Fals(t)aff

Questo libero racconto è stato scritto e realizzato per il teatro in occasione del bicentenario della nascita di Giuseppe Verdi. Seconda delle tre parti

Roberto Fabbriciani

(Seconda parte)

Si, si sempre col solito sistema degli spot e presentò:

I Masnadieri a Londra e Jerusalem a Parigi.

Ma sapete com’è… gli inglesi non hanno gusto in cucina e i francesi difesero a spada tratta la nouvelle cousine che consiste in piatti meravigliosi dove non si mangia nulla.

Altro che canali esteri, solo grane!

Non forme di formaggio, proprio guai, grane!

Ci voleva un grande porto commerciale per la via dell’oriente così decise di recarsi a Trieste. Un’opera ispirata al mare, il Corsaro.

Ma i triestini, gente pratica, dissero che per vendere il formaggio non c’è mica bisogno di scrivere un’opera! Tutta stà fatica per nulla per non parlare della bora che trasportò il formaggio grattugiato per tutti i Balcani!

(Fine musica)

Era meglio ritornare al filone leghista, ma non nella buona vecchia Milano, e scrisse La battaglia di Legnano per il mercato di Roma.

Come andò a finire?

Lo legnarono sul serio questa volta! Mannaggia sbagliò proprio città!!

Ma che volete, proporre proprio un’opera del genere a Roma ladrona è veramente un insulto!

Ma, convinto della bontà del suo prodotto, non si diede per vinto.

Disse: faccio un paio di tentativi e poi si sta a vedere, prima di chiudere bottega….

Luisa Miller a Napoli e Stiffelio a Trieste.

Risultato: a Napoli l’opera piacque ma i Borboni requisirono il grana e a Trieste gli dissero che col pesce il formaggio non ci stava bene.

Che disdetta! E chi lo sente il babbo ora!!!

(I due poliziotti agitano le mani come per dire ma che stress!)

Il più grande problema era che l’Italia non era unita e in ogni stato c’era qualcuno che decideva se lui poteva commerciare o no!

Pieno di protezionismo e gelosie!

Per avere successo pensò che sarebbe stato il caso di unire l’Italia.

Si certo c’erano delle persone che volevano l’Italia unita e il sor Peppin si offrì per diventare il fornitore ufficiale di grana del nuovo stato.

Allora si che per lui le cose sarebbero cambiate!

Ufficio a Milano 2, villa in centro vista Madunina, garage, hi tech comfort buissness home e ordinazioni della merce con iPod e online!

Ah…. altra roba!

Ma per fare tutto questo bisognava invogliare i Carbonari.

Eh si, questa si che era una mossa intelligente, avete mai visto gli spaghetti alla carbonara senza cacio? Eh no, ma se tanto mi da tanto, pensò…………

Ci volevano anche delle grandi opere per mandare messaggi subliminali.

E fu così che cominciò con Rigoletto a Venezia, la storia di un gobbo che pur essendo gobbo era il protagonista, una grande trovata!

Perché nella vita come nella pubblicità bisogna stupire!

(Musica)

No, non era juventino ma solo gobbo!

Che faceva sto gobbo?

L’opera, “Rigoletto“, è ambientata a Mantova e nei suoi dintorni, nel secolo XVI, inizia con una festa al palazzo ducale, si svolge nel giro di pochi giorni, e finisce, come ogni dramma lirico che si rispetti, con una morte, sennò il pubblico, che ha il gusto dell’orrido, non si diverte.
Rigoletto, deforme e pungente buffone di corte, che si burla con cattiveria di tutti e trama, all’occasione, scherzi e vendette crudeli, ha una figlia “segreta”,

(Ahhhhhhh fanno i due poliziotti)

che è la luce dei suoi occhi, avuta dalla donna amata ormai morta.

Probabilmente era una bella… ehmmm una… insomma una bella ragazza.
Duro e crudele con tutti, con la figlia Gilda, Rigoletto è un padre tenerissimo e premuroso che si preoccupa di tenerla lontana dal mondo corrotto della corte, ma che per uno scherzo del destino è diventata oggetto dell’attenzione del suo giovane padrone, il Duca di Mantova, libertino impenitente che cantava sempre “La donna è mobile” (canticchia).

Ve l’avevo detto io che era bella!
Le reazioni alle malefatte del buffone, da parte dei cortigiani, daranno il via ad una serie di delitti: Gilda, la figlia di Rigoletto sarà rapita e violata dal Duca; Rigoletto per vendicare l’offesa pagherà Sparafucile, un bandito, perchè uccida il Duca, ma a morire, per mano di Sparafucile sarà l’amata figlia.

Sparafucile consegna il corpo in un sacco a Rigoletto, che è soddisfatto di aver portato a compimento la vendetta.

Tuttavia, quando ode in lontananza la voce del Duca che canticchia “La donna è mobile” (canticchia), sconvolto e raggelato, si chiede di chi sia allora il corpo nel sacco.

Lo apre e vede Gilda in fin di vita, che in un ultimo anelito chiede perdono al padre e muore tra le sue braccia.

Rigoletto, è disperato, Sparafucile ha fatto cilecca!

Brutto disgrassià di un disgrassià!

Ma il marketing richiede anche questo! Eh si Signori!

Poi… il Sor Peppin ne pensò un’altra, una telenovela pazzesca che divenne famosissima!

Il trovatore a Roma!

La storia di un tale che nel medioevo cerca, cerca e non trova ma se non lo trovi te lo do io.

Il cacio! Ovvio! Questo era lo slogan!

Un grande successo!

