I nostri amici: Kuno

Strano occhiello. Fu la passione o il caso a fare di me un convinto ed appassionato cinofilo? Me lo chiedo ancor oggi.

GP

Gli animali mi sono sempre piaciuti, al punto che da ragazzo pensavo di fare da adulto il veterinario. Ma siccome sono megalomane, forse per colpa dei miei giochi da fanciullo, appena chiusa la scuola raggiungevamo (mia madre ed io) papà a Napoli, dov’era primo corno della mitica Orchestra Scarlatti. D’estate prove ed esecuzioni si spostavano dalla sede del conservatorio alla reggia di Capodimonte. Luogo meraviglioso. Facevo tenerezza ai custodi della reggia, chiusa al pubblico durante le prove. Avevano il cuore di napoletani ed un ragazzino solo in quel parco enorme andava aiutato. Aprivano per me i saloni della reggia e mi lasciavano giocare dentro. Riposavo su letti reali, mi sedevo sul trono: bhè un bel po’ di megalomania me la sono portata appresso.

Perchè megalomane, perchè da futuro veterinario m’immaginavo a curare non animali domestici, ma bestie feroci ed imponenti, leoni, elefanti, giraffe, rinoceronti. C’era un programma in tv che mi faceva impazzire: Angelo Lombardi, l’amico degli animali. Non perdevo una puntata.

A casa dei miei di animali non si poteva parlare, soprattutto a mia madre. Non so come fu, ma da universitario la spuntai: mi avrebbero comprato e fatto tenere un cane. In tre persone (mio padre era finalmente tornato a vivere con noi) disponevamo di una casa di 270 e più metri quadri. Lo spazio abbondava, poi avevo lasciato (anzi, ero stato lasciato dal primo amore) e insieme a lei avevo perso il primo cane Over, una femmina di pastore tedesco che le avevo regalato e che avevo addestrato discretamente -era la mia prima esperienza-. Lei, Over, mi adorava. La fidanzatina, Lucilla, evidentemente meno. Ero abbastanza depresso, mi scuotevano solo i rally ai quali avevo cominciato a partecipare alla guida della mia Fulvia coupè. Mai arrivato sul podio, sfiorato spesso, salito mai.

Fu quella mezza depressione, fu qualche trenta agli esami, insomma mio padre convinse mia madre a permettermi di tenere un cane. Andando a Roma, deviammo per Agnano, all’allevamento di Monte Spada. Trovai una cucciola meravigliosa era di una bellezza e perfezione inimmaginabile. La comprammo, Saremmo passati a riprenderla al ritorno da Roma, dopo due o tre giorni. Così fu. ma la cucciola non c’era più. Secondo l’allevatore era morta, forse l’aveva rivenduta. Ci offrì di scegliere un soggetto da una cucciolata. Stesso padre, altra fattrice. C’era un signorino più vispo e corpulento di tutti, mangiava per primo, dettava legge in quella gabbia, si chiamava Kuno III di Monte Spada. Ci fermammo poco dopo al un autogrill. Lo tenevo in braccio; Kuno ci lasciò digiuni si fece fuori due piatti di rostbeef e la mozzarella ordinata da mia madre.

Kuno III di Monte Spada

L’appetito non gli mancava. Fu il primo cane che addestrai sul serio. Me lo sgrossò un ex addestratore della Guardia di Finanza, tale Capovivo, ma dopo i rudimenti a perfezionarlo provvidi da me. Era nato per le prove da lavoro, a 12 mesi partecipammo, sempre ad Agnano, al cinodromo, alla sua prima gara di lavoro Enci. Secondo eccellente il risultato. Perse lo spareggio con un cane della GdF di sei anni e mezzo. Fiutò mio padre a bordo campo, che si era spostato sotto vento per riprenderlo e, distratto, esitò un attimo al muro. Poi non ebbe più competitor. Nella nostra casa di campagna viveva da sultano, e gli donai un harem, le prime due fattrici, Bella e Belinda di Villa Gaia. Nacque così, un poco per caso, l’allevamento di Villa Lina. La casa di campagna ha questo nome, che poi è quello di mia madre. E lì dovetti studiare anche tanta veterinaria. Noo! Io studiavo giurisprudenza, ma i veterinari all’epoca, parliamo di quasi cinquant’anni fa, ti davano il vermifugo e l’astringente. Oltre non andavano. Alcune cure le trovai solo su testi tedeschi e farseli tradurre un’impresa. Ma imparai ad arrangiarmi e fare anche piccoli interventi, con l’aiuto di un veterinario amico dei miei genitori, il dott. Antonio (Tonino) Ciccarone, veterinario condotto della zona, che non curava altri se non i cani dei suoi amici più cari, tra i quali i miei genitori.

Ora il mondo è cambiato, alcuni veterinari preparati ce ne sono. Chirurghi raffinati, gastroenterologi capaci e anche altri specialisti. Daltronde a Bari c’è una delle migliori facoltà di veterinaria.

Kuno, che a Villa Lina ha fatto da capobranco per tutta la vita, era rispettato da tutti anche quando negli ultimi mesi di vita gli si paralizzò il posteriore. Una pena vedere un colosso trascinarsi per giocare ancora col pallone quando arrivavo. Ci giocò anche il suo ultimo giorno di vita. Chiesi al guardiano di seppellirlo sotto un albero (credo una quercia o simil quercia enorme) che lui tanto amava, dove si riposava quando facevamo insieme delle escursioni sulla Murgia.

Ho scoperto occasionalmente tantissimi anni dopo, che era stato sepolto nell’aia di casa, circondata da pietre, dove si bruciavano le sterpaglie che la concimaia non riusciva a contenere. Nella brace avevamo sepolto della carne avvolta nella verza, se ben ricordo. Spalando per tirarla fuori è apparso il suo collare. Lo avrei riconosciuto tra tutti. Evidentemente lui era li sotto. E lì ha avuto sepoltura Ella. I due cani più amati, e che più mi hanno amato, è giusto stiano insieme. Alle volte li immagino ad aspettarmi lassù. Sarà una sciocchezza ma ci credo.

Con Kuno non dovevo parlare. Per quanto disobbediente ed intelligente Ella, per tanto obbediente Kuno. I suoi occhi erano puntati su di me. Se c’ero non staccava un’attimo lo sguardo. Un gesto, una smorfia del viso, anche un semplice sguardo e lui sapeva cosa gli chiedevo. Unico Kuno, unica Ella. Ho avuto tanti pastori tedeschi (qualche altra razza di passaggio, escluso un dolcissimo Collie), ne ho allevati di bellissimi, totalmente neri e col carattere dei cani da lavoro. Addestrati tanti. Se Dio vorrà ne avrò altri.

Di entrambi ho tanti episodi da raccontare e penso di farlo. Spero, care lettrici e lettori di non averVi tediato. Se l’ho fatto, chiedo venia. A prestissimo.

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