Due giudici uccise a Kabul

Le magistrate della Corte Suprema sparate mentre si recavano al lavoro.

GP

L’Afghanistan, di recente oggetto di un’ondata di omicidi, oggi si tinge nuovamente di sangue.

Stamane alle 8,30 ora locale (5,30 in Italia) un gruppo di uomini armati hanno bloccato ed aperto il fuoco sull’auto che accompagnava le due giudici della Corte Suprema al lavoro.

Entrambe le alte magistrate sono morte ed il loro autista è rimasto ferito gravemente.

Nessun dubbio sulle motivazioni terroristiche del gesto, che al momento non risulta ancora rivendicato da qualcuna delle tante fazioni che si contendono il dominio del Paese, incutendo terrore.

L’Afghanistan è stato per troppo tempo teatro di guerre sanguinose volute e scatenate dalle grandi potenze mondiali che su uno scacchiere lontano dai propri territori trovava comodo giocare la partita del dominio internazionale.

Non è facile che un Paese, dove essere un buon guerriero è ancora per molti, troppi, la migliore qualità auspicabile, riesca a riappacificarsi in tempi ragionevoli. Il male e l’odio seminati per troppi anni producono i loro frutti amari.

Intendiamoci, ci siamo sforzati di dare un quadro dell’ambiente in cui l’episodio criminale è stato concepito e portato a compimento, nella ricostruzione che ho appena fatto non una parola di assoluzione per quel gesto. Il terrorismo, ovunque si manifesti, va condannato senza se e senza ma.

Non posso chiudere senza rilevare una sorta d’ingenuità fanciullesca da parte dello Stato Afghano: in un territorio recentemente divenuto protagonista di una crescita esponenziale di omicidi ed un’escalation di violenza inaudita, mandare in giro alti magistrati e funzionari di alto livello dello Stato senza adeguata scorta è l’equivalente di una condanna a morte.

Non ho gli elementi per concludere che sia stata una scelta dolosa, penso piuttosto che sia frutto di impreparazione e superficialità degli apparati di sicurezza: un mestiere che non s’impara in due giorni.

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