In primo piano dopo Pasqua

Dopo la pausa pasquale di due giorni, con notizie col contagocce, si riparte.

Gianvito Pugliese

Una ripresa particolare quella della stampa nazionale ed estera dopo due giorni sotto tono.

Se. in primo piano sulla stampa anglo-americana. ora c’è la fuga di notizie classificate, dopo l’incriminazione di Donald Trump nei giorni precedenti, e la solita strage in una scuola, che gli americani non si fanno mai mancare, ben diverso è l’orientamento della stampa europea, per non parlare di quella nazionale.

La pubblicazione su una chat per giocatori, molto frequentata, di documenti riservati ad opera di qualcuno che ha avuto accesso al materiale classificato del Pentagono, fa discutere l’America e i più importanti giornali della stampa inglese, nonostante in casa (o nei pressi) ci sia stato un attentato in Irlanda. Tutti i servizi statunitensi sono mobilitati nella caccia all’uomo e ci si chiede se si tratti di un americano contrario all’amministrazione Biden o di un filo-russo. Una domanda che, se non pubblicizzata per depistare i sospettati, appare decisamente troppo semplificata. Cosa esclude che chi vuole colpire e danneggiare la credibilità dell’amministrazione Biden, sia contemporaneamente un filo-russo? E direi di più: cosa esclude che l’attacco sia opera di attività di spionaggio russo? A confermarlo ci sarebbe la fretta e furia con cui il Cremlino, per bocca del suo portavoce Dimitrij Peskov, la definito “una bufala” una partecipazione dei servizi segreti russi all’episodio. Da che esiste il mondo, vale la regola: “Excusatio non petita, accusatio manifesta”. E non è sfuggito agli osservatori più attenti che i dati sulle perdite dei soldati russi ed ucraini sarebbero stati manomessi, diminuendo notevolmente quelli russi e accrescendo di pari quelli ucraini.

E l’attenzione internazionale è stata attratta anche dalle aggressive manovre militari cinesi che avrebbero violato i cieli e le acque territoriali di Taiwan, come riconosciute dal diritto internazionale e negate dalla Cina. Manovre iniziate, su ordine di Xi il giorno successivo alla partenza dalla Cina di Ursula von der Layen ed Emamuel Macron in visita di stato al leader cinese.

In Italia ormai c’è una netta distinzione tra il resto della frastagliata stampa nazionale e le tre grazie della stampa di destra (il Giornale, Libero e la Verità), spesso e volentieri scimmiottate dalla galassia della stampa minore, che sembra si passino (o ricevono -ipotizzano i malpensanti-) “gli ordini di scuderia”, per cui il fatto centrale è quasi sempre il medesimo.

Sui tre il ricovero di Berlusconi, al quale auguro di riprendersi presto, la fa da padrone, insieme a tutto quanto ruota attorno, con in particolare gli aggiornamenti stampa del medico personale del Cavaliere, che finiscono sempre con qualche turpiloquio del prof. Zangrillo nei confronti di Colleghi che reputa fastidiosi. Stile Sgarbi, insomma, che ha rivelato che Berlusconi era in procinto di dar vita ad un Partito Repubblicano nazionale con Calenda e altri, rimasti ignoti. Glielo avrebbe confidato appena prima dell’ultimo ricovero.

Estremamente variegata “l’altra stampa” che il prolifico governo Meloni monopolizza quasi integralmente. Oggi dal Def in Consiglio dei Ministri, approvato in un’ora e quarantadue minuti (pare la cronaca di una tappa del Giro d’Italia o del Tour de France) al nuovo reato per chi imbratta i monumenti, proposto da Sangiuliano, alla condanna a morte dell’orso aggressivo, proposta da Picchetto Fratin.

Il governo annaspa sul Pnrr, peggio dei migranti dei barconi che affondano, ma ogni volta che Giorgia Meloni torna da un incontro, soprattutto dopo un viaggio all’estero, vanta risultati fantasmagorici raggiunti, che poi si rivelano sistematicamente nulla di concreto. “Un pugno di mosche” ha scritto qualcuno, forse con un minimo di esagerazione: in fondo, il copione è stato rispettato.

Ma abbonda la produzione, con priorità assoluta, di provvedimenti identitari, dalla difesa della lingua italiana (Rampello), al dichiarare nemici dell’Italia coloro che si permettono di ricordate che l’alcolismo non fa meno danni della droghe (Lollobrigida). Per non parlare delle mancette elettorali, come per i balneari, il salario minimo bocciato, l’inesistente sostegno alla povertà, su cui occorre studiare approfonditamente, mentre ci sono connazionali ridotti alla miseria.

E, dulcis in fundo, la lite (molti Colleghi scommettono che si trasformerà in rissa) tra Calenda e Renzi. La “presunta” lite, ci ricorderebbe il Guardasigilli Nordio, se ci leggesse, dal momento che i due protagonisti non negano, ma non confermano, mentre tra i peones dei due infuria l’offesa reciproca. E non è che siano rose e fiori. Calenda accusa Renzi ed i renziani di rallentare sul partito unico tra Azione ed Italia Viva. Renzi, tramite i suoi colonnelli, risponde che è Calenda che non lo vuole, perché non ha ancora avviato la discussione sulle regole congressuali. E questa è cattiveria pura del senatore toscano, perché Calenda un congresso vero non sa proprio cosa sia.

Povero Papa Francesco, che brutta fine ha fatto il suo appello pasquale agli “uomini di buona volontà”. Sembra che si tratti di merce totalmente esaurita.

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