Spira un vento di destra in Europa o si tratta d’altro?

Orban confermato in Ungheria, Vucic in Serbia, fanno pensare ad un venticello di destra, ma è cosi? O la spiegazione è diversa?

Gianvito Pugliese

Se si vuole rispondere alla domanda, che alcuni si sono posti, sull’ipotesi che spiri un vento o, quantomeno, una leggera brezza di destra non si può non partire dalla schiacciante vittoria di Victor Orban alle politiche ungheresi.

Orban tenta di trasformare il suo risultato in un “messaggio all’Europa” e dichiara: “Ho vinto contro tutti, compreso Zelensky”.

I dati, al 98 per cento dei voti scrutinati, sono i seguenti: il partito di Orban, Fidesz, ha ottenuto il 53,1 per cento dei voti contro il 35 per cento dell’Alleanza di opposizione che si era ritrovata su Péter Marki-Zay, candidato. I risultati preliminari diffusi dall’Ufficio elettorale nazionale attribuiscono a Fidesz 135 dei 199 seggi del Parlamenento, una maggioranza di due terzi (con due voti d’avanzo). All’alleanza di opposizione 56 seggi. ed al partito di estrema destra, Our Homeland, 7 seggi. Fidesz ha anche conquistato 88 dei 106 collegi uninominali.

Orban, più sornione e radioso che mai: “ Il mondo intero può vedere che il nostro marchio di politica cristiano-democratica, conservatrice e patriottica ha vinto. Stiamo inviando all’Europa un messaggio che questo non è il passato, questo è il futuro. Questa vittoria è da ricordare, forse anche per il resto delle nostre vite, perché abbiamo avuto la più grande schiera di avversari da sopraffare. La sinistra in casa, la sinistra internazionale, i burocrati a Bruxelles, i soldi dell’impero Soros, i media internazionali e alla fine anche il presidente ucraino”. Mentre diceva queste parole i suoi sostenitori lo ascoltavano in estasi.

Péter Márki-Zay si è definito “devastato. Non voglio nascondere la mia delusione e la mia tristezza. Non ci saremmo mai aspettati che questo fosse il risultato”.

Vero è che sui risultati pesano molte denunce di brogli elettorali. Un Ufficio dell’Ocse ha denunciato un palese “gerrymandering”, ovvero un metodo ingannevole utilizzato per ridisegnare i confini dei collegi nel sistema elettorale arrecandosene vantaggio ed alterando la veridicità della consultazione. La Clean Vote Coalition ha verificato numerose denunce di irregolarità: dall’offerta agli elettori di 10.000 fiorini ungheresi per il loro voto alle ricompense con carne. La frode elettorale è stata avvallata dal ritrovamento di un gran numero di schede elettorali parzialmente bruciate, dentro un sacco in una discarica nella regione rumena della Transilvania, dove molti ungheresi, che hanno doppia cittadinanza e diritto di voto, risiedono. Comunque, si vedrà.

Il quarto mandato di Orban rappresenta un enigma per la Nato e l’Ue, entrambe preoccupate sull’atteggiamento dell’Ungheria nei confronti dell’invasione russa dell’Ucraina e sul fatto che si tratti di un partner affidabile dell’alleanza.

Orban, a ben vedere non ha mai finora tentato di bloccare le sanzioni e le risposte militari all’attacco. E’ stato riluttante a partecipare a sanzioni che taglierebbero all’Ungheria le forniture di petrolio e gas russo. Però si è rifiutato di fornire armi all’Ucraina e finanche di consentire il passaggio di aiuti militari attraverso il territorio ungherese. La Nato e Zelensky s’infuriarono, e quest’ultimo lo ha bollato come unico sostenitore europeo di Putin.
Orban, ha una relazione forte con il leader russo, che ha incontrato 12 volte. Allo scoppio della guerra il 24 febbraio ha riposizionato Fidesz come partito della “pace”, giurando di stare fuori da un conflitto, che ha sostenuto non avere niente a che fare con l’Ungheria.
Il leader ungherese ha dichiarato che la riduzione della dipendenza energetica dalla Russia – che fornisce circa il 90 per cento del suo gas e il 65 per cento del suo petrolio – avrebbe rovinato l’economia ungherese. Ha definito l’opposizione di Márki-Zay come un insieme di “guerrafondai”.

