Hyperion e Don Perlimplin

Roberto Fabbriciani racconta il centenario della nascita di Bruno Maderna.

Roberto Fabbriciani

Quest’anno è il centenario della nascita di Bruno Maderna. Avrei dovuto eseguire la sua musica in alcuni concerti a lui dedicati (il 26 marzo a New York, 21 aprile a Milano, 8 giugno a Ravenna, …) che a causa del COVID 19 sono stati cancellati.

Ho incontrato Bruno Maderna alla fine degli anni sessanta e ho avuto la fortuna di suonare diretto dalla sua prestigiosa bacchetta. Era un compositore straordinario e un grande direttore, maestro dell’avanguardia, maestro di tutti. Brillante ed entusiasta nella vita, nella sua musica la fantasia e l’arte affondavano le radici in una solida base di dottrina e in una profonda conoscenza del repertorio del passato. Per un certo periodo pensò di scrivere per me un nuovo concerto per flauto e orchestra. Dopo la sua morte, grazie all’aiuto della moglie Cristina e dell’amico Christof Bitter, ritrovai la partitura manoscritta del Flötenkonzert (che poi ho eseguito alla Biennale di Venezia nel 1981) e di Musica su due dimensioni del 1952, un brano completamente diverso dal più noto Musica su due dimensioni del 1958.

Più volte mi è stato proposto di interpretare il ruolo di Hyperion e il ruolo di Don Perlimplin. Severino Gazzelloni, il mio maestro, interpretò la prima di Hyperion a Venezia il 6 settembre 1964. Di lui Massimo Mila scrisse: ”… Il poeta, a Venezia, non era nè un cantante nè un attore ma – secondo le moderne concezioni del teatro gestuale, dove gli atti stessi del far musica diventano oggetto della rappresentazione – il poeta era Severino Gazzelloni: in sontuoso abito da sera, andava e veniva sulla scena con studiati indugi, ………..”.

In realtà dopo la prima rappresentazione Bruno Maderna variamente ritoccò e arricchì l’opera. La struttura del lavoro non è concepita tradizionalmente come una vicenda con personaggi e scene ma manca una vera propria trama mentre, centrale ed esaustivo, l’atto stesso dell’esecuzione musicale.

Nel cartellone veneziano l’opera veniva definita: “lirica in forma di spettacolo di Bruno Maderna e Virginio Puecher con un testo di Friedrich Hölderlin e fonemi di Hans Helms”.

“… Maderna fornì alcuni pezzi musicali a un’idea teatrale, affidando il tutto a Puecher perché ne cavasse uno spettacolo…” (Massimo Mila).

Lo stesso Maderna così definisce il soggetto poetico dell’opera: “E’ il poeta, che vive incompreso nel mondo e che a sua volta non comprende il mondo circostante. Due mondi, pertanto, ognuno un caos, eppure ognuno con un alto tipo di organizzazione”.

Questa idea di solitudine, di crisi interiore e di incomunicabilità si identifica con la crisi dell’uomo moderno che non riesce più a dominare la civiltà tecnologica da lui stesso prodotta ed Hyperion è il lamento su questa solitudine.

La collaborazione tra Bruno Maderna e Gazzelloni aveva sancito l’importanza del rapporto compositore-interprete per la nuova musica. La partitura da sola non è sufficiente a comunicare l’idea musicale. E’ necessario l’interprete per attivare quella che Nattiez definisce la dimensione estetica dell’opera d’arte musicale. L’interprete è cantore-accentuatore, è colui che rende viva la partitura e che è partecipe del processo di creazione artistica. Nell’atto interpretativo e nell’atto fruitivo si completa il percorso creativo dell’opera d’arte musicale. Per questo motivo all’interprete è affidato un ruolo di grande responsabilità, oltre all’imperativo di fuggire la banalità e l’ovvietà che annientano l’interesse e negano la curiosità.Il repertorio flautistico maderniano da sempre mi era congeniale: Flötenkonzert, Grande Aulodia, Musica su due dimensioni, Honeyrêves e Ausstrahlung tuttavia l’interpretazione di ruoli nel teatro musicale con la presenza sulla scena comportava problematiche e difficoltà particolari. Ho interpretato Hyperion in una produzione delTeatro di Stato di Freiburg im Breisgau. Questo spettacolo prevedeva un mio alter ego speculare, un attore di prosa.

L’opera fu un successo e la critica l’accolse favorevolmente.

Al clima alienante e angosciante di Hyperion si oppone la favola d’amore di Don Perlimplin.

L’opera radiofonica “L’amore di Don Perlimplino con Belisa nel suo giardino” (1961) reca in partitura il seguente sottotitolo: “Don Perlimplino ovvero il trionfo dell’amore e dell’immaginazione” con l’ulteriore specificazione “ballata amorosa di Federico Garcia Lorca”. Lorca aveva scritto il testo nel 1931 per il teatrino di marionette “los Titeres de Cachiporra” che si era installato nella sua casa di Granada e che lui ammirava come espressione autentica della fantasia popolare.

L’influenza esercitata dalla poesia di Garcia Lorca sulla musica nuova del secondo dopoguerra è un dato di fatto. Per musicisti quali Luigi Nono e Bruno Maderna, Garcia Lorca fu “…la voce della giovinezza e dell’amore: qualcosa come un profumo di primavera, effimero ma ebriante, una stagione breve, appassionata e intensa”. (Massimo Mila).

