Vaccini simbolo nel Vax day

Qualche riflessione nel giorno europeo della vaccinazione

GP

Codogno è e resterà nella storia del Covid-19 uno dei luoghi simbolo. Li fu scoperto il ‘paziente 1’ Mattia Maestri, lì numeri impressionanti di contagiati e di vittime e da lì parte la vaccinazione nel giorno che l’Europa ha destinato a questo momento fondamentale.

Simbolicamente la prima ad essere vaccinata a Codogno è Lucia Premoli, infermiera della Rianimazione dell’ospedale di Codogno tra gli operatori che per primi hanno assistito il ‘paziente 1’ Mattia Maestri. A tal proposito è bene ricordare che fu il primo caso scoperto, ma il virus circolava da qualche mese e si diffondeva in maniera subdola e senza che se ne avesse la minima cognizione. Da un lato diversi asintomatici, ugualmente contagiosi, contribuirono incolpevolmente ed inconsapevolmente alla diffusione, dall’altro c’era difficoltà anche da parte dei medici a riconoscerlo dal momento che se ne avevano informazioni estremamente sommarie ed incomplete.

Non è bello dirlo ma la realtà e che la prima ondata è andata fin troppo bene. Certo non la penseranno così i tanti morti di Covid ed i loro congiunti. Intendiamoci, non voglio mancare di rispetto alla memoria di tutte quelle vittime che il virus ha portato via. Ogn’uno di loro è una donna, un uomo con la sua vita, la sua storia, i suoi affetti. Ogni giorno che si è pubblicato il numero dei decessi nel bollettino è stato un momento di dolore e di fatica per tenere a bada quella sensazione d’impotenza che si portava appresso.

Voglio solamente dire che in quelle condizioni, senza sapere da dove cominciare, come curarlo, come prevenirlo (ricordate il mascherine si e no, frutto di crassa ignoranza) aver limitato le zone del Paese dove è dilagato, inutile negarlo, è stata una fortuna nell’immane tragedia. Appena il caso di aggiungere che, com’è ovvio, furono colpite più intensamente le zone a maggior densità abitativa ed industriale, che erano contestualmente i territori più forniti di ospedali e più attrezzati per affrontare l’emergenza.

Inutile recriminare oggi sulla colossale sciocchezza delle ferie estive. La diffusione del virus era veramente sotto controllo e limitata prima che un malinteso “liberi tutti”, un po’ per errore, ma molto di più perché matricolati imbecilli, portatori di interessi specifici, avevano lo scopo di far passare quel messaggio e rimettere in moto consumi e spesa connessa. E fu la catastrofica seconda ondata. Sparirono gradualmente le regioni a contagio zero e un poco dappertutto abbiamo dovuto affrontare la pandemia. Ora il vantaggio era che si sapeva di più sulle cure e sulla prevenzione, ma abbiamo tremato tutti e le scene delle autombulanze attrezzate che portavano via il vicino, la dirimpettaia, le abbiamo vissute dappertutto.

Arriva il giorno della partenza delle vaccinazioni, che auspico possano essere portate avanti il più rapidamente possibile, non c’è tempo per le disorganizzazioni e le incompetenze, spesso emerse e che richiederanno a pandemia debellata una seria riflessione sul futuro del Paese. Sono felice e stupito favorevolmente dai tempi record con cui la scienza ci ha dotati del vaccino. Non vorrei però dimenticassimo che la rapidità è fondamentale perchè il virus è soggetto a mutazioni, come dimostra in questi giorni la cosiddetta variante inglese. Ed un’ultima cosa vorrei sottolineare. Siamo stati trovati impreparati perché le strutture del servizio sanitario nazionale, gestito dalle regioni era stato più concentrato sui nuovi ospedali (e conseguenti appalti) che sul rafforzare la quantità e qualità della vera forza, il personale sanitario, a cominciare dalla medicina di base. Ma prima ancora per decenni tutti i governi succedutisi hanno taglieggiato i bilanci della ricerca che non è arte d’emergenza, ma un certosino quotidiano lavoro, che consente di progredire solo se ci sono i mezzi. La fuga dei Cervelli, gli scienziati italiani alla guida di fondamentali organismi di portata mondiale, significano una sola cosa. Fino ad oggi in questo Paese dedicarsi alla ricerca è stata “mission impossible”.

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