Giorno 201

La storia si ripete, sempre. Non conoscerla o pensare di poterla modificare è un errore che si paga caro. Putin si approssima alla sorte di Hitler, dopo aver commesso i medesimi errori

Orio Giorgio Stirpe

Nel pezzo del Giorno 200 dall’aggressione abbiamo parlato di cosa sia successo con la controffensiva ucraina a Izyum, e soprattutto di COME sia potuto succedere.

Oggi cerchiamo di analizzare la portata dell’evento, anche se ancora “a caldo” e, quindi, con tutte le riserve del caso.

Cominciamo con un punto fondamentale, che dovrebbe sgombrare il campo da una miriade di comprensibili “e se…?”

Forse il principale supporto che la NATO sta fornendo all’Ucraina dall’inizio del conflitto, ancora più importante degli HIMARS e delle altre armi consegnate, è la condivisione della ricognizione strategica. I dati ottenuti attraverso i satelliti, i ricognitori aerei pilotati e no (droni a lungo raggio) e anche le intercettazioni e lo spionaggio, analizzati presso i Comandi alleati, vengono trasmessi regolarmente allo Stato Maggiore ucraino che li utilizza per aggiornare la propria consapevolezza della Situazione operativa. Questo in sostanza significa che gli ucraini “vedono” dove sono i russi, cosa stanno facendo e dove stanno andando.

Tale vantaggio non li mette semplicemente nelle stesse condizioni dei russi, ma li avvantaggia moltissimo: perché a differenza di quanto molti credono, la Russia non è l’URSS e la sua capacità tecnologica non è più paragonabile a quella occidentale. Semplicemente la Russia dispone di pochi satelliti in confronto alla NATO, e molto poco precisi; mentre di droni a lungo raggio praticamente non ne ha. È per questo che quando gli ucraini colpiscono la passerella accanto alla diga senza danneggiare la diga, i russi mancano il ponte e colpiscono il condominio di fronte.

Segretario Generale Nato

Questo enorme vantaggio ha una conseguenza ancora più grande: nelle aperte pianure del nord ucraino, con tempo sereno, è semplicemente impossibile per i russi nascondere le proprie forze alla NATO e quindi al generale Zaluzhny. Il rischio che le unità ucraine lanciate in avanti dopo lo sfondamento vengano “imbottigliate” o anche solo prese sul fianco, semplicemente non esiste perché gli ucraini sanno esattamente dove le forze nemiche sono, in che stato si trovano e cosa si apprestano a fare. Letteralmente, lo vedono su degli schermi di computer.

Quindi: no, quella russa NON è una manovra astuta per distruggere gli ucraini in campo aperto; è davvero una rotta.

Per gli ucraini è una grande vittoria, che FORSE si rivelerà anche decisiva, ma questo ancora non si può dire. In questo momento nel nord non sono contenuti da alcun avversario, ma hanno enormi limiti propri. Innanzitutto, sono relativamente pochi: hanno impegnato il meglio del loro esercito, cioè circa cinque Brigate. Diciamo ventimila uomini sul campo. Sono sparsi su un territorio vastissimo e devono essere riforniti. Il fatto di operare su territorio amico aiuta moltissimo, ma non risolve i problemi logistici, che sono solo poco alleviati dalla cattura dei depositi russi intatti.

Insomma: non potranno avanzare più di tanto, e non così rapidamente come gli entusiasti si aspetterebbero. Inoltre per quel che sappiamo, i russi hanno preso una sonora batosta, ma ci sono ancora, e occorrerà essere preparati ad affrontarli mantenendo un fronte coeso e le forze ben unite e sotto controllo. Sapere dov’è il nemico aiuta, ma non basta ad affrontarlo se si è nel posto sbagliato o non si dispone delle forze giuste…

Per i russi invece è una sconfitta bruciante, ancor più perché inattesa. Almeno da loro.

Che la situazione sia grave, si evince semplicemente dai talk show della televisione ufficiale, dove per la prima volta i commentatori si interrogano sull’andamento generale della guerra, e soprattutto cercano capri espiatori: segnale quest’ultimo tipico nella società russa che qualcosa di maledettamente sbagliato è ormai alla luce del giorno.

Ci sono poi i social media, dove si leggono rabbia e delusione; e ci sono le intercettazioni delle telefonate dei soldati russi che chiamano casa dal fronte (con i telefonini ucraini rubati): queste ultime sono le più indicative, anche se naturalmente a differenza delle altre fonti qualcuno può ancora voler mettere in dubbio i dati forniti dai militari occidentali o ucraini… Fatto sta che queste intercettazioni confermano quanto ci dicono le altre fonti.

