Le donne di Picasso, il suo lato oscuro

Da Miguel Gomez, un articolo-lezione di storia dell’arte se non proprio di storia in senso lato. Scritta da chi certi personaggi ha conosciuto, traendone lezioni di vita e di tecnica artistica.

Miguel Gomez

Pablo Picasso è tra i pittori più importanti del ‘900. Una personalità sovrastante, che spesso si scaglierà, travolgendole, sulle donne che ha frequentato, spingendole in un abisso di odio e amore. “Le donne sono macchine costruite per soffrire”, questa la legge di Picasso. Le divise in due categorie ben definite, affermando che “esistono solo gli zerbini e le dee”. Ma l’origine dei suoi rapporti travagliati con le donne affonda le sue radici ben più in profondità rispetto alle prime infatuazioni amorose, basti pensare al cognome stesso dell’autore, acquisito dalla madre, Maria Picasso, donna con cui aveva un legame affettivo al limite dell’ossessione e per cui nutriva una stima immensa, solo con lei, ebbe sempre un comportamento ineccepibile e non si può dire lo stesso delle donne che coinvolse nelle sue relazioni sentimentali.

«Morirò senza avere mai amato», dichiarò un furioso Picasso a Françoise Gilot, l’unica donna che si sottrasse al massacro psicologico a cui l’artista sottopose tutte le sue conquiste femminili. Donne che furono fonte di ispirazione, legate, ognuna, ai successivi cambiamenti di stile, come rimarcò anche il mercante Kahnweiler: «Non ho mai visto un’arte così fanaticamente autobiografica. Non c’è figura femminile che non sia il ritratto dell’amata di quel momento».

Pablo Picasso nacque nel 1881 a Malaga e a 19 anni si trasferì a Parigi, dove il suo talento iniziò a sbocciare. In questo contesto conobbe la sua prima musa, Fernande Olivier. Si incontrarono nel 1904, lei divenne la sua musa per qualche dipinto, ma l’incubo della gelosia di Pablo venne subito a galla obbligando Fernande a posare in esclusiva per lui. Lei accettò e divenne ispirazione, lo segui per ben otto anni, attraversando il periodo rosa e cubista, oltre ad aiutarlo ad uscire dalla depressione del periodo blu. Fernande venne abbandonata nel 1912, senza scuse: in quegli anni si affacciava il successo e la vita di Picasso iniziava a cambiare. Fernande invece morì in totale povertà nel 1966, e quella che pareva una storia sfortunata assunse il valore di monito per le future donne del pittore, che bruciava chi entrava in contatto con lui. La seconda donna importante della sua vita arrivò nello stesso anno in cui lasciò Fernande, Marcelle Humbert, ribattezzata dal pittore Eva. Picasso le confessa “Tu sei Eva e per me il mondo comincia adesso”. In quel periodo i suoi quadri parlano di un eros forte e con colori vivaci. Ma anche questa volta la storia finisce in modo tragico. La giovane Eva muore nel 1915 di tubercolosi. Pablo accusa il colpo e, nonostante tutto, durante la malattia di Eva si accompagna con altre donne.

Tempo dopo nel 1917 durante la lavorazione delle scenografie dello spettacolo “parade”  di Cocteau, Picasso ebbe occasione di conoscere una ballerina russa, Olga Khokhlova,  Pablo decise di ributtarsi in un rapporto complesso a due anni dalla scomparsa di Eva. L’anno successivo decise di sposarla e nel 1921 arrivò il primo figlio, Paulo. La Khokhlova fu la donna che introdusse Picasso nell’alta società parigina, ma proprio questo fu motivo spesso di discussioni feroci. Il pittore non era incline ad avere sempre un comportamento frenato e moderato, anzi aveva uno spirito piuttosto bohémien.

