Il Gioco dell’Oca: storia, simbologia ed esoterismo

Il gioco dell’oca è uno dei giochi da tavolo più popolari e più antichi. Impegno di tanti pomeriggi autunnali, soprattutto nel periodo di natale a cui ci abbiamo giocato tutti.

Rocco Michele Renna

Il Gioco dell’Oca prende il nome dalle “oche” che appaiono nelle caselle. Lo schema più antico e diffuso del gioco è quello del percorso a spirale, suddiviso in 63 caselle numerate che contengono figure simboliche e allegoriche, mentre nella versione moderna arriva fino a 90

 Il numero dei partecipanti può variare, e ognuno ha a disposizione una pedina che ad ogni turno farà un numero di passi determinato dalla somma dei punti di due dadi. Il percorso effettuato dal giocatore è un viaggio simbolico, che si svolge tra caselle contenenti simboli favorevoli o ostacoli da superare.

Secondo il regolamento del gioco Le caselle che raffigurano l’immagine dell’oca sono considerate liete: chi vi approda salta subito alla successiva casella contrassegnata dall’oca e inoltre rilancia i dadi facendo un altro passo in avanti.

 Il gioco prosegue fino a quando si raggiunge il traguardo centrale, ovvero una casella più grande delle altre, la casella 90, che rappresenta la Porta del Giardino dell’Oca, ma potrebbe fermarsi anche alla 63, decidendolo prima. Per non parlare di tutte le altre caselle in cui si dovrà pagare una penalità ecc.

Un tempo il Gioco dell’Oca ed altri passatempi tradizionali come la Dama e gli Scacchi, avevano uno scopo didattico, erano cioè strumenti finalizzati a trasmettere insegnamenti di valore iniziatico. I bambini, i ragazzi e a volte anche gli adulti, infatti, imparano meglio se vengono stimolati con il gioco. Durante il periodo fascista venne creato un gioco dell’oca “addomesticato” al periodo di guerra chiamato “gioco dell’aquila”.

Gioco dell’Aquila

Alcuni storici credono che il gioco dell’oca abbia un antenato simile nell’Egitto dei faraoni. L’antico passatempo si chiamava Mehen, come un dio-serpente lì venerato: il percorso aveva infatti la forma di un rettile arrotolato, con le squame a fungere da caselle, mentre l’itinerario alludeva a un viaggio iniziatico.

La creazione del Gioco dell’Oca viene attribuita a Palamede, re d’Eubea, del quale si dice che avesse inventato anche altri passatempi per intrattenere i soldati greci durante l’assedio di Troia. Il suo nome greco, Palamédes, significa “l’abile con il palmo della mano” e quindi “l’astuto”.

 Il Gioco dell’Oca inventato da Palamede è molto simile al cosiddetto “Disco di Phaites” del 2000 a.C., scoperto a Creta nel 1908. Si tratta di un disco di argilla cotta, di circa 20 centimetri di diametro, su cui sono incise 61 caselle distribuite a spirale e recanti 242 segni. Vi è certamente rappresentato un percorso, perché si nota una figura umana intenta a camminare, e in alcune caselle sono raffigurati grandi uccelli simili a cigni in volo.

Il gioco dell’oca diviene famoso per essere stato regalato a Filippo II di Spagna da Ferdinando I de’ Medici, nel 1580. Questo nuovo e dilettevole giuoco dell’oca fa presto il giro delle corti europee, divenendo conosciuto e apprezzato da molti.

Il Gioco dell’Oca potrebbe essere quindi l’eredità di un’antica tradizione esoterica: sarebbe una mappa simbolica del viaggio spirituale che l’individuo percorre durante la sua esistenza terrena, fino a giungere, dopo aver fatto esperienza di una morte iniziatica, in seno alla Magna Mater, rappresentata qui dalla Grande Oca centrale.

Occorre sottolineare che l’oca era considerata sacra da alcuni popoli, come ad esempio i Galleci del nord della Spagna (tribù celtica della Spagna preromana), i quali la ritenevano una guida inviata dagli dei per indicare agli uomini il cammino della conoscenza. Nell’antica Roma le oche capitoline possedevano il dono della profezia e custodivano il tempio della dea Giunone.

Sono molti i miti e le leggende in cui oche e cigni appaiono come depositari di una sapienza superiore. Come non ricordare la fiaba del brutto anatroccolo di Andersen? Un triste pulcino di cigno che cammina in solitudine cercando sé stesso senza arrendersi di fronte agli ostacoli, e che alla fine del viaggio sarà ricompensato dalla scoperta di essere in realtà un meraviglioso cigno.

Si potrebbe scorgere una analogia tra la fiaba di Andersen, il Gioco dell’Oca e il viaggio del Matto dei Tarocchi: il pellegrino degli Arcani Maggiori, proprio come il brutto anatroccolo, appare bizzarro e del tutto fuori luogo nel mondo della normalità apparente, ma un giorno si scoprirà che è lui l’unico vero saggio, il magnifico e superbo cigno che neppure il più grande Re del Mondo potrebbe fare a meno di invitare alla sua corte…

Alzi la mano chi non ha mai giocato al gioco dell’oca… Dietro l’apparenza di un semplice passatempo per l’infanzia, il Gioco dell’Oca cela dei significati simbolici, come avviene del resto per molti altri giochi da tavolo e non che affondano le proprie radici nel passato.

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