Zelenskiy chiede per il 16 febbraio il “giorno dell’unità”, Putin apre ai negoziati

Il 16 febbraio è la data che molti indicano come ‘inizio dell’invasione russa

Gianvito Pugliese

Ormai è diventata un’abitudine scrivendo delle tensioni esplosive tra Russia ed Ucraina. A prescindere dall’assenza di punti fermi e certi, si procede per supposizioni, deduzioni e talune indiscrezioni, ad un fatto positivo fa, contemporaneamente od a breve lasso di tempo, da contrappeso una negativo. Che poi con la ridda di fatti, più intuiti e riferiti, che avvenuti e verificati, si finisce per non riuscire neanche più a definire e distinguere con certezza il positivo dal negativo.

Non sembra essere un gran bel segnale di distensione il fatto che il presidente ucraino Volodymyr Zelenskiy abbia rivolto l’invito agli ucraini a sventolare bandiere e cantare l’inno nazionale all’unisono domani 16 febbraio, una data che alcuni media occidentali ritengono possa coincidere con l’invasione per mano russa.

Funzionari del governo ucraino hanno sottolineato che Zelenskiy non prevedeva un attacco mercoledì, ma rispondeva con scetticismo ai resoconti dei media stranieri.

Zelenskiy in un video discorso alla nazione: “Ci dicono che il 16 febbraio sarà il giorno dell’attacco. Lo renderemo un giorno di unità. Stanno cercando di spaventarci fissando ancora una volta una data per l’inizio dell’azione militare. Quel giorno, appenderemo le nostre bandiere nazionali, indosseremo striscioni gialli e blu e mostreremo al mondo intero la nostra unità”.

Mykhailo Podolyak, consigliere del capo dello staff di Zelenskiy; “È abbastanza comprensibile il motivo per cui gli ucraini oggi sono scettici sulle varie ‘date specifiche’ del cosiddetto ‘inizio dell’invasione’ annunciate dai media. Quando l’inizio dell’invasione diventa una sorta di data del tour a rotazione, tali annunci mediatici possono essere presi solo con ironia”.

Zelenskiy ha emesso un decreto con cui invita tutti i villaggi e le città dell’Ucraina a sventolare le bandiere del Paese e cantare l’inno nazionale alle 10 di domani mattina (ora locale, alle 9 in Italia).

Antony Blinken, segretario di Stato Usa, ha reso noto che Washington, che ha già richiamato in patria la maggior parte dei suoi diplomatici, sta trasferendo la sua residua missione diplomatica in Ucraina da Kiev a Lviv (Leopoli), molto più lontano dal confine russo.

Ed andiamo al relativamente positivo. Pare che la decisione americana in merito al trasloco dell’ambasciata abbia impensierito Vladimir Putin, che forse l’ha letta come uno sgombrare il terreno della “prima invasione” da ostacoli che impediscano agli alleati Nato di colpire duramente gli invasori.

Solo la goccia classica nel vaso, perché le sanzioni minacciate da Biden e rafforzate nell’ultima riunione del G7 (Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti), la minaccia di blocco del gasdotto russo Nord Stream 2 che collega Mosca a Berlino. Hanno convinto Putin non solo a dichiararsi disponibile a nuovi colloqui e trattative, a condizione “che le sue richieste di sicurezza non vengano ignorate”, ritornello ormai noto anche ai bambini dell’asilo, ma a cominciare a far rientrare alle rispettive basi, alcune delle numerose truppe fatte confluire al confine con l’ucraina per “presunte esercitazioni”.

La versione ufficiale russa la da il generale maggiore Igor Konashenkov, portavoce della Difesa russa: “Unità dei distretti militari meridionali e occidentali, che hanno completato i loro compiti, hanno già iniziato a caricare i mezzi di trasporto ferroviari e terrestri e oggi inizieranno a rientrare alle proprie basi. Mentre le misure di addestramento al combattimento si avvicinano alla conclusione, le truppe, come sempre avviene, effettueranno marce combinate alle proprie basi permanenti”. 

Putin ha avviato la de escalation. E, dunque, è da presumere che i negoziati possano andare avanti seriamente e celermente. Probabile una base di trattativa sia quella delle recenti trattative russo-ucraine, mai interrotte.

Qualche peso nella decisione di Putin deve aver assunto anche l’odierno colloquio con Olaf Scholz, che secondo la ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock ha chiesto alla Russia di “ritirare le proprie truppe” schierate ai confini dell’Ucraina: “La situazione è particolarmente pericolosa e può degenerare in qualsiasi momento e noi dobbiamo utilizzare tutte le opportunità di dialogo per ottenere una soluzione pacifica. La responsabilità di una de-escalation è chiaramente dal lato della Russia, e spetta a Mosca ritirare le proprie truppe“. 

O forse più semplicemente è arrivato il momento per Putin, dopo aver avuto visibilità internazionale senza eguali di sedersi a tavolino e negoziare seriamente. Cioè non pretendendo di avere senza dare. Spero che non restino delusi i mercati che stamane alla notizia del ritiro di truppe russe dal confine hanno manifestato euforia risalendo. Ed i mercati raramente pigliano cantonate.

Mentre domani Luigi Di Maio sarà prima a Kiev e poi a Mosca, dita incrociate. Se la situazione decanta potremo tutti festeggiare dal 24 febbraio ai 1° marzo il Carnevale 2022.

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