Quando il Vate inventò lo scudetto…

Abbiamo mai pensato alla nostra divisa della Nazionale di Calcio? E soprattutto allo scudetto appuntato sulla maglia azzurra? proviamo a riflettere……

Maria Catalano Fiore

Che il “Sommo Vate” Gabriele D’Annunzio (1863-1938) sia stato un personaggio, eccelso o disdicevole, non ci piove: una specie di moderno “influencer” potremmo definirlo.

La sua figura appare a volte discutibile, anche se è un letterato, ma è anche una delle figure più influenti del suo tempo. Discusso per i numerosi scandali e per la sua vita privata alquanto dissoluta, una lunga serie di relazioni sentimentali, il suo incarnare questo ruolo di maschio esteta, viaggiare e fare esperienze per lo più al limite del lecito. molto propenso anche ai piaceri della tavola, ad esempio ha coniato il nome “culatello” ad un insaccato abruzzese dedicandogli anche un lungo poema.

Definito “Vate”, già in vita, che significa “poeta sacro” basta a farci intendere quanto fosse famoso. Insignito dal re Vittorio Emanuele III del titolo di Principe di Montenevoso, nel 1937 Presidente dell’Accademia d’Italia.

Simbolo di Montenevoso

Tempo fa la nota rivista Focus gli ha dedicato diversi articoli, (aprile 2016) ricordavo qualcosa attinente al calcio, al tifo di questi giorni….e l’ho spulciata un pochino. In effetti è stato proprio Gabriele D’Annunzio a “creare” lo scudetto italiano. Non sarà né la prima e né l’ultima delle sue intuizioni, è stato una vera Star, tanto da venire ingaggiato come testimonial pubblicitario dall’Amaro Montenegro e dall’Amaretto di Saronno.

D’Annunzio, pescarese di nascita, ovviamente come tutti i ragazzi giocava a pallone al mare, pare fosse bravo, ma la sua carriera si infranse nel 1887, insieme a due denti, dopo una caduta. La sua passione per il calcio, lo porta ad organizzare alcuni tornei tra cui uno a Fiume il 7 febbraio 1920.

D’Annunzio Duce di Fiume 1919-1920

In quel momento la città di Fiume, una città portuale dell’alto Adriatico, attuale Rijeka in Croazia, città asburgica con notevoli monumenti e palazzi era occupata dai legionari dannunziani (D’Annunzio l’aveva occupata autonomamente costituendo una dittatura, novello Duce) che per 15 mesi la trasformano in “Città di Vita, Città d’Arte”. Quel 7 febbraio 1920 nello Stadio si affrontano la squadra dei miliziani contro quella locale formata da abitanti della cittadina. I legionari indossano la maglia azzurra della Nazionale, ma il Vate decide di sostituire lo scudo crociato, simbolo dei Savoia con lo scudetto tricolore.

E’ lo stesso D’Annunzio ad appuntare sul petto dei suoi miliziani azzurri lo scudetto di forma “sannitico-antica”, un omaggio all’antichità della sua terra, con i colori della bandiera italiana. Ovviamente la partita fu vinta dai miliziani. Lo Stato italiano interviene per la restituzione della città di Fiume, in un tragico “Natale di sangue”, ma da quel momento lo scudetto verrà adottato sia dalla Nazionale italiana che dalla Squadra Vincitrice dell’annuale scudetto.

D’Annunzio cuce lo scudetto sulle maglie, in una caricatura dell’epoca

La prima società calcistica ad adottarlo fu il Genoa, vincitore di scudetto nel 1925. Il calcio, senza dubbio unisce sempre il popolo italiano, sia in tempo di conflitti che di pandemie e così questa Europa frastagliate e campanilista si ritrova inevitabilmente intorno ad un pallone per provare a rinascere dopo costrizioni e così quei goal degli azzurri diventano un grido di liberazione. L’uomo libero dovrebbe sventolare più spesso il suo vessillo ed avere una identità.

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