Il caffè con il lettore

Dal gradimento di Draghi alla Meloni che esalta Terracina e stigmatizza l’appello dei Sindaci, dal ritorno di Di Battista alla guerra in Ucraina. Una carrellata non indifferente. Ma non chiacchieravano insieme da parecchio.

Gianvito Pugliese

Gli argomenti di cui discutere con Voi, cari lettori (lettrici in primis, ovvio), non mancano. Tra oggi e domani sapremo le sorti del Governo Draghi, guidato da un personaggio che tutto l’occidente ci invidia e che, forse in nome del “nemo profeta in patria” (nessuno è profeta in patria), nonostante sia il più gradito dagli italiani (il 67,91% di consensi), ai politicanti amanti dell’orticello di casa sembra stare decisamente stretto. Non è colpa loro, è la cultura, e non solo quella politica, che manca totalmene loro. Che ci vogliamo fare? Li abbiamo votati noi, magari turandoci il naso.

Giorgia Meloni è punzecchiata dal cybernauta riportato dal nostro #daisocial di stamani a proposito dell’esaltazione di Terracina (dove sindaca e diversi assessori sono appena finiti ai domiciliari) “da esportare a livello nazionale”. Capita di sbagliare nel giudicare. Poi siamo in Italia, tra i “rappresentanti del popolo” (vota ormai meno del 40%), tutti garantisti nei confronti dei propri e giustizialisti con gli avversari. Ma, dove secondo me la Meloni ha preso di recente la più grande cantonata (e non se n’è accorta, forse perchè subissata dagli applausi di beoti osannanti) è nel condannare l’appello dei Sindaci a Draghi come “uso improprio” ed esecrabile “delle istituzioni”. Il Sindaco di Pesaro Ricci, primo firmatario dell’appello (anche se ora spunta l’ottimo Nardella come primo promotore?), si è chiesto se i Sindaci perdono insediandosi il diritto di parola e di pensiero. Così almeno nel decalogo moral-politico della leader di Fratelli d’Italia. Esprime timore, quindi, per la democrazia e la libertà in un governo guidato da Meloni. Brutta caduta di stile per una leader politica che nel 2018 aveva un partito al 4% ed ora nei sondaggi naviga oltre il 20% ed in alcuni di questi è portato come primo, in qualche altro secondo, dopo il Pd di Enrico Letta.

Dulcis in fundo, si fa per dire, per la serie “alle volte ritornano” Alessandro Di Battista tuona:Entrare nel governo Draghi è stato un suicidio. Lo dissi subito…….Io non ho parole delle str…. totali che sono riusciti a fare questi pseudo dirigenti in questi due anni e mezzo e che dovrebbero chiedere scusa, non solo a me”. Si prepara, sponsorizzato dall’onnipotente prof Masi, con la vocazione del Richelieu, al grande ritorno. Non so cosa ne pensate Voi, ma per me torna per realizzare la profezia di Gianroberto Casaleggio, secondo cui i pentastellati dopo aver toccato l’apice (il 33% nel 2018) si sarebbero estinti. Conte, dal 2018 due volte presidente del consiglio, in quota al Movimento, ed oggi leader dello stesso, dal 33% lo ha portato al 10% ed oggi con la imminente nuova diaspora di deputati lo fa scendere certamente ad una cifra e neanche alta. Non credo abbia capito cosa comporterà per lui l’avvento Di Battista (in copertina), a cui spetta l’onore di completare l’opera di estinzione. A proposito qualcuno mi sa dire come campa il Diba e dove trova i mezzi economici per girare il mondo? Da ultimo era in Russia, dove peraltro per un occidentale non è facile accedere, salvo persone gradite, Io non l’ho mai visto lavorare, ma si sa che sono, notoriamente, uno distratto.

Intanto, in Ucraina ormai siamo alla guerra di posizione. Ciò non toglie che gli edifici civili sono bersagliati ed i civili ucraini muoiano come le mosche. Proliferano sui social come nei tolk show i filo-putiniani con la maschera di pseudo pacifisti. Non credo siano davvero tanti: più che altro “fracassoni” e si notano, affiancati dai robottini mediali, utilizzati dalla propaganda del Cremlino e moltiplicati molte volte rispetto ai primi.

Godiamoci il caffè, ancora caldo, diversamente lo convertiamo al ghiaccio, e non pensiamo al fatto che è aumentata pure la nostra modesta, amata bevanda.

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