Ma Pablo nonostante tutto non riuscì a tenere a freno le sue pulsioni amorose.  La vita matrimoniale non fa per lui e ben presto fa irruzione Marie-Thérèse Walter, una minorenne vista per strada, all’uscita della Galerie La Fayettes. Picasso la sistemò in una casa di fronte alla sua così da imporre un supplizio quotidiano a Olga che alla fine chiederà il divorzio e lo porterà in tribunale imponendogli la cosa più temuta: la divisione del patrimonio. Olga morirà vent’anni dopo, ormai pazza, mentre la diafana Marie-Thérèse, bionda e occhi azzurri, si suiciderà impiccandosi quattro anni dopo la morte di Picasso, nonostante gli avesse dato un’altra figlia, Maya, fu sostituita dalla bruna e formosa Dora Maar

Nel 1944 il pittore conobbe l’unica donna in grado di lasciarlo durante tutta la sua vita, si tratta di Francoise Gilot. Una giovane allieva ventiduenne quando lui ne aveva già sessantatre. Per Picasso sarà ancora una volta la sorgente per un nuovo impulso artistico. Da lei ebbe due figli, Claude nel 1947 e Paloma nel 1949. Anche con lei Picasso non mancò di comportamenti crudeli e spesso distruttivi. Durante le gravidanze l’artista adorava e viziava la donna e poi appena dopo il parto era solito rifiutarla. Oltretutto pretendeva che si vestisse in modo castissimo per via della sua sconfinata gelosia, mentre lui amava intrattenersi con altre donne. Nel 1953  la giovane trovò finalmente il coraggio di lasciare il grande artista, e sarà l’unica a farlo, tanto da suscitare in lui una rabbia così accecante da renderlo capace di gesti impensabili come spegnergli una sigaretta sul volto.

L’anno successivo incontra Dora Maar a Parigi. Costei era una promettente fotografa. Pubblica le sue prime foto nel 1930 e l’anno seguente lavora con il fotografo ungherese Brassaï. Nel 1931, in società con Pierre Kéfer, apre uno studio fotografico, operando nel settore della moda e della pubblicità, firmando le sue foto Kéfer-Dora Maar. Di estrema sinistra, diviene famosa con la sua Rollei, per le istantanee che ritraggono la mondanità francese. Le sue foto vengono pubblicate su riviste prestigiose come Madame Figaro. Diviene prima la compagna del cineasta Louis Chavance, e in seguito del poeta Georges Bataille. Espone all’Internazionale della fotografia di Bruxelles e alla mostra dello studio Saint-Jacques per la “Costituzione degli artisti Fotografi”. Georges Bataille la introduce nella cerchia dei surrealisti, dove conosce Breton, Eluard, Leiris, Man Ray. Prende parte all’attività del gruppo con alcune foto e fotomontaggi; ritocca i negativi, utilizza solarizzazioni, collage, fotomontaggi e sovrapposizioni. Quindi Dora era già un artista affermata prima di incontrare Picasso.  La storia dell’incontro già la dice lunga su che personaggio fosse: lei era seduta in un caffè e con un coltello giocava a prendere la zona vuota tra le dita ma spesso finiva per prendersi le dita stesse. E così al termine del suo gioco perverso Picasso le chiese il guanto insanguinato che indossava. Questa sarebbe stata una scommessa, un esperimento, quello di riuscire a convivere per la prima volta con una donna intellettuale, intelligentissima e culturalmente molto stimolante. Da parte sua Pablo non le diede la tranquillità sperata, anzi. La costrinse ad abbandonare la fotografia e a farle riprendere al pittura riempiendola di critiche distruttive: “Tanti segni per non dire niente”. Le continue provocazioni dell’artista la fecero completamente impazzire. “Le donne sono macchine costruite per soffrire” questa è la legge di Picasso. Libertino, infedele, amante delle situazioni complicate e rischiose, appunto come quella di fare incontrare le sue amanti, e infatti Picasso ricordava come uno dei giorni più belli della sua vita la rissa fra Dora Maar e Marie-Thérèse Walter. Una crudeltà e una mancanza di rispetto nei confronti di entrambe le donne.   La stessa Dora Maar arrivò a dire di Picasso che “non è un uomo, è una malattia”.  Pensate proprio grazie a Dora dobbiamo gli scatti in fase di produzione del suo quadro più famoso, Guernica.

