Quattro regioni zone rosse

Entrato in vigore, l’ultimo Dpcm ieri alle 24, stamane Lombardia, Piemonte, Valle d’Aosta e Calabria si svegliamo zone rosse

GP

Quattro le regioni ad oggi zone rosse. Ma il meccanismo delle tre fasce non è fisso, ma variabile col mutamento dei dati e dei parametri che hanno dato luogo alla classificazione. Quindi si può scendere da rossa ad arancione, e poi gialla, o salire la scala verso il rosso. I meccanisti, insiste il governo, sono matematici e redatti sulla base dei dati forniti dalle stesse regioni e vagliati da una commissione che prevede rappresentanti dell’Istituto Superiore di sanità, del Comitato tecnico scientifico e di tre regioni Lombardia, Umbria e Campania.

Respinta quindi al mittente l’accusa di un uso strumentale della pandemia e delle classificazioni a fini politici, che un paio di regioni avevano apertamente dichiarato.

Per la Lombardia il caso è emblematico. Fontana accusa Conte di non averlo neanche informato. Tanto per cambiare il Governatore della Lombardia fa affermazioni a cui possono credere solo disinformati o partigiani senza pudore. Non solo risulta che Conte ha chiamato e parlato con tutti i presidenti di Regione, ma la Lombardia ha un suo tecnico in quel comitato, pertanto si presume legittimamente che, insieme ai governatori di Umbria e Campania, sia stato tra i primi ad essere informato dal proprio tecnico fiduciario.

Ma ormai, purtroppo, in un’Italia che oggi come non mai avrebbe bisogno di coesione nazionzle la politica sta dimostrando ancora una volta la sua indegnità a rappresentare il Paese.

Il Presidente Mattarella, ci prova anche affiancando la seconda e terza carica dello stato i Presidenti Casellati e Fico a richiamare il Parlamento all’Unità nazionale. Si sarebbe potuto risparmiare fatica e, soprattutto, la figura.

Gli ultimi ballottaggi locali, elezione in cui si sceglie il sindaco e, dunque, il governo delle nostre città per i prossimi cinque anni, abbiamo scritto in proposito, sottolineando che aveva votato solo il 50,64% degli aventi diritto. Cioè il 49,36% ha scelto di non votare. Su questo non una parola, non un sussulto di dignità della politica.

E’ triste riconoscerlo ma la nostra classe politica, fatte sparute e doverose eccezioni, dell’opinione del popolo sovrano se ne frega altamente. Per cui dire menzogne evidenti, ed essere scoperti, non comporta automatiche dimissioni, ma neanche la minima parola di scuse. Fa ormai parte delle regole del gioco. Financo essere pescati con le mani nella marmellata non comporta nulla. Si allestisce un fuoco di sbarramento di stampa di parte che ci dipinge i mascalzoni per vittime e il magistrato ligio al suo dovere, come forcaiolo al servizio di qualcuno. Sbaglierò: ormai non ci crede più nessuno, ma tanto cosa conta, l’importante è aver messo in atto la sceneggiata.

Caro Presidente Mattarella, ma Lei crede ancora in questa gente? E’ l’unico rimasto a crederci?

La tragedia è che le persone per bene che si affacciano in politica e che Papa Francesco spinge, giustamente dal sul punto di vista a fare, vanno decisamente incontro al martirio. Ricordate l’ex Sindaco di Roma, Ignazio Marino, che era di ostacolo a “mafia capitale”. Una cena istituzionale, fatta passare per personale e fu massacrato. Si tentò di distruggere più volte la credibilità di Giovanni Falcone, e c’è chi mette la mano sul fuoco che i mandanti erano per primi tra magistrati.

Chi non sta al gioco può arrivare solo a fare il peones, ed appena non obbedisce viene eliminato. Potere e mafia hanno le stesse regole.

Qualche lettore potrà chiedersi e chiedermi che c’entra questo discorso con l’Unità nazionale. C’entra. E’ vero che la pandemia è il primo problema anzitutto per la vita e la salute, poi anche per l’economia, ma perchè si affacci un barlume d’Unità nazionale sarebbe indispensabile avere di fronte statisti, donne e uomini per cui l’interesse ed il futuro del Paese viene prima di tutt0, e qui ci sono solo politicanti da strapazzo interessati all’oggi, ed al mediocre interesse personale, neanche del partito visto come strumento dei propri sporchi affari.

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