Sant’Erasmo invernale e Giuseppe Perniola, il sergente della rivolta…

Il perchè si festeggia sant’Erasmo anche il 10 dicembre oltre al 2 giugno

Rocco Michele Renna

Nel 1860, anno dell’Unità d’Italia, Garibaldi ed i suoi mille scacciarono il Re Delle Due Sicilie Francesco II di Borbone (Francesco d’Assisi Maria Leopoldo, nato a Napoli, il 16 gennaio 1836 e morto ad Arco, il 27 dicembre 1894). Costui era soprannominato Franceschiello dal popolo, secondo alcuni era un nomignolo affettivo, ma secondo la storiografia ufficiale, in senso dispregiativo. Al suo posto salì al trono Vittorio Emanuele II, primo re dell’Italia unita.

Il dieci di dicembre dello stesso anno Santeramo si ribellò a questa invasione e latrocinio mascherata da ferventismo unitario e tutti gridavano «Abbasso Vittorio Emanuele, evviva Frangeschielle che verrà a liberarci!».

Questi patrioti legittimisti, definiti facinorosi o “briganti” dai lealisti italiani, armati di fucili e falcioni e capeggiati da Giuseppe Perniola, ex sergente dell’esercito duosiciliano, andarono al comune, cacciarono dall’ufficio le “coppole rosse” (le guardie nazionali che sostituivano la gendarmeria borbonica, così chiamate per il loro berretto rosso alla garibaldina), fecero a brandelli la bandiera tricolore e issarono al suo posto una bandiera bianca con l’immagine di santa Maria Cristina.

Cosa accadde realmente e chi era Giuseppe Perniola? Oggi, il 10 dicembre, si festeggia il Patrocinio di Sant’Erasmo, il così detto “Sand’Aràseme Vernine”. Si tratta di una ricorrenza religiosa iniziata nel 1861 e che ha alle sue origini una ribellione avvenuta l’anno prima, nel 1860. Tra i protagonisti di tale vicenda vi fu il sergente borbonico Giuseppe Perniola.

Sergente Perniola, Archivio Paolo Spinelli

Giuseppe Perniola nacque a Santeramo il giorno 11 febbraio 1827 da Luca Perniola e Angela Nuzzi, come indicato nel libro di Paolo Spinelli. Dal 1854 faceva parte del corpo militare del Regno delle Due Sicilie, servendo il governo borbonico fino ad ottenere il grado di Secondo Sergente.

Come sappiamo, alla morte di Re Ferdinando II di Borbone, il 22 maggio 1859 gli successe il figlio ventitreenne Francesco II di Borbone che sposò la diciottenne Maria Sofia di Baviera, sorella della Principessa Sissi. Il Regno delle Due Sicilie guidato da un Re così giovane fu un bersaglio appetibile dal cugino Vittorio Emanuele II e da Cavour…

Dal mese di luglio 1859 a Santeramo ricoprì l’incarico di sindaco il filoborbonico Orazio De Luca, confermato anche per l’anno seguente.

Giuseppe Garibaldi con i suoi uomini arrivò a Marsala l’11 maggio 1860. In questo periodo vennero istituite in ogni comune delle giunte e commissioni provvisorie. Contro i favori dei santeramani dall’11 agosto venne incaricato Luigi Sava come nuovo sindaco. Intanto Garibaldi giunse a Napoli il 6 settembre e con la caduta del Regno Borbonico e l’impresa di Garibaldi che procedeva, il Reggimento 3° Btg. Cacciatori di cui faceva parte il Perniola, venne sciolto, e senza possedere alcun documento militare tornò a Santeramo. Era il 5 novembre 1860.

Dopo qualche settimana vi fu una serie di eventi che portarono Santeramo in una situazione di tumulto. Il 9 dicembre 1860 si diffuse la voce che il giovane Re Francesco II di Borbone, in ritirata davanti all’avanzata di Garibaldi, fosse tornato per continuare a regnare. I Santeramani, filoborbonici, iniziarono ad assembrarsi per le strade del centro storico. Verso le ore 18:15 Giuseppe Perniola era a cena con la famiglia. A casa sua si presentarono Sante Stano e Michele Sansulli, i quali gli dissero di seguirli verso il corpo di guardia.

