Le reliquie di San Nicola, il conto “Imperial” e gli interessi di Mosca

Generali Italiani e imprenditori romani leve d’affari di Vladimir Putin in Italia

Lidia Petrescu

Nella sedicesima udienza, quella di ieri 19 maggio, si è concluso l’interrogatorio del cardinale Angelo Becciu al processo vaticano originato dalla compravendita di un immobile londinese. Ed è stata un’udienza ancora molto tesa, con molti scontri tra il promotore di giustizia, Alessandro Diddi, e le difese del cardinale. Becciu, interrogato in tutto per più di 20 ore, in tre distinte udienze, ha letto in aula una dichiarazione in cui si è detto “umiliato” per il trattamento riservatogli in alcuni passaggi dell’interrogatorio. “Mi duole dirlo, ma sono state avanzate domande, da parte dell’Ufficio del Promotore, che hanno leso la mia dignità sacerdotale e la mia onestà personale“, le parole dell’ex sostituto della Segreteria di Stato, che continua: “Sono stato platealmente apostrofato di far finta di non intendere o non ricordare, si è addirittura dubitato sulla mia rettitudine nel gestire offerte ricevute dai fedeli, si è cercato di carpire la mia buona fede presentandomi documenti non firmati o di dubbia attribuibilità con premesse nocive per il mio sforzo mnemonico, esulando così dai fatti su cui sono chiamato a difendermi“.

Io non sono certamente un esperto di diritto – ha aggiunto -, ma non posso consentire che si espongano, strumentalizzandoli, fatti ed argomenti, che ritengo assolutamente estranei alle accuse e che offendono la mia dignità cardinalizia e, tramite essa, la Chiesa tutta“. Pertanto, ha concluso, “mi limiterò a rispondere esclusivamente – per quanto riguarda l’accusa relativa alla Spes – alle domande afferenti i due pagamenti effettuati nel 2015 e nel 2018 (rispettivamente 25 mila e 100 mila euro, ndr). Rimango ovviamente a disposizione del Tribunale e delle parti esclusivamente per le accuse sulle quali sono stato chiamato a rispondere nel processo“.

Per quanto riguarda la compravendita del palazzo di Sloane Avenue a Londra, il cardinale ha ribadito che nessuna segnalazione di criticità gli era stata fatta dall’ufficio amministrativo diretto da monsignor Alberto Perlasca. E che se queste criticità gli fossero state sottoposte, avrebbe, immediatamente, convocato una riunione per cercare di trovare una soluzione.

Ma il fatto più eclatante riguarda una memoria di Cecilia Marogna, depositata dal suo avvocato (ma non letta in aula), in cui si dice che alcuni emissari russi, che le erano stati presentati dall’imprenditore romano Piergiorgio Bassi, vicino – sempre secondo quanto afferma Marogna – ad alcuni generali italiani, chiesero di incontrare l’allora sostituto Becciu. I due si presentarono come delegati per le questioni estere del presidente Putin e tramite Marogna e Bassi chiesero informazioni su un conto denominato “Imperial”, che asserivano essere presente presso lo Ior. Marogna chiese a Becciu di verificare e lui (è sempre la versione della donna) “si rese disponibile ad interfacciarsi direttamente con il direttore generale dello Ior, il dott. Gian Franco Mammì“. La risposta ricevuta qualche giorno dopo riportava l’inesistenza del trust “Imperial” di cui Bassi “fornì solo il nome e non ulteriori dati per poter eventualmente approfondire una ricerca più specifica“.

L’incontro con Becciu avvenne, invece, in seguito all’altra richiesta dei due, cioè quella -decisamente sacrilega ed oscena- di ricevere in dono le reliquie di San Nicola, che nel 2017 erano state portate in Russia per la venerazione dei fedeli. Atto molto apprezzato sia da Kirill, che da Putin, che secondo Marogna è devoto del santo. Tuttavia, fu lo stesso Becciu a riferire agli emissari di Putin che chi poteva donare le reliquie era solo il loro custode, l’arcivescovo di Bari-Bitonto, all’epoca Francesco Cacucci. Quest’ultimo si disse indisponibile a donare le reliquie “in modo permanente“, un atto che a Bari “sarebbe stato considerato inopportuno”. L’imprenditore Bassi, secondo Marogna, ne rimase contrariato. Gli fu, comunque, suggerito di far inviare direttamente, tramite appunto i suoi “partner russi“, una lettera ufficiale del patriarca Kirill alla Segreteria di Stato vaticana. Ma l’ipotizzata lettera non arrivò mai alla Segreteria di Stato ed in merito alla vicenda, alla fine dell’udienza. il cardinale Becciu ha detto ai giornalisti che quello con i russi era “un incontro riservato” e non ne ha voluto “fare menzione“.

Al tribunale, opponi la riservatezza dell’incontro? Non è che non capisci di diritto è che vi marci.

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