1° Maggio 1947: Strage di Portella della Ginestra

Memoria di un eccidio mai risolto

Cinzia Montedoro

Il primo maggio, nasce come simbolo delle rivendicazioni operaie, dei lavoratori che lottano per conquistare diritti e condizioni di lavoro migliori. Contesto storico: Nel maggio  del 1919 i metallurgici e altre categorie di lavoratori poterono festeggiare il conseguimento di un grande obiettivo: le otto ore di lavoro. Nel 1922 l’allora presidente del Consiglio Facta riconosce il primo maggio come giornata festiva, con un colpo di spugna nell’aprile del 1923 Benito Mussolini, divenuto Presidente del Consiglio dopo Facta, abolì la festività del primo maggio, accorpandola alla festa ufficiale del fascismo il 21 aprile, giorno del cosiddetto Natale di Roma.

Con il crollo del regime e all’indomani della liberazione, gli effetti del decreto decaddero e la ricorrenza del primo maggio ritornò a rappresentare la Festa del lavoro.  La seconda guerra mondiale si chiuse con un disastro mai visto nella storia a livello globale. L’Italia con tutta la sua fragilità doveva far  fronte  a gravissime condizioni economiche, politiche e sociali, l’ inflazione, la svalutazione della lira, la disoccupazione, piegarono ancora una volta il paese, occorreva ricostruire l’economia, serviva ricomporre ciò che la guerra aveva distrutto e  bisognava farlo velocemente partendo inevitabilmente dal lavoro.

La Sicilia era in ginocchio, la povertà era diffusa e la ricchezza era nelle mani di pochi: mafiosi e latifondisti, il primo maggio ancora una volta, dopo anni di silenzio, volse lo sguardo alle conquiste dei diritti del lavoratore. Nel 1947 a Portella della Ginestra , duemila tra contadini e braccianti si danno appuntamento per celebrare la festa dei lavoratori, l’occasione aveva molteplici valenze: si festeggiava la fine della guerra, il ripristino del primo maggi,o dopo gli anni del fascismo,  si festeggiava la vittoria del Fronte Popolare, si  manifestava contro il latifondismo e a favore dell’occupazione delle terre, ma nessuno tra i presenti avrebbe mai immaginato che quella data sarebbe rimasta impressa nella storia come  la prima strage politico-mafiosa dell’Italia unita.

In un clima di profonda serenità iniziò il comizio sindacale di un calzolaio di San Giuseppe Iato che aveva sostituito il deputato del Pci Girolamo Li Causi, si udirono dei colpi inizialmente scambiati come botti di festa, in pochi attimi si scopri che il piombo della mafia stava facendo strage d’innocenti, il due minuti avvenne l’eccidio. Il bandito Salvatore Giuliano insieme ai picciotti fu l’autore della strage, le raffiche di mitra, scambiati inizialmente per mortaretti, uccisero undici persone tra cui bambini, più di settanta i feriti: fu questo il bilancio di una strage organizzata. Subito dopo il massacro, alcuni famigliari delle vittime, imbracciarono i fucili con lo scopo di attaccare le case dei mafiosi, ritenuti i responsabili, furono fermati in tempo per evitare ulteriore spargimento di sangue. Dopo un mese dalla tragedia i lavoratori e tutta la cittadinanza di Portella ritornarono sul luogo dell’eccidio per commemorare i morti, il consenso popolare raddoppiò, il coraggio camminava un passo avanti alla paura.

Nelle settimane e nei giorni successivi all’eccidio, grazie alle numerose testimonianze gli inquirenti ricostruirono  la dinamica della sparatoria dimostrando che fu una vera e propria azione militare studiata nei minimi particolari. C’erano così tanti interessi in gioco: i latifondisti, i mafiosi, la politica, ma a  distanza di oltre settant’anni nulla si sa sui mandanti, ancor meno sul movente, oggi solo corone di fiori e il ricordo di una tragedia segreto di Stato.

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