Il problema non è però a senso unico, sia Ue che Nato hanno preannunciato che se avesse vinto avrebbe dovuto chiarire senza mezze misure la sua posizione. E se non lo facesse, e non lo farà, il rischio di essere espulsi dall’uno e dall’altro sarebbe dietro l’angolo. Senza l’Europa ed i fondi di solidarietà dichiara bancarotta, senza la Nato diventa la prossima preda ideale per il suo amico Vladimir. Un boccone avvelenato che dovrà ingoiare presto.

Secondo caso: in Serbia, Alexander Vucic viene riconfermato sconfiggendo l’opposizione europeista.

Il presidente serbo in carica Aleksander Vucic ha annunciato la vittoria nelle elezioni politiche e presidenziali di domenica, una vittoria che comporta la sua riconferma al primo turno e la maggioranza in parlamento. I serbi hanno optato per la continuità, preferendola all’opposizione filo europeista.

Vucic: “Affronteremo molte sfide, ma la cosa più importante per i serbi è avere buone relazioni nella regione, continuare nella marcia verso l’Europa ma senza distruggere i rapporti con i suoi amici tradizionali”. In altri termini vogliamo la botte piena e la moglie ubbriaca.

Infatti, aggiunge: “Faremo ogni sforzo per preservare i nostri rapporti non solo di partenariato ma di amicizia con la Federazione russa. Continueremo sullo stesso cammino con la stessa strategia. Quello che importa per gli europei, per i russi, per gli americani, per tutti, è che continueremo la strategia della neutralità militare che ha avuto enorme sostegno e non ci uniremo ad alcuna alleanza militare”.

La neutralità, ovvero il rifiuto di condannare l’invasione russa in Ucraina è stata la carta giocata da Vucic con successo nella campagna elettorale, ed i rapporti con Mosca, potente alleato di sempre, hanno affossato Zdranko Ponos, il candidato filo europeista presentato dall’opposizione.

Francamente si può parlare di vento di destra, o di sinistra che sia, o anche solo di brezza o spiffero ad una imprescindibile condizione: che la parte politica, a cui spira in favore, conquisti un Paese, una città, una borgata, che non governava fino a quel momento. In altri termini che si sostituisca nel governo ad un partito diverso e di colore opposto. Ma non è sufficiente, occorre pure ben più di un singolo episodio di vittoria elettorale. ma diversi e tutti nella stessa direzione. Sia l’Ungheria che la Serbia hanno confermato i premier uscenti. Nessun vento o soffio, dunque.

Resta un grosso problema sia per il primo che per il secondo. Si va, ed a gran passi per la maggioranza dei Paesi dell’Unione europea, verso da sicurezza e la difesa comune, che poi è il primo passo che apre la strada all’Europa politica. Ed è un corollario della difesa comune, un’Europa che parli con gli altri Paesi con una voce unica, oggi Josep Borrell, domani a chi toccherà quel ruolo. La neutralità, che tale non è, ma in realtà propensione per l’attuale dichiarato nemico giurato dell’Europa, non potrà esserci se non come linea adottata dall’Europa e non dal singolo Paese. Problema che sbarra l’accesso alla Serbia, e che Vucic non vuol confessare al suo elettorato, evidentemente non così anti-europeista come Vucic lo vorrebbe far apparire.

Per Orban il discorso si è complicato dopo la rottura con la Polonia a causa dei profughi ucraini. Ora Orban è sempre più solo e l’espulsione anche dall’Ue non è più impossibile anche con le regole in vigore.

In realtà, tornando ai principi generali, quello che emerge da queste due elezioni ed il messaggio forte e chiaro delle due compagini elettorale è il bisogno di continuità. Per brutta che sia chi lascia la via vecchia per la nuova, sa quel che lascia e non sa quel che trova. Saggi proverbi a parte, così ha ragionato l’elettorato che non è uscito dalla pandemia e si ritrova con una guerra in Europa ed ai propri confini. I popoli vogliono tutti prioritariamente pace ed uscire dalla pandemia e confermare i governanti attuali gli è sembrato il modo più certo e meno pericoloso di affrontare il futuro prossimo.

Non mi fa piacere constatarlo, ma nell’elettorato in questo momento sembra morto e sepolto il cambiamento ed estremamente viva e vegeta la paura di cambiare. Ecco perchè quando Orban dice all’Europa “Stiamo inviando all’Europa un messaggio che questo non è il passato, questo è il futuro” dice una colossale sciocchezza, molto probabilmente conscio della fesseria sostenuta.

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