Giappone vuole esercito più forte e addio al limite difensivo

Per rispondere a Cina e Corea del Nord, il Paese nipponico pronto alla svolta storica ed a cambiare la costituzione

Gianvito Pugliese

L’invasione russa dell’Ucraina ha evidenziato quanto velocemente possano cambiare gli scenari internazionali ed i rapporti tra Stati. Il Giappone si è adeguato ed ora si accinge ad una svolta storica. In Oriente le aspirazioni della Cina su Taiwan costringono Tokyo a un’attenta riflessione.

La sua scelta di politica estera ed attività militari tradizionalmente difensiva – dalla fine della Seconda guerra mondiale l’art.9 della sua costituzione sancisce il non uso della forza per risolvere le controversie internazionali – sembra in procinto di cambiare con l’avvento del nuovo primo ministro Kishida.

Per la prima volta da ottanta anni a questa parte, il Giappone sarebbe in procinto di raddoppiare le spese militari e ipotizzare di poter attaccare per primi.

Kishida, primo ministro solo otto mesi. deve affrontare sfide di politica estera senza precedenti. 

La guerra della Russia in Ucraina in Giappone è funzionata come un campanello d’allarme nella regione dell’Asia del Pacifico sulla potenziale invasione cinese di Taiwan, una terra autonoma che Pechino considera una proprio territorio che un giorno si riunirà alla madrepatria.

L’esercito giapponese ha quindi una funzione esclusivamente difensiva. Akira Kawasaki, del comitato esecutivo di Peace Boat, una ONG giapponese: “Qualsiasi tentativo di acquisire la capacità di colpire le basi nemiche prima che il Giappone stesso venga attaccato sarebbe una chiara violazione della costituzione“.

Già prima dello scoppio della guerra russa all’Ucraina, il partito Liberal democratico (LPD) aveva operato scelte di politica di difesa più attiva, il cui epilogo il mese scorso è stato una proposta do di aumentare la spesa per le forze armate dall’1% al 2% del Pil del Paese nei prossimi cinque anni.

Il Giappone, ricorda Kawasaki, ha il terzo Pil più grande del mondo. Intervistato da The Guardian ha dichiarato: “Se spendesse il 2% del suo Pil per l’esercito, diventerebbe la terza potenza militare mondiale  Questa sarebbe una grande minaccia per il mondo intero e totalmente incompatibile con la nazione amante della pace che il popolo giapponese ha cercato di diventare con la costituzione del dopoguerra“.

Il Giappone è il nono investitore al mondo per la difesa, ma i 54,1 miliardi di dollari (42,8 miliardi di sterline) del 2021 sono poca cosa rispetto agli 801 miliardi di dollari degli Stati Uniti e i 293 miliardi di dollari della Cina. L’accantonare l’impegno del dopoguerra a contenere la spesa militare entro l’1% del Pil è conseguente alla crescente ansia per la sicurezza incrinata dalla guerra in Ucraina. 

Michito Tsuruoka, professore associato di gestione delle politiche presso la Keio University di Tokyo: “Che i politici giapponesi o i cittadini lo vogliano o meno, Tokyo dovrà assumersi maggiori responsabilità in materia di sicurezza nella regione, data l’ascesa della Cina, i programmi missilistici e nucleari della Corea del Nord e il relativo declino del primato degli Stati Uniti nella regione“.

Cresce nel Paese la preoccupazione per l’attività aerea e marittima cinese vicino alle Senkaku, una catena di isolotti disabitati nel Mar Cinese orientale, amministrati dal Giappone ma rivendicati dalla Cina. Nonostante il Giappone abbia già implementato sistemi di difesa missilistica, è indietro rispetto ai suoi rivali.

Alcuni analisti sostengono sia in piena attività una nuova corsa agli armamenti del nord-est asiatico.

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