Variante e scuola gli argomenti del giorno.

I rischi della variante inglese e le conseguenze nelle scuole animano il dibattito nazionale,

GP

Dopo una sbobba di politica, durante le consultazioni di Mario Draghi per la formazione del suo governo, si torna a scrivere e parlare di Covid, di varianti del virus e di come affrontare l’impatto di questa nuova emergenza con le tanto agognate scuole in presenza.

Per Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dello “Spallanzani” i vaccini funzionano e, dunque, bisogna insistere a puntare sulle vaccinazioni e sul sistema della mappa a colori e le chiusure per fronteggiare la maggiore contagiosità delle varianti: “I dati che arrivano da Israele dimostrano ogni giorno di più che il vaccino funziona, le manifestazioni sintomatiche si riducono, le ospedalizzazioni diminuiscono e così i decessi, lo stesso si sta osservando in Italia con la somministrazione quasi completata del vaccino agli operatori sanitari. Bisogna vaccinarsi il prima possibile, quando previsto dai piani, e nell’attesa del nostro turno continuare a mantenere alta la guardia, che peraltro non va abbassata neanche dopo la vaccinazione. Le misure di contenimento richieste dalle varianti sono le stesse del virus originario, ma se è vero, come sembra, che alcune di queste mutazioni sono caratterizzate da maggiore contagiosità, sarà necessaria allora un’attenzione ancora più scrupolosa nell’attenersi alle misure di contenimento”. 

Ha poi aggiunto che: “Da un punto di vista epidemiologico e statistico, una variante con una trasmissibilità superiore anche solo del 20 per cento e con lo stesso tasso di letalità rispetto al ceppo originario fa più danni, in termini di ospedalizzazioni e decessi, rispetto a una variante con una letalità superiore del 50 per cento ma con la stessa trasmissibilità.” Ed ha concluso l’intervista al Corriere della Sera, sostenendo l’utilità del sistema a zone colorate, come dimostrato in Inghilterra “dove con l’imposizione di una ‘zona rossa’ all’intera nazione il numero dei contagi è rapidamente calato. Questo ci dice che il sistema in essere nel nostro Paese, che gradua le misure nei territori in base alla situazione epidemiologica, può funzionare, anche perché consente (lo si sta facendo in Umbria e Alto Adige, per esempio) l’istituzione su specifiche porzioni del territorio di misure di contenimento ulteriormente restrittive rispetto a quelle nazionali”.

E se la scienza esprime preoccupazioni da quelle più accentuate di Walter Ricciardi, che hanno registrato gli insulti di Salvini e Toti, a quelle più moderate di Giuseppe Ippolito, riassunte quì sopra, il mondo della scuola le condivide e le adatta ai problemi urgenti che ha dinanzi.

Antonio Giannelli, presidente dell’Associazione nazionale presidi: “Sicuramente l’obiettivo è tornare in classe al 100% ma il problema è se sia possibile, tanto più con la variante inglese che sembra molto aggressiva dal punto di vista dei contagi. In questo momento è molto difficile pensare al rientro al 100% ma è certamente un obiettivo di lungo termine, l’anno prossimo dovremmo avere tutta la popolazione scolastica in classe, anche per questo abbiamo chiesto una accelerazione della campagna vaccinale per la scuola. Le varianti si stanno diffondendo nella popolazione, credo si tratti di 1 caso su 5, e quindi bisogna stare attenti, soprattutto nelle aule dove ci sono ragazzi e docenti, ci vuole una rinnovata attenzione che deve essere monitorata.”  Ma Gianelli non si limita ad esprimere preoccupazioni e diventa propositivo chiedendo di affidare all’Invalsi, l’Istituto nazionale per la valutazione del sistema di istruzione, il monitoraggio dei dati dell’istruzione a distanza di cui tanto si discute, ma solo ad orecchio, senza alcun dato anche solo statistico a supporto. Conclude Giannelli: “E’ chiaro che si può lavorare a un piano di recupero ma abbiamo bisogno di capire dove sono le sacche di povertà, già prima della pandemia c’era un forte divario. Ritengo si debba partire da lì perchè la pandemia ha acuito situazioni che già esistevano. Il tema è capire dove sono le povertà e dove vanno affrontate. La situazione molto differenziata a livello geografico e addirittura di singola classe. Ci sono ragazzi che non sono riusciti a collegarsi con la dad in modo efficace. Serve una rilevazione per capire dove le competenze sono carenti”.

Non per polemica, ma per dare a Cesare quel che è di Cesare. Mi sembrano questi i problemi seri che dovrebbero agitare le acque nell’agone politico con confronti anche accesi di opinioni, mentre non mi sembra che l’apertura o meno degli impianti sciistici, decisa non per capriccio o desiderio punitivo di qualcuno, ma sulla base di solide risultanze scientifiche, possa essere una ragione sufficiente per mettere già in pericolo la tenuta del neonato governo che tra mercoledì e giovedì dovrà affrontare il voto di fiducia in Senato e Camera dei Deputati in un clima di tensione nella maggioranza dai 5 stelle, chiamati forse a rivotare il referendum, i Pd con le donne in legittima agitazione, Leu e Sinistra italiana che non digeriscono la Lega. E tantomeno mi sembra il caso di dare il primo schiaffone in faccia a Mario Draghi, che nel primo consiglio dei ministri aveva invitato alla prudenza ed a parlare solo, carte alla mano, e che si è ritrovato Giorgetti e Garavaglia ad insultare il collega Speranza. Draghi, che pare fosse stato informato da Speranza della decisione e l’avesse condivisa, tacendo e non dichiarando quanto avvenuto, dimostra di sottovalutare la portata di queste che ritiene normali “scaramucce” ma che in realtà sono l’antipasto di quello che abbiamo scritto su questa maggioranza: altro che velocizzare, ogni provvedimento sarà una rissa permanente. L’antipasto è stato servito, fra poco arrivano le portate principali. Il padrone di casa è avvisato.

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