La testimonianza di Liliana Segre.

“Non ho mai dimenticato, come non ho perdonato”.

GP

Si avvicina il 27 gennaio, il giorno della Memoria. Il 27 gennaio del 1945, le truppe sovietiche dell’Armata Rossa, avanzando in Germania, arrivarono ad Auschwitz.  Da quel momento fu mostrato al mondo l’orrore del campo di concentramento, uno dei luoghi del genocidio nazista. Furono liberati i pochi superstiti, i nazisti negli ultimi giorni intensificarono gli stermini per liberarsi di testimoni scomodi.

Il 27 gennaio per il governo italiano sarà il giorno in cui il Parlamento voterà la relazione di Alfonso Bonafede sulla Giustizia, in cui i progressi o meno della maggioranza saranno messi alla prova dal no dei renziani. Per noi, spiacenti, è e resta il giorno della memoria. In un altro memento parleremo di un preoccupante fenomeno in forte crescita, il negazionismo, e sottolinieremo come, pur in stragrande maggioranza, non furono però gli ebrei i soli perseguitati, deportati nei campi di sterminio, da quella bestia orrenda che fu il nazismo, che ancora prova a perpetrarsi incuneandosi nella mente di disadattati di ogni tipo. Non pochi furono gli zingari ed i detenuti politici che condivisero con gli ebrei le camere a gas e le fosse comuni.

Oggi apriamo quest’attesa del 27 prossimo con uno spaccato su Liliana Segre, senatrice a vita, che visse gli orrori di quei campi ai quali miracolosamente è sopravvissuta.

Liliana Segre pronunzia una frase che è un monumento: “Non ho mai dimenticato, come non ho perdonato” la Shoah. Come potrebbe, mi chiedo? Ma Liliana Segre, donna di eroico coraggio e stoicismo è anche molto di più di questo. Aggiunge: “E mentre ero ad Auschwitz per un attimo vidi una pistola a terra, pensai di raccoglierla. Ma non lo feci“. Paura di farlo? No di certo, quale paura può nutrire una persona che sa di essere comunque condannata a morte, che da un minuto all’altro il suo numero sarà chiamato per entrare in quegli stanzoni da cui nessuno usciva vivo. No! Solo rifiuto di utilizzare la violenza, di essere anche solo per un attimo uguale al suo persecutore. Una grandezza d’animo che non ha eguali. Infatti, aggiunge: “Capii che io non ero come il mio assassino. Da allora sono diventata donna libera e di pace“. L’immensità di questa donna ha una prova inconfutabile: Liliana Segre o è amata alla follia, o per converso odiata con altrettanto vigore. Non voglio spendere una parola su chi l’ha denigrata e tentato di sminuire. Non merita di essere considerato tra gli esseri umani.

Ogni parola della novantenne Liliana Segre è un monumento, la sua lettura della nostra Carta Costituzionale impagabile anche per un giurista. Per inciso Sergio Mattarella ha regalato alla Segre una copia anastatica della prima edizione della Costituzione. E tornerò a scrivere, care lettrici e lettori, della sua interpretazione dei valori fondanti costituzionali.

Oggi, a memoria, vorrei solo fermarmi al ricordo della marcia “della vita” che Liliana Segre intraprese con altri detenuti dei campi di concentramento. Racconta di esseri fragili, emaciati, affamati, scheletri viventi, ma spinti a camminare da un attaccamento alla vita come può avere solo chi sa che la sua è appesa ad un filo. Se barcollando nella marcia nella neve e nel gelo, cadrà, sarà finito senza pietà dal carceriere che li accompagna. Quell’amore per la vita in esseri ridotti a larve dall’aberrazione di un’odio folle e crudele è davvero, secondo me il capolavoro della Segre. Nessuno mai ci ha fatto pensare e scoprire i sentimenti di quegli esseri abbandonati da tutti, eppure, ancora capaci di amare oltre ogni limite. Noi tutti ci siamo fermati alle immagini, ai fatti, alle crudeltà inaudite scoperte. L’immensa Liliana è andata oltre e ci ha portati con Lei a scoprire un mondo inimmaginabile ed a suo modo fantastico. Un immenso Grazie.

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