23 Novembre 1980 – 2020

Sono passati 40 anni, da queste immagini allucinanti, tanto ancora da fare, ma niente è stato e sarà più come prima…….

Maria Catalano Fiore

Era una domenica sera ore 19,34 quando per un interminabile minuto la terra ha tremato, poi altre scosse sia ondulatorie che sussultorie. Le ondulazioni toccarono il “grado 10” della Scala Mercalli. Danni incalcolabili in una fascia dall’Irpinia, a tutta la Basilicata, il Gargano sino giù per tutta la Puglia. Circa 17.000 km quadrati erano stati sconvolti, ed alcuni paesi come Sant’Angelo del Lombardi e Teora fisicamente cancellati.

IL MATTINO di Napoli il giorno dopo

La testata de IL MATTINO il giorno dopo, ma i danni non erano ancora quantizzabili.

Io, di origine lucana, ero a casa, a Bari, ed anche mia sorella e mio cognato che invece vivevano a Vaglio Basilicata. A Bari abitavo al nono piano, un palazzo di nuova costruzione, più alto dei circostanti, che cominciò a muoversi. Mio marito afferrò la bambina e si precipitò volando dalle scale, io il tempo di afferrare i cappotti e urlare il Terremoto! avevamo avuto già esperienze in Friuli e poi a Trieste. Mia sorella non capiva, poi ci vide volare dalle scale urlando “non prendete l’ascensore!” tutti si affacciarono, arrivammo giù prima degli abitanti del primo piano. Infatti andò via la corrente.

Tutti inebetiti, eravamo nel giardino, lontano dai palazzi. Faceva un gran freddo, qualcuno si fece coraggio per andare a prendere le macchine dal garage. Mia sorella raggiunse, a fatica, casa di mia madre, la gente si era riversata per strada, incredula e spaventata. Io dopo un’oretta risalii a casa, avevamo lasciato tutto spalancato, per prendere cappotti, sciarpe e qualche coperta per dormire in macchina, la corrente andava e veniva, un attimo e la tv rimasta accesa diede la notizia: “Forte terremoto in Irpinia, Basilicata e una larga fascia della Puglia, l’epicentro è calcolato a Vaglio Basilicata” sono rimasta impietrita. I miei nonni erano li da soli. Il telefono squillava a vuoto, la speranza era che fossero salvi o, giustamente anche loro fuori casa, momenti di vero panico.

Comunicati radio! Mio marito, da militare, andò ad informarsi in caserma! Comunque dovevamo aspettare l’alba. Nessuno dormiva, le scosse si susseguivano ancora. Poi ci spostammo da un amico fuori città. Li le prime notizie certe. Le prime immagini da far accapponare la pelle. Ma non ci si si poteva muovere , le strade erano dissestate, bisognava lasciarle libere per gli aiuti, o pseudo tali. La gente scavava con le mani nude sotto le macerie della propria casa, per recuperare se non morti, almeno indumenti e coperte.

Il centro della città di Potenza si arrancava sulle macerie per raggiungere i famigliari

Le scosse si susseguivano, la prima era stata di Magnitudo 6.9, punto 10 della scala Mercalli, le altre di minore entità, ma si susseguirono per diversi mesi.

Mano mano arrivavano notizie sempre più sconcertanti, a Balvano, in provincia di Potenza era crollato il tetto della Chiesa Madonna dell’Assunta. Era l’ora della messa domenicale vespertina, tanti morti e feriti, 77 persone morte, tra cui 66 tra catechisti e chierichetti, tra i 16 e gli 8 anni.

Tentativi di ritrovare parenti, amici, persone vive sotto le macerie, a mani nude o con oggetti improvvisati

Dei palazzi rimanevano solo scheletri vuoti, non più abitabili. L’entità vera del disastro non venne realmente percepita. Solo IL MATTINO di Napoli ne dette notizia certa.

Ad una settimana dalla prima scossa si riuscì a fare la conta delle vittime: 2914 morti (escludendo chi viveva in zone rurali) più di 10.000 i feriti, 300.000 senza tetto.

Un palazzo a Potenza

Le case inabitabili erano molte di più, però. In un censimento fatto mesi dopo risultavano rasi al suolo 50.000 palazzi, danneggiati seriamente oltre 30.000. Le abitazioni dei paesi non sono mai state contate del tutto. La gente fiera di questi posti non sopportava la processione di 3/4 funzionari che sui muri delle case, segnava con della vernice rossa un SI o un NO le case dove si poteva rientrare. Quei segni si leggono ancora. Ma molti volevano rientrare, i danni non erano strutturalmente gravi. Come al solito avrebbero messo mani loro negli aggiusti ….

Morti accatastati a Balvano

I morti prima accatastati, poi ricomposti in qualche modo, in molti casi sepolti in fosse comuni, non si potevano tenere agli angoli delle strade.

Ma il peggio doveva ancora arrivare, aiuti inesistenti, anziani bloccati in casa, allettati, e i nostri politici? Dibattevano su cosa e come fare…La nostra nazione, all’epoca non aveva una “Protezione Civile”, i più erano volontari ed anche sciacalli.

