Trentacinquenne avvocatessa trucidata a Roma dall’ex compagno

Fermato dalla polizia, dopo una fuga in auto, un ingegnere sessantunenne che avrebbe aperto il fuoco con una pistola uccidendo la vittima davanti al ristorante in cui avevano litigato .

La redazione

L’Appio-Tuscolano, nel quadrante sud di Roma, è stata la scena del delitto dell’ennesimo femminicidio, Vittima una avvocatessa trentacinquenne. Martina Scialdone.

L’ha trucidata sparandola con la sua pistola, Costantino Bonaiuti ex compagno della vittima, ingegnere e sindacalista di Assivolo. E’ questo il tragico epilogo di un incontro in un ristorante di viale Amelia, a pochi passi dalla fermata della metropolitana Furio Camillo, dove i due si erano incontrati nel tentativo di salvare un rapporto, ormai praticamente finito. La donna voleva interromperlo, mentre l’uomo, descritto dai conoscenti come geloso e possessivo, non intendeva lasciarla andare.

Il colloquio, che gli ospiti ed il personale del ristorante definiscono “inizialmente dai toni pacati”, è poi degenerato violentemente. Tanto che il titolare del locale a chiesto ai due litiganti di lasciare la sala, isto che disturbavano gli altri ospiti. La vittima, secondo gli inquirenti, “avrebbe tentato di nascondersi nel bagno, ma i responsabili del locale l’avrebbero fatta uscire e fuori c’era l’uomo ad aspettarla“.     

L’ex compagno dell’avvocatessa, ha estratto repentinamente la pistola ed ha aperto il fuoco attingendo la vittima ed uccidendola. Nel frattempo è sopraggiunto il fratello della vittima, a cui evidentemente Martina aveva chiesto aiuto.

L’assassino, scusate ma definirlo “presunto assassino” ci sembra una intollerabile ipocrisia, si è quindi dato alla fuga in auto dirigendosi verso via Tuscolana, inseguito dalla Polizia che lo ha fermato in zona Colle Salario-Fidene. 

Sequestrata l’arma del delitto, una pistola detenuta dall’uomo per uso sportivo. Sconvolti i colleghi della vittima.

In un’intervista all’AGI l’avvocato Giulio Micioni, pure  dello studio legale dei Parioli dove lavorava la vittima: “Per me è morta una persona di famiglia. Stiamo tutto il giorno insieme e quindi si crea un rapporto che va oltre la semplice professione: martedì scorso eravamo andati a ballare al Piper per una festa e due giorni dopo era stato il mio compleanno e avevamo festeggiato allo studio: avevamo finito io e lei la bottiglia. Era sempre solare, sorridente. È stato un fulmine a cielo sereno, non sapevo nulla di questa relazione: sono cascato dalle nuvole, si occupava di diritto di famiglia, chissà quante volte le sarà capitato di vedere donne maltrattate dai compagni. Ieri ci siamo salutati perché era fine settimana, dovevamo vederci lunedì e invece non la vedrò più”.

Un grosso problema, quello dei delitti consumati nei confronti di persona più deboli, quantomeno fisicamente, bambini, donne, anziani, spesso epilogo di violenze domestiche, che la normativa sul femminicidio non ha affatto risolto. Resterebbe prioritaria la prevenzione, ma sembra sia l’ultima delle preoccupazioni delle forze dell’ordine, E’ vero che molti non denunziano, ma anche dove ci sono le denunzie la protezione dell’eventuale vittima è del tutto carente. Magari, ai cittadini in nome dei quali si dire di governare, la cosa interessa un poco di più delle vicende dei “pirati” delle Ong impegnate nei salvataggi in Mediterraneo.

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