L’Europa s’è desta (e anche l’America)

Dopo aver sottovalutato i nostri avvertimenti e aver ritenuto eccessive le nostre misure, l’Europa inizia ad assumere provvedimenti simili

Vito Longo

Una settimana fa l’Europa guardava l’Italia come un Paese da isolare, da tenere lontano; i nostri dibattiti sembravano lunari agli occhi degli osservatori esterni. Chi di noi non ricorda la corsa ai treni di domenica 8 Marzo o la calca ai supermercati di lunedì, terrorizzati all’idea di doverci rinchiudere in casa?

Sembravamo gli unici spaventati da tale situazione e quindi, come tali, pronti a prendere precauzioni serie.

Francia, Germania, Spagna e gli altri paesi, pur essendo interessate dai contagi, seppur in maniera minore rispetto al nostro Paese, non hanno subito compreso che la nostra battaglia era anche la loro e che noi saremmo stati gli apripista, non il terminale ultimo del diffondersi del contagio da Covid-19.

Addirittura, nella settimana nella quale noi adottavamo queste misure stringenti, in Inghilterra si giocava tranquillamente Liverpool-Atletico Madrid, con la capitale spagnola che è tra le città dove fin da subito si è registrato un numero molto alto di contagi, con 70.000 tifosi.
Non distante da lì, alle ore 23.00, una folla di parigini festeggiava il passaggio ai quarti di finale di Champions League noncurante degli inviti ad evitare gli assembramenti.

Poco fa, di fronte alla nazione, il presidente francese Macron ha annunciato che, a partire dalle ore 12.00 di domani (Martedì 17 Marzo 2020, n.d.r.) la Francia adotterà misure analoghe a quelle dell’Italia.

La Spagna è, con 9.000 contagi, il quarto paese al mondo per numero di contagiati e anche la moglie del presidente Sanchez è risultata positiva al tampone.

Angela Merkel, annuncio che il 70% dei tedeschi avrebbe potuto contrarre il virus a parte, non ha ancora adottato misure specifiche per contrastare il contagio da Covid-19.

La prima misura presa da tutti i paesi europei è stata la sospensione del trattato di Schengen, inibendo il trasporto passeggeri, ma mantenendo attivo quello delle merci. L’indicazione è arrivata anche su spinta della Presidente Ursula von der Leyen visto che, mantenendo questa garanzia, sarà comunque sempre consentito far pervenire il materiale sanitario necessario ad affrontare questa pandemia a qualunque paese ne avesse bisogno.

Molto lodevole è stato anche l’impegno, assunto fin da subito dalle principali istituzioni finanziarie europee, a concedere la massima flessibilità a tutti i paesi, consentendo di destinare risorse economiche ingenti nella salvaguardia delle imprese, dei lavoratori e delle famiglie. Mossa resasi anche necessaria dopo le parole sferzanti di Christine Lagarde che rischiavano di minare irrimediabilmente la fiducia nelle istituzioni europee.

Sulla situazione in Inghilterra ci concentreremo in seguito con un articolo apposito.

Interessante è anche la situazione oltreoceano.

Dapprima Trump ha approcciato il problema con la sua solita spocchia, salvo poi, resosi conto della potenziale gravità che un contagio diffuso avrebbe avuto, scendere a più miti consigli.
Ad ora il presidente non ha ancora deciso per misure estreme e si è limitato, se tale verbo è adeguato data l’unità di grandezza, ad iniettare svariati miliardi di dollari nelle casse americane grazie all’intervento della Federal Reserve, ossia la banca centrale americana.

La mossa, tuttavia, non sembra avere sortito alcun effetto né sulle borse europee, né, tantomeno, su quelle americane: oggi Dow Jones è precipitata a -12.94%, risultato peggiore dal 1987.

La situazione è molto seria e richiede lo sforzo importante e solidale di tutti, perché questo virus ha dimostrato di essere estremamente democratico: colpisce chiunque, al di là del censo, della provenienza, del colore della pelle o di altro. Sta a noi rispondere con unità e forza. Sarà una battaglia lunga, ma che possiamo vincere se ciascuno di noi farà la sua parte per limitare il contagio restando a casa.