Giuseppe Perniola era riluttante e non si spiegava la ragione di questa richiesta, ma alla fine insieme al fratello Francesco Perniola seguì i due. I simboli Savoia che erano presenti presso il corpo di guardia erano stati sostituiti con stemmi borbonici, con i quadri di Francesco II e di Maria Sofia di Baviera. Qui trovò soldati sbandati, con le loro armi, e chi aveva solo falcioni e scuri, comandati da Rocco D’Ambrosio, che gli disse di star seguendo gli ordini del Giudice Regio Luigi Dell’Uva, che però non era presente.

Alla fine accettò di diventare capo della rivolta. I santeramani disarmati che sostavano davanti al corpo di guardia chiesero al Sergente Perniola di essere armati. Il suo primo atto fu quello di mettere per iscritto quello che stava accadendo, in un messaggio rivolto al giudice Luigi Dell’Uva.
  “Accantonamento di Santeramo Sgr Mi onore a darmi conoscenza al di lei Superiore, io entro nel corpo di guardia questa sera, a pramo da lui li armi del nostro Sovrano francesco II La prego di venire la Signoria Sui, altrimenti mi manca  armi e munizioni
Giuseppe Perniola Sergente”
(preso da un cartiglio molto alterato).

Poco dopo il sergente incontrò il giudice a cui disse: “Io ho da Francesco II carta bianca; datemi tutte le armi colle buone o  io  agisco anche contro. Se non la facevate voi la rivoluzione l’avrei fatta io; io sono Francesco II “. Luigi dell’Uva dopo alcune parole di apprezzamento lo invitò alla calma e a non disturbare le famiglie più facoltose, ma la richiesta fu vana. Durante la notte i rivoltosi rastrellarono Santeramo in cerca di armi da requisire con la forza, gridando “Viva Francesco II! Viva Sant’Erasmo! Viva i liberali!” tra il suono delle campane e gli spari di mortaletti.

Per il giorno dopo, il 10 dicembre 1860, il sergente Giuseppe Perniola si adoperò per avere il consenso dal Sindaco e dal giudice Regio per chiedere poi all’Arciprete Matteo De Luca di fare una processione in paese. Il tutto venne organizzato con bandiere bianche, simbolo borbonico, con luminarie a olio e petrolio per le strade del paese, e con la banda musicale.

Pensando che Francesco II di Borbone sarebbe ritornato, in segno di ringraziamento e devozione portarono sant’Erasmo in processione, ma fu a quel punto che ebbe luogo qualcosa di inatteso: arrivati in zona Sava (ora via Ladislao) dai tetti di De Laurentis (Laurenze) partì un colpo di fucile.
Il panico la fece da padrone; alcuni correvano, altri gridavano… La festa venne interrotta anche dalla notizia secondo la quale la guardia nazionale (le “coppole rosse”) erano in arrivo da Gioia con i carabinieri e i soldati di Vittorio Emanuele, per sedare la rivolta. 

Il sergente Perniola gridò: «Tutti a combattere!» e i suoi uomini si appostarono nei pressi del cimitero, in via Gioia, pronti a far fuoco, ma in quel frangente arrivò il giudice regio di pace Luigi Dell’Uva che disse: «Fermatevi! Non sparate, siamo tutti fratelli!». Ma come costui si girò fu sparato a tradimento alle spalle e morì all’istante. 

Da Altamura arrivarono i cannoni che erano pronti per sparare su Santeramo. Si dice che il cannone era già pronto al fuoco, ma si inceppò, e Santeramo non subì danni, questo, si dice, per intercessione di Sant’Erasmo. La rivolta venne così sedata, e i rivoltosi arrestati. I santeramani, in segno di riconoscenza a Sant’Erasmo, fecero una richiesta formale in una lettera scritta in latino nel 1861 per istituire una seconda festa proprio per il 10 dicembre. Esattamente si tratta del “Decreto della Sacra Congregazione dei Riti” ritrovato presso l’archivio della Chiesa sant’Erasmo.

