I miei tre Maestri.

Quinto appuntamento, divenuto una rubrica fissa del giovedì, per la Terza Pagina de La Voce News, con un articolo in esclusiva dell’eccelso flautista Roberto Fabbriciani (in foto di copertina, in un concerto con uno dei suoi Maestri, Severino Gazzelloni)).

Roberto Fabbriciani

Spesso mi chiedono “come hai iniziato a studiare la musica?” “con chi” “perché?” “com’ è iniziata la tua carriera?”.

Sono cresciuto con la musica in casa. Mio padre, Bruno, era un dilettante che suonava, con molta passione, la fisarmonica. Ascoltarlo era sempre una gioia e anche un modo per alleggerire la quotidianità. Avevo otto anni quando decisi di studiare la musica e di suonare uno strumento. Desideravo suonare e leggere la musica. Mio padre era contento di questo, sentiva di avermi trasmesso qualcosa di importante così andai ad iscrivermi ad una piccola scuola di musica che organizzava corsi popolari gratuiti. Ero soddisfatto ed emozionato. Un lunedì pomeriggio di novembre, buio e piovoso, entrai nella segreteria della scuola dove mi accolse il segretario, un signore che a me, dall’alto dei miei otto anni, pareva anziano. Mi domandò quale strumento volessi studiare. Non seppi rispondere. Lui mi guardò fisso negli occhi e, con voce roca e molto sonora, disse: “ti vedo molto bene nel fagotto”.  Non l’avesse mai detto! Mi girai e scappai impaurito. Non sapevo proprio che cos’era il fagotto! Solo il termine mi ricordava cose non belle, faticose e per niente piacevoli. Nulla a che vedere con la mia idea di musica. Piangendo scesi le scale di corsa per ritornare a casa. A testa bassa, deluso, camminavo lungo i muri per non bagnarmi. Avevo fatto poche decine di metri quando, girando l’angolo della strada, mi scontrai con una persona distinta con borsa e ombrello. Mi scusai ma, quella persona vedendomi piangere, mi domandò il motivo. “Che cosa ti è successo?”. Gli raccontai, in qualche maniera, l’accaduto. Con decisione mi disse di seguirlo e ritornammo proprio alla scuola da cui ero scappato. Non volevo rivedere quella specie di orco/segretario che avevo appena lasciato a gambe levate. Il distinto signore rispose: “Non andiamo da lui”. Arrivati alla scuola, entrammo in una grande stanza e mi fece sedere.  Aprì la borsa ed estrasse da un astuccio un oggetto. Lo vidi per la prima volta, era un flauto. Iniziò a suonare e io rimasi incantato! Quella per me era la musica. Mi fece alzare in piedi e, impostandomi, mi fece provare ad emettere un suono con la testata. Che emozione! Provai alcune volte di seguito, su tre registri, basso medio e acuto, il suono cambiava e migliorava. Ero entusiasta. Mi girava un po’ la testa ma quel signore mi rassicurò che era normale. Le vibrazioni del suono, le prime volte, generavano una sorta di stordimento. Tutto bene! Lui prende la testata del flauto, la avvolge in un fazzoletto e me la consegna con la promessa di esercitarmi su quei suoni e di ritornare il lunedì successivo alla stessa ora. Rientrai a casa “volando”. Incredibile, ripensando ancora a quella prima lezione. Dimenticavo, non c’eravamo presentati. I miei genitori volevano sapere chi fosse questo insegnante ma io non seppi dirlo. La settimana fu intensa di esercitazioni “sonore”. Mio padre suonava in famiglia brani piacevoli mentre io facevo andare fuori di testa tutti con insistenti note lunghe e soprattutto “fischi” sul registro acuto. Il lunedì successivo tornai finalmente a lezione. “Sei migliorato, bravo” disse il maestro. Ci presentammo: “Sono Mario”. “Io Roberto, piacere”. Dopo questa seconda lezione c’era piena fiducia e, quello che era diventato il mio maestro, mi consegnò tutto lo strumento, le mie gambe e le mie mani tremavano… Cominciavo ad emettere suoni più gradevoli e anche in famiglia ascoltavano volentieri. Le lezioni continuarono fino ad aprile quando la scuola chiuse. Il maestro non mi abbandonò. Proseguii le lezioni andando da Arezzo a casa sua a Firenze, sempre di lunedì. Questo mi permise di conoscere bene questa generosa e straordinaria persona: il maestro Mario Gordigiani. Era tra i fondatori del Maggio Musicale Fiorentino e primo flauto dell’orchestra di questo prestigioso festival. Aveva studiato con Leopoldo Pieroni, allievo prediletto del grande Giulio Briccialdi il “principe dei flautisti”. Una fortuna per me, ero entrato nell’asse ereditario della grande scuola italiana del flauto. Studiare il flauto mi piaceva, mi dava grande soddisfazione e il maestro Gordigiani mi supportava con professionalità e sensibilità. Bruciando le tappe, mi portò a compimento degli studi curricolari e, da privatista, sostenni gli esami di diploma in Conservatorio. A quel punto il mio sogno di suonare il flauto professionalmente, “di vivere di musica”, lentamente si stava realizzando.  Continuai gli studi perfezionandomi sul repertorio flautistico con Severino Gazzelloni, il mitico flautista dei grandi compositori contemporanei quali Bruno Maderna, Luciano Berio, Pierre Boulez e di tanti altri. Iniziai con lui le lezioni all’Accademia Musicale Chigiana di Siena. Per me si aprì un mondo. Avevo contatti con flautisti e con musicisti che venivano da altri paesi. Esperienze diverse, percorsi diversi che si incrociavano nel comune denominatore dell’amore per la musica, dello studio e del sacrificio. Severino Gazzelloni era un grande musicista e un grande personaggio. Con la sua verve e la sua fantasia ci stupiva e ci coinvolgeva. Per me maestro e anche affettuoso amico. Abbiamo suonato concerti insieme e più tardi mi nominò suo assistente all’Accademia Chigiana. Dopo papà e il maestro Mario Gordigiani fu il terzo, indimenticabile insegnante. La figura che ha suscitato e alimentato il mio interesse verso la nuova musica.

Ringrazio questi tre maestri di musica e di vita che, in modo diverso, mi hanno introdotto e mi hanno incentivato a questo meraviglioso ed amato mondo dell’arte che ancora mi stupisce.

Inoltre ringrazio le persone che hanno creduto in me fin dagli esordi della mia carriera. Tra i primi il maestro Filippo Pugliese, direttore della Fondazione Piccinni di Bari, che mi affidò uno dei miei primi recital.