Festa del Lavoro al tempo del Covid

1 Maggio 2021 – Festa del Lavoro, ma in questa grave situazione c’è ancora voglia di festeggiare?

Maria Catalano Fiore

Per il secondo anno consecutivo le restrizioni imposte dalla Pandemia non permettono di celebrare il 1 Maggio con manifestazioni di piazza.

Lo slogan che rimbalza quest’anno è “L’Italia si cura con il lavoro”

Quadro simbolo del 1 Maggio “IL terzo Stato” di Pelizza da Volpedo

Il 2021 continua ad essere colpito dall’emergenza sanitaria che sta mettendo a dura prova tutto il mondo. Un’emergenza che il alcuni Paesi come il Brasile o l’India, non solo non si riesce ad arginare, ma non si riesce neppure a quantizzare per numero di morti o infettati. Non è diverso per le baraccopoli che circondano le grandi città di cui non si conosce neppure il numero di abitanti. Questi “invisibili” saranno mai vaccinati o costituiranno fcolai di virus perenne?

Certo la campagna vaccinale rappresenta un appiglio di speranza per tutti, in questa sciagura o guerra batteriologica che tra trascinando tutti verso un punto di non ritorno.

Un plauso a tutti gli operatori sanitari che hanno accettato turni massacranti, emergenze, sopravvivere in modo assurdo, pur di curare tanti infetti, convogliarli verso le giuste cure ecc…molti son arrivati allo stremo delle forze, tanti hanno dato la loro vita. Se solo pensassimo un attimo a queste migliaia di persone che hanno lasciato case, famiglie, figli, si sono dimenticati di domeniche o festività per curare il prossimo, ci renderemo conto delle proporzioni del loro “sacrificio” più che lavoro.

Lavoro, una bella parola che rimbalza da uno all’altro, ma di cui non ci rendiamo conto del pieno significato. Lavoro è dignità, Lavoro significa mantenere se stessi ed una famiglia, Lavoro è la garanzia di mettere un piatto a tavola, Lavoro…ahimè negato, bloccato, in “Stallo”.

La nostra costituzione afferma che: “l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro”. Benissimo, ma può la stessa repubblica costringerci al “non lavoro” a bloccare attività e piccole aziende solide che nel 70% dei casi non riapriranno più? E’ realtà, non esagerazione. Se lo stato non si decide a detassare le imprese improduttive da oltre un anno, queste imprese già gravate da fitti, bollette, spese varie, e spesso prive di ammortizzatori sociali dichiareranno, se non l’hanno già fatto, la “chiusura definitiva”. Ristori, attività artigianali che stanno sopravvivendo, spesso in nero ed ai limiti della legalità, non sono entità astratte, sono persone disperate che cercano di far quadrare i conti.

La realtà è spietata, chi ha una casa, o è proprietario del locale dove svolge la propria attività, è sotto il macete delle tasse, spese, e magari con Equitalia che gli soffia sul collo. Chi ha acquistato una casa o altro, ha debiti con le banche con cui cerca di rapportarsi, ottenere dilazioni con costi di interesse più lunghi ecc…. Chi ha da pagare un fitto e non ha più lavoro cerca di sopravvivere indebitandosi. La situazione è realmente grave, se il Governo non si decide a togliere alcuni veti, sarà la fine. Chi un lavoro lo ha ancora, o vive di pensione, anche modesta, non fiata per timore che il suo piccolo mondo venga sconvolto.

Ma è questo per cui i nostri genitori e nonni , e figli hanno combattuto e combattono ancora? Ha ancora significato festeggiare il 1 maggio? Persino il famoso “Concertone” di Piazza San Giovanni, in itinere dal 1990, quest’anno si terrà al chiuso e con pochissimi spettatori, vaccinati e distanziati.

Ha ancora un senso questo 1 Maggio, di sabato poi, davvero una non-festa anche sul calendario. Ha senso ripercorrere le tappe storiche della celebrazione del 1 Maggio? Proviamoci: Questa “Festa dei Lavoratori” che ha valenza mondiale, nasce a Parigi nel 1889 quando si cerca di far attuare dal governo che la giornata lavorativa non superi le 8 ore, anche in turnazione, tutto a seguito di un evento molto spiacevole, il 1 Maggio 1886, a Chicago una manifestazione operaia venne repressa nel sangue, 8 operai anarchici vengono impiccati. La protesta era durata 3 giorni con ulteriori 11 morti. Nasce , in America, il “Labur day”.

In Italia la festa del 1 Maggio comincia ad essere celebrata nel 1891 in ambienti vicini all’area socialista. Ad inizio 900 il 1 Maggio si caratterizza anche come rivendicazione del suffragio universale, ottenere il diritto di voto è importante; protesta contro la politica colonialista che sta mietendo solo vittime e, poi, contro l’entrata in Guerra dell’Italia nel primo conflitto mondiale. Durante il ventennio, la Festa del Lavoro viene spostata al 21 aprile, data del “Natale di Roma” nostra Capitale.

Dal 1947 in poi, la festività, ritorna al 1 Maggio che diventa giorno di festa nazionale. Peccato che proprio in quel giorno avviene la, purtroppo, famosa strage di “Portella della Ginestra”, una località rurale, in provincia di Palermo, dove si teneva un raduno di circa 2.000 persone e la Banda di briganti capeggiata dal Bandito Giuliano (oscuro ancora il mandante) aprì il fuoco su questa gente. Il bilancio fu di 11 morti e 50 feriti.

Una festa dunque contrassegnata dal sudore e crisi dei lavoratori e sangue per morti nelle manifestazioni e anche morti bianche sui posti di lavoro. Un bilancio triste per una giornata di festa.

In questo 2021, ancora più triste, non so quanti lavoratori abbiano voglia e motivo di festeggiare.

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