Noi non abbiamo accesso alla ricognizione strategica, quindi un giudizio chiaro e complessivo sugli effetti della battaglia di Izyum sui russi è impossibile. Sappiamo che la 1^ Armata Corazzata della Guardia ha cessato di esistere e il suo comandante è stato catturato, ma non sappiamo cosa ne sia dell’Armata contermine, la 20^ Armata Combinata, che le copriva il fianco destro fino al confine russo. Si è dissolta anch’essa? Oppure ha ripiegato in tutta fretta entro il territorio nazionale augurandosi che le pressioni della NATO – volte ad evitare anche il minimo rischio di escalation nucleare – impediscano agli ucraini di inseguirla in territorio russo?

Di certo gli ucraini non sembrano incontrare nessuna resistenza: non si segnalano combattimenti di nota in tutto il nord, e non ci sono forze russe a contatto.

Quanto sarà possibile recuperare delle forze russe che si trovavano nel nord, è impossibile dirlo. Quel che sembra evidente, è che adesso non ci sono forze organizzate nel settore.

Sicuramente molti soldati potranno essere recuperati, ma attenzione: i soldati non sono macchine. Non puoi fargli il pieno e rimetterli a fare quello che facevano prima.

Una rotta è traumatizzante. Rimandare a combattere un soldato scampato magari a piedi ad un disastro militare è pericoloso: parlerà con i suoi nuovi compagni, racconterà loro cosa gli è successo, non avrà nessuna voglia di tornare ad affrontare lo stesso nemico, e diffonderà paura, dubbi e disfattismo.

Per questo l’idea di Putin di recuperare le forze nel nord (o ciò che ne resta) e reimpiegarle nel Donbass, è ridicola: quei soldati effettivamente recuperati saranno nuovamente operativi fra minimo un mese, e saranno inaffidabili, buoni al massimo per difendere il confine. Per riprendere la sua ossessiva “offensiva nel Donbass” occorrono rinforzi, di cui c’è poca traccia (il famoso “III Corpo d’Armata” di volontari appena arruolati?), oppure le riserve già inviate a Kherson, che andrebbero richiamate.

Nel frattempo, come dicono in molti, Putin “deve” fare qualcosa. Uno smacco come quello di Izyum non può restare senza risposta… Solo che quando lo zar si guarda intorno, vede di essere drammaticamente a corto di opzioni. Con buona pace degli illusi tifosi dell’ex-URSS, che continuano a ripetere che solo 1/20 del potenziale della Russia sarebbe stato impiegato, l’esercito russo ha finito le sue carte.

La marina è messa anche peggio, e le sue forze da sbarco sono fra le unità che hanno subito perdite peggiori negli ultimi mesi a Kherson.

L’aviazione è praticamente scomparsa: quando più ce n’era bisogno, per colpire le colonne corazzate ucraine che sciamavano all’aperto nella campagna del nord, non si è fatta vedere.

Qualcuno ancora parla di “rischio nucleare”, sembra quasi invocarlo come un’icona che giustifichi in qualche modo il timore ancestrale di una Russia che “non può” perdere… Ma la compattezza dei Paesi NATO è un segnale chiarissimo: quanto comunicato da tempo per vie riservate a Putin all’inizio del conflitto, è sempre valido. Qualsiasi impiego di armi nucleari riceverebbe una risposta immediata, proporzionale e AUTOMATICA. E nessuno in Russia è disposto a far incenerire la propria famiglia per compiacere l’ego del suo dittatore: meglio una Russia senza Putin che nessuna Russia in un mondo bruciato… E Putin lo sa.

Infine: dichiarare guerra e ordinare la mobilitazione generale. Ma a parte che questo consentirebbe al massimo di mettere in campo FRA SEI MESI soldati armati di fucile e senza equipaggiamento pesante, buoni per difendere il confine e niente altro, l’opinione pubblica in base agli stessi dati russi, sostiene ancora a maggioranza il Regime, tranne nelle classi più giovani, che sono proprio quelle che verrebbero mobilitate. Insomma, si tratterebbe per Putin di mettere un fucile in mano ai suoi oppositori.

Alla fine, l’orso Vladimiro per sfogarsi ha ordinato una serie di attacchi contro le centrali elettriche a portata dei missili che gli restano, usandone un numero elevato e riducendo le sue ormai scarse risorse in merito. Furia incoerente, frutto della rabbia e del senso di impotenza di un dittatore che si scopre perdente.

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