Il mio Petruzzelli: Pierino Laforgia.

In foto di copertina Pietro Leonida Laforgia. Questo articolo vi spiega perchè era un eroe. Glielo dovevo da tanto, ma oggi finalmente posso.

GP

Non è terminato il discorso dell’incidenza fondamentale di Gianni Dellino nel restauro del Petruzzelli e nella restituzione alla città del Teatro, consolidato staticamente e con la cupola ricostruita. Almeno un capitolo 2 su Gianni dovrà essere necessariamente scritto.

Ma oggi occupiamoci di un’altra grande figura morale che interpretò, in un momento, un ruolo da fondamentale protagonista. Credo non lo sappia assolutamente nessuno.

Parlerò, anzi scriverò, di un sindaco di Bari tra i migliori in assoluto, Pietro Leonida Laforgia. Docente di diritto, se ben ricordo al nautico, ed avvocato penalista del foro di Bari; fu, credo, il primo ed unico sindaco comunista che Bari abbia mai avuto.

La Fondazione Concerti “N. PIccinni” era stata chiamata dalla famiglia proprietaria del Petruzzelli, anzi in quel momento del rudere semidistrutto dall’incendio doloso del 26 ottobre 1991, ad assumere il ruolo di Ente promotore della stagione lirica di tradizione del Teatro. Accettò l’incarico e fu stipulato un accordo tra le parti. La Fondazione, all’epoca tra le maggiori società di converto del Paese, con una sua struttura di formazione e produzione di danza tra le prime tre in Italia ed un festival accorsatissimo e conteso dagli enti locali che lo hanno ospitato, accettò quell’incarico in considerazione del fatto che, lo stallo creatosi nel 1992 per il contrasto tra l’ex gestore, Ferdinando Pinto e la famiglia Messeni Nemagna, sfociato in diverse cause pendenti dinanzi ai giudici baresi, aveva provocato la sospensione da parte del Ministero competente dei benefici economici relativi a quella stagione lirica di tradizione. Questa da sola rappresentava quasi due terzi di quanto da Roma veniva rimesso all’intera Puglia per tutte le attività dello spettacolo, dalla lirica ai circhi equestri, bande musicali comprese, per intenderci. Se non si fosse ripresa senza indugi l’attività le 26 recite assegnate da Roma, che facevano del Petruzzelli il terzo teatro di tradizione del Paese, sarebbero state distribuite tra gli altri 11 teatri di tradizione e Bari sarebbe ripartita dall’assegnazione minima, divenendo fanalino di coda. Bari non aveva mai avuto l’Ente lirico -teatro lirico di serie A- per fare qualche esempio il Teatro alla Scala, l’Opera di Roma, l’Arena di Verona o la Fenice di Venezia.

La Fondazione Concerti Piccinni, nata come istituzione musicale del territorio, in quanto realizzatrice delle stagioni di concerti del Liceo Musicale omonimo, un consorzio tra Comune e Provincia di Bari, non potè tirarsi indietro. Si prestò pro tempore alla lirica, di musica e danza si occupava a 360 gradi ma la lirica è altro e fa tremare i polsi. Assunta la decisione di realizzare quella stagione, mentre ancora pendeva un parere dinanzi al Consiglio di Stato, che ci vedrà poi vincitori nei confronti del Ministero dello Spettacolo, affidata la direzione artistica della lirica a Katia Ricciarelli. Fatte le dovute prove ci si preparò all’inaugurazione con una Cenerentola di Rossini coprodotta col Teatro di Mantova.

Il 14 settembre 1993 la commissione di vigilanza per i pubblici spettacoli presso il Comune di Bari, fece il prescritto sopralluogo, della Corte del Catapano (l’atrio della Basilica di San Nicola) dove lo spettacolo doveva aver luogo. . Trovò da osservare su dettagli insignificanti dell’impianto elettrico e prescrisse quei piccoli adeguamenti, assicurando che la commissione o tecnici della stessa il giorno dopo al mattino sarebbero tornati a controllare l’osservanza delle prescrizioni. L’impianto era stato realizzato sotto la direzione dell’ing. Alfonso Rossignoli, recentemente scomparso, già componente autorevole di quella commissione. Alfonso fece fare quegli adeguamenti definendoli una s…….., pochi minuti di lavoro per gli elettricisti. La mattina la commissione non venne, sarebbe venuta nel primo pomeriggio ci fu detto, ma non si vide nessuno; arrivò in cambio il battaglione mobile della Questura di Bari in tenuta anti sommossa per impedire l’accesso del pubblico, noti facinorosi pericolosi, all’inaugurazione della stagione.

Gli incendiari dovevamo mostrare tutto il loro potere. Con mia madre all’epoca Presiedente della Fondazione e la Ricciarelli ci recammo di corsa in prefettura. Chiedemmo di essere ricevuti dal Prefetto Catenacci, che poi incappò in vicende giudiziarie non proprio gratificanti, che rifiutò di riceverci. Tra l’altro Katia era la moglie dell’onnipotente Pippo Baudo, all’epoca direttore generale e artistico delle tre reti Rai. Uscimmo dalla portineria della Presettura, inviperiti e sconsolati. Mia madre, Lina Loizzi, alzò lo sguardo verso il Comune. C’era la luce accesa nella stanza del Sindaco. Dopo minuti fummo ricevuti.

Mi meravigliò l’affetto dell’abbraccio tra mia madre e Pierino Laforgia. Scoprii dalle quattro parole che si scambiarono che oltre che essere cugini avevano per madrine le rispettive mamme. Ma il legame serviva solo a rendere meno formale l’incontro. Pietro Leonida Laforgia non era uomo da favoritismi. Ascoltò la mia ricostruzione dei fatti. Alzò il telefono e chiamò il Questore. Man mano che la telefonata procedeva il suo tono cambiava ed il viso si rabbuiava. Sentivamo solo le sue parole, quelle del questore ci erano ignote. Ad un certo punto proferì la seguente frase: “Ti sto notificando verbalmente che come Sindaco e perciò autorità di pubblica sicurezza sui pubblici spettacoli sto dando l’autorizzazione. Lo spettacolo può e deve andare in scena”. Non sentii la risposta ma prosegui con una durezza, fino all’ora evitata: “Che significa che non ho il dattilografo a quest’ora, perchè scritta a mano l’autorizzazione non vale? Ascoltami bene, se tra tre minuti il maresciallo al comando dei miei vigili presenti sul luogo non mi conferma che i poliziotti sono stati ritirati, parola d’onore vado dal procuratore di turno e vengo ad arrestarti con due carabinieri!”

Non credevo alle mie orecchie. Due minuti dopo i poliziotti si rimisero sui loro mezzi e si ritirarono. Lo seppi prima io del sindaco Laforgia, mi chiamò sul telefonino e mi avvisò del fatto il procuratore della Repubblica reggente Angelo Bassi, aggiungendo “Gianvito, domani vieni da me e mi racconti”.

Un baciamano alla Ricciarelli, un abbraccio a mia madre e una stretta di mano a me, robusta da far quasi male. “Una di queste sere vengo a vederla”.

Il muro di complicità era stato rotto. Approfondiremo, per ora mi fermo quì. Senza però non sottolineare che quel gesto di Pierino Laforgia, era eroico. Si metteva in nome della giustizia contro gli affari e gli affaristi che dominavano l’economia e la politica cittadina. Quando ripenso a quell’uomo, penso ad un vero eroe. Ed oggi spero che lo sappiano in tanti. Pierino lo merita.

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