Don Perlimplin è un trionfo dell’amore e dell’immaginazione giovanile, una sorta di commedia con musica in cui i personaggi (la governante Marcolfa – i due folletti – lo speaker) parlano e non cantano; soltanto Belisa in due momenti eccezionalmente canta. Perlimplin, il protagonista suona. Il personaggio dialoga con Marcolfa, con Belisa attraverso il flauto utilizzando un linguaggio costituito da arabeschi – capriole – mugolii, mentre in partitura le sue parole sono poste tra parentesi.

La partitura di Don Perlimplin comprende introduzione, prologo e tre quadri, e la musica ha la funzione di ambientare una trama supplendo alla carenza visiva del mezzo radiofonico. L’opera nasce come radiodramma e viene trasmessa dalla RAI in prima assoluta nell’agosto 1962. Il compositore utilizza i mezzi moderni di comunicazione acustica per creare una nuova forma di teatro dell’ascolto; non esclude la messa in scena ma quasi ci ammonisce: prima la musica, poi la visualità. Al senso visivo si sostituisce il senso uditivo nella creazione dell’ambito fantastico in cui i personaggi agiscono.

Don Perlimplin, il maturo sposo di Belisa, uccide il giovane cavaliere dal mantello rosso che l’amava da lei corrisposto, tuttavia quel giovane cavaliere amava solo il corpo di Belisa ed altri non era che Don Perlimplin che uccide se stesso perché Belisa possa avere un’anima.

Perlimplin si esprime suonando il flauto, omettendo le parole che però sono quasi “rispecchiate” nelle risposte recitate di Marcolfa o di Belisa. Le parole fanno da cornice e nel centro del quadro c’è la musica che rappresenta anche la continuità e l’unità della narrazione.

Nell’introduzione e nel prologo c’è una lunga cadenza del flauto che conferma una categoria ricorrente della musica di Maderna da lui stesso definita “aulodia” cioè canto di uno strumento a fiato monodico.

La melodia assoluta costituisce una sfida di Maderna verso un linguaggio musicale sempre più complicato e difficile e ulteriore sfida è affidare la melodia assoluta ad uno strumento quando la voce umana parrebbe esserne il veicolo naturale.

Don Perlimplin è un capolavoro della “Nuova Musica” in cui Bruno Maderna riassume l’esperienza compositiva precedente riutilizzando lavori preesistenti come Honeyrêves, Dark rapture crawl, Musica su due dimensioni. Il flauto è incredibilmente espressivo e con una varietà eterogenea e duttile di incisi linguistici interpreta la figura di Perlimplin, uomo timido e gentile che viveva tranquillo e forse anche felice in mezzo ai suoi libri. Joachin Noller dice: “… Non si rappresenta l’individuo stesso, come nel teatro tradizionale ma il senso dell’individualità. Per questo un simbolo sostituisce il personaggio: mentre l’uomo rappresenta l’uomo, lo strumento evidenzia i valori metafisici dell’umanità. …”.

Nel Don Perlimplin un flauto sognante esegue la serenata alla bella Belisa e pur nella varietà e novità di elementi linguistici lo strumento si riappropria della dimensione di flauto incantato e incantatore fino a sublimare nella purezza del suono l’essenza dell’amore. Le varie produzioni di Don Perlimplin alle quali ho partecipato, (Biennale di Venezia, Festival Accademia Chigiana di Siena, per l’Arena di Verona, Metastasio di Prato, Teatro Grande di Brescia, in Spagna e Germania) non erano in forma radiofonica ma in versione teatrale.

Questa musica con la sua freschezza alleggerisce il testo di Garcia Lorca trasformandolo in qualcosa di più delicato e fantasioso.

Bruno Maderna, Don Perlimplin (copertina del CD realizzata da Dany Karavan)

Don Perlimplin

Ovvero: Il trionfo dell’amore e dell’immaginazione
Ballata amorosa di Federico García Lorca
Adattamento radiofonico e musica di Bruno Maderna

Personaggi:
Don Perlimplin (flautista)
Marcolfa (governante) (voce recitante)
Belisa (soprano)
La suocera (madre di Belisa) (Quartetto di sassofoni)
Lo Speaker (voce maschile) (voce recitante)
1° Folletto (voce recitante)
2° Folletto (voce recitante)
(Don Perlimplin non si esprime con parole, ma col flauto.
Per rispettare il dialogo originale, vengono ugualmente riprodotte,
tra parentesi, le battute di Don Perlimplin)
Introduzione


Speaker
Questa è la storia di un uomo timido e gentile che viveva tranquillo
e forse anche felice, in mezzo ai suoi libri.
Avrebbe potuto continuare così, fino alla fine dei suoi giorni,
se Marcolfa, la sua governante, non lo avesse spinto a sposarsi.

Prologo


Perlimplin flauto
(Si?)

Marcolfa
Sì.

Perlimplin flauto
(Perché sì?)

Marcolfa
Perché sì.

Perlimplin flauto
(E se ti dicessi di no?)

Marcolfa
(aspra)
No?

Perlimplin flauto
(No.)

Marcolfa
Ditemi allora, signor mio, le ragioni di codesto no.
(pausa)
Venti e venti fanno quaranta…

Perlimplin flauto
(E poi?)

Marcolfa
E dieci fanno cinquanta.

Perlimplin flauto
(Seguita.)

Marcolfa
A cinquant’anni non si è più bambini.
Io potrei morire da un momento all’altro.
E che ne sarebbe di voi, solo al mondo?

Perlimplin flauto
(Che ne sarebbe di me?)

Marcolfa
Perciò bisogna che Lei si sposi.

Perlimplin flauto
(Sì?)

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