvagio, malvisto da tutti, che risiedeva nel Palazzo dell’Imperatore in Via dei Tribunali, il quale decise di non accettare l’invito dei Bianchi. Non cedette neanche quando il figlio di tre mesi sfilò le manine dalle fasce e incrociandole gridò tre volte Misericordia e Pace. Un giorno sua moglie gli preparò un piatto di maccheroni. Avvenne un fatto prodigioso: la Provvidenza riempì il piatto di sangue. Spaventato dal Prodigio, si riappacificò con i suoi nemici e vestì il bianco saio della Compagnia. Il giorno seguente la moglie preparò i maccheroni che diventarono rossi. Il Signore decise così di chiamare questo piatto come suo figlio “Raù”. Ma la storia del ragù napoletano è molto diversa dalla leggenda. Il daube de boeuf, uno stufato di carne di bue mescolato a verdure, era un piatto francese medievale, antenato del ragout, che però prevedeva carne di montone. Nel XVIII secolo questa pietanza, dalla Francia, insieme alla moda, usi e costumi, fa il suo ingresso a Napoli. Sono gli anni del regno di Ferdinando IV di Borbone e Carolina d’Asburgo Lorena, sua moglie e sorella di Maria Antonietta di Francia, a introdurlo nelle cucine napoletane. La Regina Carolina fa scoprire ai napoletani un piatto prelibato e sostanzioso a base di carne di manzo o vitello e cucinato in bianco. Una versione decisamente più leggera rispetto alla ricetta che conosciamo oggi. Solo nell’opera di Carlo del Bono “Usi e Costumi di Napoli” del 1857 si parla dell’uso del pomodoro nel ragù, descrivendo la distribuzione dei maccheroni da parte dei tavernai: Talvolta poi, dopo il formaggio si tingono di color purpureo o paonazzo, quando cioè il tavernaio del sugo di pomodoro del ragù copre, quasi rugiada di fiori, la polvere del formaggio.

Ecco un vero ragù napoletano rosso e denso.

Il ragù napoletano diventa una filosofia culinaria: deve cuocere quasi due giorni, il colore del sugo deve diventare rosso intenso, quasi scuro, e mentre cuoce deve pippiare (ribollire, fare le bolle). Eduardo De Filippo gli ha dedicato la poesia “O Raù” nel 1947. Oltre alle opere citate, nel film Incantesimo Napoletano di Luca Miniero e Paolo Genovese del 2002 è protagonista incontrastata nella controversia di un gruppo numeroso di zii “la cucchiarella di legno sennò s’attacca”, mentre commentano ciò che succede, come vecchie comari.

Zitoni con il ragù

A Napoli ci sono tanti modi pittoreschi per intendere il ragù. Una simpatica è “da portiera” perchè, data la lunghezza del tempo di cottura (minimo 6 ore) e la necessità di una continua assistenza, soltanto una portiera, che non abbandona mai il suo luogo di lavoro, può permettersi di seguire costantemente la cottura della rinomata salsa.

Ricetta napoletana. Ingredienti per 6-8 persone: 700 gr. di pelati di pomodoro. 500 gr. di Biancostato di Marzo. 300 gr. di Salsiccia. 300 gr. di costine di maiale. 1 cipolla bianca, 3 cucchiai di olio d’oliva. 1/2 bicchiere di vino rosso. 1 Cucchiaio di Jus di carne. 1 spicchio d’aglio. Basilico fresco. Foglie di alloro. Origano, pepe nero e sale q.b. E poi se veramente siete napoletani non possono mancare questi :

Gli Zitoni interi o Candele Spezzate. La particolarità di questo formato di pasta a grano duro è l’irregolarità nello spezzarla con le mani, pezzi più lunghi, più corti, pezzettini che raccolgono meglio il sugo. Ogni maccherone portato in bocca assume un sapore diverso

Preparazione, se l’avete usate una pentola di terracotta o di ferro zincato, non le pentole inox moderne. Fate scaldare a fiamma bassa l’olio di oliva, ponetevi poi la cipolla e l’aglio sbucciati e tritati. Intanto sgrassate e tagliate a pezzi medi il Biancostato di manzo. Quando il trito e dorato, aggiungete la carne, la salsiccia, le costine e i pezzi di manzo. Fate cuocere per circa 5 minuti su tutti i lati e poi unite e sfumate con il vino rosso. Una volta evaporato il vino, unite il jus di carne diluito in poca acqua calda e i pelati di pomodori fatti a pezzetti, condite con sale, origano, basilico fresco, foglie di alloro e pepe nero. Fate cuocere tutto a fiamma bassissima per minimo 3 ore. Se necessario, durante la cottura allungate con un po’ di acqua calda. Quando il ragù napoletano è pronto, spezzate la pasta, lessatela in abbondante acqua salata.

ottima!

Scolate quindi la pasta e conditela con il sugo.La carne verrà servita come seconda portata. Inutile dire che la scarpetta è obbligatoria!

E se poi, per caso, dovessero avanzare un po’ di maccheroni, anzi, ne avete cucinati in più apposta, a Napoli, il giorno dopo, è d’uso fare il pasticcio di maccheroni, non è pasta al forno, no, nel tegame di creta dove avete cotto il sugo, togliete eventuali eccedenze, e versate la pasta con mozzarella e formaggio pecorino, rigirate e lasciate andare un po, consolidare. Quella pasta è ancor meglio del giorno prima !

Tanti altri ragù buoni abbiamo nella Cucina Italiana. Ne parleremo, se vorrete: Ragù alla Bolognese, Ragù Toscano, Ragù di pecora in Sardegna e Lucania, Genovese in Liguria ecc….. Comunque fateci un pensierino, domani è sabato, prendete gli ingredienti e provateci. Buon appetito dalla vostra nonna Camilla e da Maria che cerca aneddoti storici.

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