Telefonata tra Biden e Putin

La seconda in un mese. La prima fu effettuata in video conferenza il 7 dicembre

Gianvito Pugliese

Ieri alle 20,35 (ore 21,35 in Italia) Joe Biden e Vladimir Putin hanno cominciato a parlarsi telefonicamente, per la seconda volta nel mese. La telefonata è durata, secondo fonti della White House, 50 minuti. Biden ha effettuato la chiamata da Wilmington, Delaware, dove si trova per trascorrere il Capodanno. La conversazione mirava a “raggiungere un compromesso” sull’Ucraina e discutere le garanzie per la sicurezza della Russia.

Da un lato Washington teme che le ingenti truppe russe ammassate al confine possano non essere solo un gesto muscolare della Russia nei confronti degli ucraini, com’è nelle corde delle politica praticata da Putin nei confronti dei Paesi dell’ex Repubblica Sovietica, e mentre minaccia ulteriori sanzioni a Mosca, se non verranno ritirate in breve tempo, ipotizzando il peggio, cioè l’invasione dell’ucraina per opera dell’Armata rossa, avvisa Putin che dovrà attendersi dagli Stati Uniti una risposta “in maniera decisa”. Se militare o economica Washington non l’ha precisato, ma dal momento che Biden aveva parlato di ulteriori sanzioni alla Russia, solo che l’apparato militare dei russi al confine non venisse subito smantellato, appare evidente che la reazione “decisa” non potrebbe che essere militare da parte degli Usa in difesa dell’integrità territoriale di un Paese amico. Biden avrebbe anche esternato a Putin che qualsiasi progresso nelle relazioni diplomatiche tra Washington e Mosca è condizionato alla de-escalation in Ucraina.

Dal canto suo Putin, secondo il consigliere per la politica estera di Putin, Yury Ushakov, che ha comunicato che il Cremlino (cioè Vladimir Putin) è complessivamente “soddisfatto” del colloquio, avrebbe risposto a Biden che ulteriori nuove sanzioni alla Russia rischierebbero di portare a una “rottura completa” dei rapporti tra la Russia ed il mondo occidentale, Putin avrebbe anche incalzato Biden a fornire adeguate garanzie sulla sicurezza del suo Paese, che i russi ritengono non poter essere rinviate all’infinito.

Ushakof è stato categorico coi giornalisti: “Abbiamo bisogno di un risultato e spingeremo per un risultato sotto forma di garanzie per la sicurezza della Russia”. Ed in merito alle sanzioni: “Questo sarebbe un errore colossale che potrebbe portare a gravi – le pù gravi – conseguenze. Speriamo che ciò non accada”, Alla domanda rivoltagli sulla disponibilità della Russia “ad accettare un compromesso” ha risposto: “Che cos’è un compromesso? Naturalmente, i negoziati significano che terremo conto delle preoccupazioni americane”.

E Mosca, in previsione di questo secondo colloquio aveva pubblicato una lista di richieste a Nato e Usa per ottenere quelle che reputa le necessarie garanzie alla sua sicurezza, a cominciare dalla limitazione del ruolo dell’Alleanza Atlantica in Ucraina e in tutto lo spazio ex sovietico. Tema un tantino delicato. La caduta ed il disfacimento dell’Unione delle Repubbliche socialista sovietiche, in una parola URSS, è un fatto avvenuto e storicamente acclarato, Pretendere da parte dei russi di poter esercitare ancora un’immutata influenza su quei Paesi, considerati da Putin “cosa sua” non sta in piedi. Putin ha basato gran parte della sua propaganda politica interna ad apparire agli occhi dei russi il restauratore della Repubblica Sovietica, colui che renderà di nuovo la Russia padrona di tutti i territori persi.

Ma per Biden conta poco. Come dire? Problemi di Putin e della propaganda del Cremlino. La realtà è ben diversa da quella che Putin, il nuovo zar, ammannisce ai suoi sudditi, e di quella realtà si deve discutere non di altro, tantomeno delle pie illusioni che il popolo russo si è bevuto più della Vodka.

Di buono è che un passetto avanti nei rapporti c’è stato e che entrambi i Paesi ed i loro leader vogliono portarlo oltre. La sottile partita di scacchi tra miglioramento dei rapporti e concessioni da fare è appena iniziata ed in pieno svolgimento. Sarà interessante seguirla.

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