Xi invita Putin a Pechino, ma esplode la rabbia dello zar dopo l’annuncio di Londra

Esultava di gioia lo zar Vladimiro I per l’invito a Pechino entro l’anno, quando irrompe la notizia che la Londra fornirà a Kiev armi con uranio impoverito.

Gianvito Pugliese

Si è spento il sorriso di Putin, che stamane era per un secondo rinfrancato dall’invito di Xi a visitare Pechino entro l’anno. Si stava sperticando nelle lodi del piano di pace cinese, i famosi 12 punti che tutto sono fuorché un piano di pace. Sono solo, oggettivamente una tregua, un cessate il fuoco che secondo le intelligence europee più avanzate, come per quella americana, serve solo a dare respiro ad un esercito russo che in Ucraina si sta preparando ad una clamorosa disfatta.

In effetti, permettere che le trattative di pace abbiano inizio con una tregua decretata mentre una fetta del Paese invaso resta occupata dai militari russi, da a Putin una posizione di estrema forza nei negoziati. Una proposta che sancirebbe la legittimità del principio, ripudiato dalla comunità internazionale, che la conquista manu militari di un territorio di un paese sovrano, possa modificare i confini del mondo come stabiliti dalla stessa comunità internazionale.

Putin è sempre più isolato. Ieri il nostro esperto militare Orio Giorgio Stirpe ci ha ricordato nel suo pezzo che “la settimana scorsa per esempio il Kazakistan (!!!) ha proceduto al sequestro cautelativo del Centro Comando del Cosmodromo di Bajkonur in seguito al mancato pagamento delle compensazioni dovute da parte russa per i danni ambientali provocati dal fallito rientro in sicurezza di un razzo della Roscosmos“-aggiungendo- “Difficile immaginare uno “-stan” (Ndr. singolo) prendere una simile iniziativa quando l’esercito russo incuteva ancora rispetto…“. Putin non riesce più neanche a farsi obbedire dal suo “fedelissimo” Lukashenko. Il premier bielorusso sa che se obbedisse ai diktat di Putin che vorrebbe la Bielorussia in campo nell’invasione dell’Ucraina, otterrebbe una sollevazione di popolo e la sua fine, ed ora che i carri armati russi sopravvissuti sono altrove non ci pensa proprio ad obbedire allo zar. Nonostante sia arrivato il messaggio dello zar a Minsk: muore avvelenato a fini novembre scorso (il solito polonio?) il ministro degli Esteri Vladimir Makei, numero due del regime bielorusso.

Che gioco stia giocando la Cina è abbastanza misterioso, come lo sono da sempre le mosse degli orientali per gli osservatori occidentali, che non hanno avuto la possibilità e, forse, la fortuna di calarsi tout court in quella millenaria cultura, magari vivendoci per il tempo sufficiente ad assimilarla.

Probabile che Xi se ne serva per ribadire che, l’ordine mondiale deve vedere confrontarsi le prime due grandi potenze, tra le quali Putin s’illude che la seconda sia la Russia, ma che l’economia mondiale decreta essere la Cina. Non vedo, francamente, Xi avviatosi in questi giorni ad essere leader a vita e soprattutto, cosa più rilevante, segretario a vita del partito comunista cinese, cedere il passo ad un soggetto incapace di capire che il mondo non è ancorato all’800 e che le conquiste manu militari sono follie di un passato che non può riapparire miracolosamente, e che il mondo civile ha relegato ad un triste passato.

Vero è che il mondo civile troppo spesso si è voltato dall’altra parte, imitando le tre famosissime scimmiette. Ma questa volta è andata diversamente.

Così, ad uso e consumo del popolo russo più disinformato si svolgeva la sceneggiata dei due amiconi, le cui economie si sostengono e rafforzano vicendevolmente in totale simbiosi. Ai contadini russi, quelli isolati dal mondo, dei cessi alla turca fuori della casa e dei rifiuti non raccolti da nessuno, senza luce, né gas, né altro, si può anche far credere che la Cina sia disposta a mollare i ricchi mercati europei e quello dell’America del nord (Usa e Canada) per abbracciare il “fratello Putin”. Però nessuno, nel mondo delle donne e degli uomini con ancora qualche neurone nel cervello, può credere “che l’asino voli”.

L’incontro tra i due avviene col fasto della tradizione russa degli zar, con alcuni giornali occidentali che non trovano di meglio che raccontarci le portate della cena con 12 piatti offerti da Putin. Mi sa che, il Cavalier Berlusconi dovrà rivedere i menù di Villa Certosa, che pare siano miserelli al confronto di quelli dell’amico Vladimir.

Ma l’idillio viene interrotto da un lato dalle dichiarazioni del primo ministro giapponese in visita a Bucha: “Il mondo intero scioccato dai fatti accaduti qui”, da un altro dalla notizia della fornitura imminente a Kiev da parte del Pentagono che prima dei carri Abrams, nella versione più aggiornata M1-A2, per accelerare i tempi. invieranno quelli in versione M1-A1, già disponibili.

Ma la goccia che fa traboccare il vaso e sbroccare la diplomazia russa, ammesso che ancora esista e sia mai esistita qualcosa che somiglia a quella parola in Russia, ed a seguire i portavoce del Cremlino e del ministero degli Esteri, nonché la propaganda di regine da Stalingrado, è arriva da Londra.

La Gran Bretagna fornirà a Kiev tank Challenger 2 dotati di granate con uranio impoverito. I proiettili in questione sono denominati Charm1 e Charm3, si adattano ai cannoni da 12o millimetri e utilizzabili sui Challenger 2, tank pesanti da combattimento che Rishi Sunak ha promesso all’Ucraina  e dei quali è in partenza un primo squadrone di 14 esemplari.

Challenger 2

Con i tempi che corrono e le situazioni in continua evoluzione, o forse meglio dire involuzione, tutto può accadere ed al pranzetto odierno di Putin l’occidente sembra aver servito un bel “boccone avvelenato”.

Per rinfrancare il padrone Medvedev non trova di meglio che minacciare di bombardare con un missile sparato da una nave militare russa la sede della Corte internazionale dell’Aia che, spiega con un ragionamento da decerebrato, “non sarebbe un atto ostile da provocare la reazione della Nato”.

Ai russi delle campagne e dei piccoli centri viene ammannita la versione dei due grandi alleati imbattibili, ma la realtà è profondamente diversa.

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