E qui su Guernica sveliamo un altro bluff cinico di Picasso   

Pablo Picasso era un grande appassionato di corride e rimase sconvolto dalla tragica morte di un suo beniamino il famoso torero Joselito. Per celebrare la memoria di questa tragedia, mise in cantiere un’enorme tela di 8 metri per 3 e mezzo, che riempì di figure tragiche e quando l’ebbe finita  la chiamò la morte del torero Joselito.

Era il 1937, in Spagna c’era la guerra civile e il governo socialcomunista si rivolse a Picasso per avere da lui un quadro per il padiglione repubblicano all’Esposizione Universale in programma a Parigi per l’anno dopo.

Picasso (che diventerà, non a caso, uno degli artisti più ricchi della storia) osservando l’opera della morte del torero ebbe una pensata geniale: fece qualche modifica alla tela e la rinominò Guernica (dal nome della città basca bombardata dall’aviazione tedesca e italiana) e la vendette al governo per la grande cifra di 300.000 pesetas dell’epoca. Qualcosa come 2/3 milioni di euro di oggi che furono versati da Stalin.

Picasso fu estremamente contento, e furono contenti i socialcomunisti, che di quel quadro di tori e toreri ne fecero un simbolo che è giunto sino a noi ed è continuamente riprodotto come simbolo della protesta dell’umanità civile contro la barbarie nazi-fascista. Stando a molti critici d’arte, Guernica è il più celebre quadro del secolo. E, ciò, grazie proprio alla “sponsorizzazione” da parte delle sinistre, a cominciare dai liberals occidentali: la tela picassiana ebbe una sala tutta per sé al Metropolitan Museum di New York e vide milioni di spettatori

Oggi la tela è spiegata cosi.  un esempio a caso – della pur pregevole enciclopedia Rizzoli-Larousse che al dipinto dedica oltre venti righe, in cui si dice, tra l’altro: “Motivo centrale, l’angoscia della testa del cavallo che sovrasta il duro lastricato dei cadaveri: in alto, a sinistra, l’antico simbolo della violenza, il Minotauro”

Ora, il presunto “Minotauro” altre non è che il toro che uccise Joselito; e il cavallo è quello del toreador ucciso nell’arena. Una storia di tauromachia. dove la “protesta civile”, la “passione politica” non c’entrano nulla, se non, forse, in qualche particolare aggiunto per rifilare il quadro, a suon di miliardi, alla generosa sinistra spagnola.

Dora Maar fu complice silenziosa attraverso le sue foto di questo grande bluff

Ma torniamo alle sue amanti, Ormai ultrasettantenne Picasso non si arrende alle arti amatoriali Nel 1954 incontrò la sua ultima fiamma, una donna divorziata, la ventottenne Jacqueline Roque che nel 1961 sposerà in segreto alle soglie degli ottant’anni (lei ne aveva 35) a seguito della morte di Olga dalla quale non aveva mai divorziato. Ovviamente Picasso si intrattenne ancora con altre donne nonostante l’età avanzata. Ma alla sua morte, nel 1973 all’età di novantadue anni, Jacqueline le stava ancora vicino. Anche Jacqueline si suiciderà, con un colpo di pistola alla tempia nel 1986, dopo aver sbrogliato i complicati problemi dell’eredità del pittore ed essere diventata miliardaria.

Successivamente anche Dora Maar morì sola nel 1997. Dopo aver subito diverse crisi depressive, si sottopose a cure estreme come l’elettroshock e psicoanalisi, ma non si suicidò “per privarlo della soddisfazione di vederla morire per lui”.

E’ incredibile la disperazione che ha lasciato alle sue spalle uno dei più grandi artisti del ‘900, è certo è che il pittore deve molto alle sue muse, vera ispirazione di tutto il suo percorso artistico, sono convinto che senza di loro svanirebbero molti dei suoi capolavori.