Dopo il fragore della morte, subito dopo il fragore di una ricostruzione infinita….che continua ancora oggi, anche se i più hanno ricevuto pochi spiccioli. I non residenti, come me, hanno dovuto pagare sino all’ultimo spicciolo persino per permessi assurdi, come la locazione del terreno per le impalcature, ma il terreno era mio, non pubblico! o con rilievo e progetto eseguito da me, che tra l’altro mi occupavo, come Capo Tecnico in Soprintendenza Beni Culturali, delle zone terremotate del Gargano e del Foggiano, di pagare la parcella (alquanto salata, come da normativa vigente) a ben tre ingegneri che si sono avvicendati, paesani ed amici ma…presi dall’ingranaggio della ricostruzione anche loro. Certo quando sarebbero capitate tante direzioni dei lavori e…sante parole di mio nonno Mo pass i casc p’ n’tavol” (adesso passa il formaggio a tavola). Ma senza polemica era un costume vigente dai grossi progetti ai piccoli, come in tutte le ricostruzioni.

In un numero datato 21 ottobre 2020 del settimanale “Panorama”, il giornalista Lorenzo del Boca nel suo articolo “Rovina e speculazione” afferma “Il terremoto del 1980 può essere considerato la Madre delle disgrazie che si sono abbattute sull’Italia che insieme ad uno straziante dolore, hanno dovuto fare i conti con il saccheggio delle risorse pubbliche.” Da li sino al disastro di Amatrice del 2016 compreso, sembra che il copione si riproduca in fotocopia, con le stesse modalità operative e gli identici risultati.

Il Presidente della Repubblica Sandro Pertini fa visita ai luoghi più colpiti.

Ma non sarà il suo buonismo a risolvere i problemi, o impedire lo sciacallaggio in tutti i sensi. Di fatto tutti dovevano arrangiarsi, arrivarono aiuti dall’estero, delle roulotte e case prefabbricate che contribuirono a creare in molti posti dei quartieri ghetto. Basti pensare al quartiere “Bucaletto” a Potenza, o a tutte le case dei centri storici abbandonate per costruire, in qualche modo, case fuori paese, una espansione urbanistica notevole. Gente che abbandonò le città per andare a vivere in paesini non lontani e fare i pendolari. L’inverno incombeva….

Pertini abbraccia un povero disgraziato che ha perduto tutto, famiglia, casa e bottega.

La gente dovette arrangiarsi, come meglio poteva. In molti casi la situazione da provvisoria è rimasta stabile. Anche surreale, ancora oggi una sessantina di famiglie sfollate dal sisma sono accampate sui tre piani dell’ex Manicomio di Napoli.

Che peccato aveva fatto questa gente?

La cosiddetta “Ricostruzione” rappresenta ancora uno dei peggiori esempi di speculazione sulle disgrazie altrui. Le inchieste successive si sono impantanate senza venire a capo di chi aveva gestito il malaffare ed intascato, allora, centinaia di miliardi di lire. Di fatto gli inquirenti si infilarono in un vicolo cieco, vennero coinvolti 87 nomi di spicco tra i quali, Ciriaco De Mita, Vincenzo Scotti, Antonio Gava, Giulio di Donato, Giuseppe Zamberletti. Ma la cosa finì nel nulla.

Intanto i comuni coinvolti seriamente, da essere 339, nel maggio 1981, nel Decreto dell’allora Presidente del Consiglio diventarono 643. L’anno dopo raggiunsero quota 687. Le zone terremotate potevano godere di contributi ed agevolazioni per imprese che avevano “sofferto” sino a raggiungere la scandalosa cifra di 60.000 miliardi di allora, devoluta ad ipotetiche imprese, non di certo alla gente che dormiva ancora, se era fortunata, nelle casette di legno.

Altra commissione di inchiesta presieduta da Oscar Luigi Scalfaro, diventato subito dopo Presidente della Repubblica, istituita per comprendere come era stata spera una tale somma. Ma le Imprese, finanziate a fondo perduto, o quasi, che dovevano portare almeno lavoro, nascevano, assumevano per poco, poi fallivano. Altrettanto per i cantieri da ricostruire. A Torre Annunziata, i due quartieri, massacrati dal terremoto, che, guarda caso, hanno ricevuto maggiori sovvenzioni, il Penniniello e Quadrilatero, come erano, sono. Ormai roccaforte della droga che usano i ruderi per meglio nasconderla.

Ma non finisce la spesa e non terminano i contributi. Ancora oggi, il litro di benzina è gravato da un’accisa che trent’anni fa valeva 75 lire, diventate ora 4 centesimi. Ultimi spiccioli per una ricostruzione che non c’è mai stata.

Chi ha potuto si è fatto un mutuo o indebitato, per riprendersi la sua casa, se troppo danneggiata, si è spostato o è andato via definitivamente da quella terra sismica e ricca di calanchi.

Comunque amata.

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