Da: Il Sergente Romano, Antonio Lucarelli, Palomar, 2003, p. 23
I contadini, capitanati dal sergente Perniola, inalberarono i vessilli borbonici, danno fuoco al corpo di guardia, bruciarono fra osceni schiamazzi l’effige di Garibaldi e Vittorio Emanuele; e per un’intera notte, fra il suono assordante delle campane, si aggiran per le vie, gridando: “Viva Francesco II! Viva Sant’Erasmo, nostro protettore! Abbasso i liberali! “.
Accorrono le guardie nazionali della finitima Gioia del Colle; Ma sono costretti a retrocedere dinanzi al grande numero dei ribelli. Nel breve conflitto cade al suolo, colpito da una fucilata, il giudice Dell’Uva, mentre s’incammina alla volta dei Gioiesi al fine di metter pace fra le opposte schiere ed evitare una effusione di sangue fraterno. Le  turbe reazionarie, imbaldanzite dai primi favorevoli successi, tornano a battersi con bravura contro una colonna di milizie civiche altamurane, sostenendo per quattro ore ininterrotte un fuoco vivo di fucileria; ma poi, spaventate dal rombo dei cannoni, disertarono la difesa e volgono le spalle, disperdendosi nei campi e nelle case.
In seguito il tribunale di Trani si occupò del processo ai ribelli, e dopo circa un anno dai fatti, il 19 dicembre 1861 vi fu il verdetto di condanna per 25 rivoltosi, e per Giuseppe Perniola, condannato a 16 anni di lavori forzati.

Quell’ultimo verso afferma quindi che il sergente morì in galera. Si tratta solo di voci messe in giro da chi nutriva risentimenti nei suoi confronti o fu davvero così?
Questo non corrisponde alla realtà, dato che ci sono dei documenti che provano la sua attività fuori dalle carceri diverse decine di anni dopo i tumulti.

Da un Atto di matrimonio del 1886 tra Giuseppe Perniola e Gaetana Natuzzi, risulta che il 22 maggio Giuseppe Perniola si sposò, tra l’altro con una donna molto più giovane di lui, Gaetana Natuzzi, una donna di casa di 28 anni, mentre lui ne aveva più del doppio, ben 59. In tale documento risulta anche che Giuseppe Perniola svolgeva la professione di bottegaio.
A questo punto è chiaro che non fosse più in prigione e che aveva ripreso una vita “normale”, rimanendo a Santeramo.

Da un Atto di morte di Giuseppe Perniola nel 1918 risulta che il Perniola si spense a Santeramo il 19 ottobre 1918 alla veneranda età di 91 anni (nell’atto si indicano 85 anni). Era residente in Via Gioia e aveva svolto la professione di operaio.

Da allora è rimasta radicata nella devozione santeramana la festa di sant’Erasmo vernine e, come scrisse il nostro poeta “Di Leone” nella sua poesia La storje de sant’Araseme vernine: «Festa sì, ma senza preggessione e ssenza battarì».

Fonti consultate:

  • ·       La sommossa del 1860 a Santeramo in Colle ed il processo ai ribelli, Paolo Spinelli, Edizioni del Liocorno, Fano, 1966;
  • ·       Il Sergente Romano, di Mario Guagnano, Rocco Biondi, gennaio 2015;
  • ·       10 Dicembre 1860 Santeramo insorge al grido di “Viva S. Erasmo viva i Borboni”, Francesco Massaro;
  • ·       Il Sergente Romano, Antonio Lucarelli, Palomar, 2003, p. 23;
  • ·       La stòrje de Sand’Aràseme Vernine, Francesco Alberto Di Leone, 198;
  • ·       Archivio provinciale di Bari, Processi penali di Corte di Assise, XVI, 14; XL, 2; XLI, 3;
  • ·       Archivio comunale di Gioia del Colle;
  • ·       Brigantaggio 1861 tratto e adattato da Il Sergente Romano, Antonio Lucarelli, Palomar, 2003, p. 23;
  • ·       Periodico a diffusione interna dell’Università della Terza Età di Santeramo in Colle (BA) – Anno XIII n. 20 – Maggio 2016

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