Nuove super sanzioni Ue contro la Russia

Nei settori finanziario, energetico, aeronautico, tecnologico e politica dei visti. Un’analisi sulle conseguenze

Gianvito Pugliese

Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, ha descritto la composizione del pacchetto di nuove sanzioni Ue contro la Russia, nella conferenza stampa al termine del Consiglio europeo di Bruxelles dedicato all’Ucraina, che si è tenuta intorno alle tre del mattino. Orario proibitivo, ma l’attesa dei Colleghi era quella delle grandissime occasioni.

Le sanzioni “massicce e mirate” approvate dai premier europei ieri sera “avranno il massimo impatto sull’economia russa e sull’élite politica” della Russia. Il pacchetto “si basa su cinque pilastri: il primo è il settore finanziario; secondo è il settore energetico; il terzo è il settore dei trasporti; il quarto sono i controlli sulle esportazioni e il divieto di finanziarle; e, infine, la politica dei visti”.

In primo luogo – ha detto la von der Leyen – il pacchetto include sanzioni finanziarie che riducono l’accesso della Russia ai più importanti mercati dei capitali. Prendiamo di mira il 70% del mercato bancario russo, ma anche le principali aziende statali, compreso il settore della difesa”.
Queste sanzioni aumenteranno gli oneri finanziari della Russia, aumenteranno l’inflazione ed eroderanno gradualmente la base industriale del Paese. Nel mirino c’è anche l’élite russa, i cui depositi subiranno restrizioni in modo che non possano più nascondere i loro soldi in paradisi fiscali in Europa”.

Il secondo pilastro principale riguarda il settore energetico, un’area economica chiave, che avvantaggia soprattutto lo Stato russo. Il nostro divieto di esportazione colpirà il petrolio, rendendo impossibile per la Russia modernizzare le sue raffinerie, che hanno portato effettivamente alla Russia un fatturato di 24 miliardi di euro nel 2019”. Dopo la Von der Leyen aggiunge che verranno proibite le esportazioni in Russia di “strumenti fabbricati in Europa che sono essenziali per raffinare il petrolio e non sono sostituibili”.


In terzo luogo, verrà proibita la vendita alle compagnie aeree russe di aeromobili, pezzi di ricambio e attrezzature”. “Ciò degraderà un settore chiave dell’economia russa e la connettività del Paese. Tre quarti dell’attuale flotta aerea commerciale russa sono stati costruiti nell’Unione europea, negli Stati Uniti e in Canada”. Appare evidente quindi, la dipendenza massiccia dalle forniture di paesi europei.

Il quarto punto è la limitazione dell’accesso della Russia a “tecnologie chiave, di cui ha bisogno per costruire un futuro prospero, come i semiconduttori o le tecnologie all’avanguardia”.

Quinto ed ultimo punto la stretta sui visti: “Diplomatici e uomini d’affari russi non avranno più un accesso privilegiato all’Unione europea”, ha concluso Ursula von der Leyen.

Un pacchetto decisamente duro da sopportare dalla Russia che si aggiunge a quelli già indicati o in corso di preparazione da parte di Usa, Canada, Australia, Inghilterra, Giappone. Praticamente il Mondo. Rimane solo la Cina ed i cinque staterelli satellite della Russia. Assolutamente insufficienti anche solo a ridurre il danno tremendo. E che Putin li stia temendo non poco, lo dimostra il discorso televisivo agli industriali (ma in realtà a tutta la nazione) sulle prime sanzioni, imbottito di vaghe minacce di ritorsione, praticamente nulle, dal momento che l’Europa non solo ha messo in conto la perdita delle forniture di gas dalla Russia, ma a cominciare dalla Germania ha rifiutato di utilizzarlo, Olaf Scholz ha comunicato a Putin di aver deciso la fine del progetto gasdotto Nord Stream 2. Putin perde, così, l’unica arma di ricatto nei confronti dell’Europa e finanche i soldi del gas, con cui pagava i militari. Difficilino mandarli in guerra senza lo stipendio.

Se Putin voleva sedersi al tavolo delle trattative da una posizione di forza, credo che si stia sempre più indebolendo, per non parlare della sua credibilità, avendo mostrato di essere un bugiardo impenitente, e per giunta orgoglioso di esserlo.

Non dimentico il decisionismo militare degli Inglesi, se non erro ai tempi di Margaret Thatcher premier, nell’intervento nelle Isole Falkland nel 1982. Se loro o un altro dei Paesi della Nato mandasse una pattuglia di paracadutisti in Ucraina, ovviamente invitati dal premier ucraino, ed intimasse, mentre stanno per paracadutarsi, alla Russia di ritirarsi immediatamente nei suoi confini, una Russia, economicamente e tecnologicamente già azzoppata salle sanzioni, dovrebbe decidersi o a ritirarsi, con la coda tra le zampe, o ad affrontare un conflitto con la Nato.

E non è un gioco pericoloso, quello appena descritto, per il semplice motivo che se Putin non vuole la guerra deve scapparsene di corsa dall’Ucraina, se il suo obiettivo è, come credo, impossessarsi di tutti i territori della Russia zarista, riavere il Patto dei Varsavia con tutti coloro che ne facevano parte (oggi quasi tutti nella Nato) e, infine, piegare ai suoi voleri un’Europa che ha dimostrato di non sapersi difendere, affronterà la guerra. Se così non fosse dovrebbe ritirarsi, dal momento che sa bene che lo scontro con un solo soldato della Nato, significa dichiarazione di guerra alla Nato. Ed allora Davide e Golia s’invertono.

Certo, la povera Ucraina ed i suoi cittadini al momento vengono messi alla croce da Putin, ma ciò non toglie che si sia infilato in un brutto cul de sac. ed uscirne sarà davvero difficile.

Per interventi utilizzare il “Lascia un commento” o scrivere alle e-mail info@lavocenews.it o direttore@lavocenews.it. Per seguirci su Facebook potete mettere il “mi piace” sulla pagina La Voce News o iscrivervi al gruppo lavocenews.it. Grazie.