E pensate… la storia inizia proprio con degli armigeri come voi (li guarda) beh diciamo all’incirca come voi e un capitano della guardia che racconta la storia di un bambino, fratello del Conte di Luna, rapito anni prima dalla figlia di una zingara per vendicare la madre giustiziata dal Conte con l’accusa di maleficio.

Il nobile signore morì sopraffatto dal dolore quando Azucena buttò il figlioletto rapito sullo stesso rogo della madre.

E pensate che il fantasma della donna ritorna alla mezzanotte tutte le sere!

(I due poliziotti hanno paura)

Cosa? I servizi sociali? No, non esistevano ancora.

Poi c’è Leonora che è innamorata di un “trovatore”, cavaliere sconosciuto, vincitore di tornei, X Factor ed altre trasmissioni, il quale intona per lei affascinanti canti nel silenzio della notte.
Ma il Conte di Luna ce vorrebbe provà ma quando sente che il Trovatore sta a trafficà col liuto si blocca.

Geloso da pazzi si nasconde.

Leonora scende in giardino attratta dalla musica, scambia il conte per l’amato e lo abbraccia!

(Hmmm hmmmm mugulano i due poliziotti)

Che fortuna per lui, vero?

Il Trovatore dice: ma che c…. fai? Ed accusa Leonora d’infedeltà, ma lei chiarisce l’equivoco e si getta ai suoi piedi. Magari era miope o al buoio non si vedeva nulla!


Il Conte si arrabbia e chiede al Trovatore chi sia: egli è Manrico, un seguace del ribelle Conte Urgel.

(Ohhhhhh!)

Il conte, ancora più arrabbiato, lo sfida a duello con la playstation mentre Leonora sviene; nel duello, il Conte rimarrà ferito ma il rivale gli risparmierà la vita.

Manrico poi va da Azucena, che ha sempre creduto sua madre ma lei gli racconta di che sua madre, quella vera, fu accusata da un Conte e mentre veniva portata al rogo dicendo le sue ultime parole: “Vendicami”.

Azucena gli dice che per vendicarla rapì il figlio del conte e lo gettò sul rogo.

Ammazza che cattiva!
Però, quando l’ira e l’allucinazione passò, la zingara si accorse di avere ancora il figlio del conte al suo fianco: il bambino bruciato nel rogo era il suo!
Azucena è sconvolta e Manrico è inorridito dal racconto e si chiede chi sia lui se non suo figlio?

Sapete, tipo…. sono tuo figlio, no tuo padre, no tuo fratello, colpo di scena telenovelistico.

Azucena lo esorta a compiere la vendetta.

(Musica)


(Rivolgendosi al pianista) Ma scusi Lei non era già stato buttato fuori dal conservatorio per questa musica? Che facciamo vogliamo insistere?

(Il pianista allarga le mani scusandosi)

Ohhhh! Nel frattempo, un messaggero porta la notizia che Leonora, ritenendolo morto, stia per farsi suora per sfuggire alle insidie del tremendo ed arrapato Conte.

Il Trovatore decide di andare al Convento per impedirglielo.

Anche il Conte di Luna, giunge con i suoi fidi al convento per fare la medesima cosa.

Eh ma che stress sto conte!

Il Conte la vuole rapire, ma all’improvviso compare Manrico: nasce un acceso scontro, tipo rivincita alla playstation, ma arrivano i seguaci di Urgel, disarmano il Conte in modo che Manrico possa allontanarsi con l’amata.

Il Capitano delle guardie annuncia al Conte la cattura di una zingara ritenuta una possibile spia: è Azucena!
E riconoscono in lei la rapitrice del bambino.

Azucena invoca il soccorso di Manrico: il Conte è allora soddisfatto di avere nelle sue mani l’assassina di suo fratello e di sapere che è la madre del suo rivale in amore.

(Si sfrega le mani)

Manrico e Leonora, zitti zitti, stanno finalmente per sposarsi e coronare il loro sogno…
Arriva trafelato Ruiz, per comunicare che stanno preparando il rogo per Azucena e Manrico rivela allora a Leonora che la zingara è sua madre e corre in suo soccorso.

Manrico è stato catturato, incarcerato e condannato a morte.

(Musica)

Si ode la campana a morto ed il canto del “Miserere” per i condannati; Leonora si offre al Conte di Luna in cambio della libertà del Trovatore.


Il nobile Conte, sempre molto ingrifato, ci sta e le dice di portare, lei stessa, la notizia della grazia al prigioniero.

Di nascosto però lei ingoia furtivamente del veleno.

Nel carcere, Manrico, veglia Azucena tormentata dalla sua vicina esecuzione del figlio, quando giunge inaspettata Leonora che gli si getta fra le braccia annunciandogli la grazia ed esortandolo alla fuga.

Ma il veleno fa effetto rapidamente e Leonora muore.

(Ahi, ahi…)

Mentre Manrico si strugge dal dolore, il Conte di Luna si rende conto del raggiro dell’amata per salvare il Trovatore e ordina agli sgherri di eseguire immediatamente la sentenza di morte, obbligando Azucena ad assistere al supplizio.

Quando la scure ha decapitato l’infelice, la zingara, quasi impazzita, grida al Conte, inorridito:

“Egli era tuo fratello! Madre, ora sei vendicata”.

Che bischero sto Conte! Tutto stò casino perché a suo fratello gli garbava la stessa donna! Ma lui non sapeva che era suo fratello!

Mamma mia che roba, vero? Chi ha mai creato uno spot così?

(Fine della seconda parte)

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P.S. o N.B. Se volete rileggere la prima parte, cliccate qui.

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