Volano gli stracci tra De Luca e Salvini

I giornali e chi li fa sono spesso accurati di amplificare le notizie, di creare i dissidi, in una parola “d’esagerare” ad arte. Oggi, il titolo è certamente riduttivo.

Gianvito Pugliese

Dire che “son volati gli stracci” tra il Governatore della Campania ed il segretario nazionale della Lega è, veramente, descrivere uno tsunami come una piccola onda provocata dal passaggio di una barchetta da pesca sportiva.

Dopo la vittoria ai rigori -due di più per il Napoli- sulla Juventus a Napoli si è scatenato il finimondo. Ho scritto nell’immediatezza che avrei voluto essere lì, e lo confermo. Amo Napoli! Da ragazzo vi ho trascorso tutte le estati. Appena finita la scuola, mia madre ed io partivamo alla volta di Napoli, per raggiungere mio padre, primo corno dell’Orchestra Scarlatti. Come scordare le mattinate alla reggia di Capodimonte e nel suo parco, unico ospite di tanta bellezza, i pomeriggi al luna park permanente del lungomare Caracciolo, le cene a Ciro a Mare o alla Bersagliera, le colazioni a Piazza del Popolo al Gambrinus, il San Carlo ed il teatrino di Corte.

Napoli è stata e resta una grandissima città mitteleuropea. Si respira un’aria pregna di cultura. Il suo teatro, che ha trovato in Edoardo De Filippo la massima espressione, è diffuso un poco ovunque e non è raro scoprire testi ed interpreti di rara qualità. Fine ironia, mai volgarità, in un dialetto che è una lingua, all’ascolto, una poesia armoniosa.

Camerieri di ristorantini, che si arrangiavano a servire, ma in realtà erano raffinati orologiai ed attori nati. Come scordare “Agostino o pazz’, che ogni santa mattina percorreva in senso contrario in moto Via Toledo -oggi via Roma-, sfidando i motociclisti delle Forze dell’ordine ad inseguirlo e fermarlo.

Potrei continuare all’infinito. Orbene nel calcio, nel “Napoli”, che non è una squadra ma, per un napoletano, una fede, seconda solo, forse, a quella riposta in San Gennaro, i napoletani riversano tutto l’orgoglio di un grande popolo. che non ha eguali per fantasia, senso artistico, capacità di arrangiarsi, che non si può capire, se non si prende atto di come, in una città con il più alti tassi di disoccupazione, napoletani e non, bianchi, gialli, neri e rossi, tutti campano, sopravvivono, spesso vivono anche discretamente. Maradona, con tutte le sue stranezze, fu amato perché segnò un momento di riscatto. Se non sai cos’è un “caffè pagato”, il barbone, che viene servito gratis al bancone del bar di caffè e latte e cornetto, “pcchè, signurì”, come mi disse l’uomo alla cassa del lussuoso bar a due passi dalla Questura centrale, “tutt am a campà” -l’avrò scritto bene? Ne dubito, perdono!

E che aver portato a Napoli la Coppa Italia fosse un momento di gioia incontenibile, per un popolo che gioisce anche quando ha fame e non sa cosa gli riserva il risveglio, era scontato. Salvini, prima di aprir bocca, avrebbe fatto bene a comprendere che non parlava a quelli delle sue canzoncine goliardiche squalliducce intonate -si fa per dire- tra leghisti a Pontida o in un pub sul Naviglio, con parecchi grappini, al posto dei più noti mojito al Papete, ma agli eredi dei protagonisti delle quattro giornate di Napoli: soldati italiani e paracadutisti alleati, nascosti e sfamati dalla popolazione alla fame, impiegati, operai, donne, scugnizzi, che dal 27 al 30 settembre del 1943, insorsero, armati più di pietre e forconi, ma con un coraggio senza eguali e cacciarono via i soldati del Reich, armati fino ai denti con tutti i loro panzer.

Ma Salvini doveva togliersi i sassolini dalla scarpa o da entrambe: le foto del naviglio giorno e notte poco prima della riapertura hanno fatto scalpore ed il giro del suo web. Già perché oltre alla Padania anche il web è cosa sua. Idem, per le Rsa lagher nella sanità d’eccellenza e per qualche storiella nelle forniture sanitarie tutta da accertare.

E De Luca non se le tiene, anzi: parte parlando della necessità di “rispondere ad un somaro politico che ha ripreso a ragliare” per i suoi commenti ai festeggiamenti, seguiti alla conquista della Coppa Italia, da parte del Napoli, “Commenti che manifestano propensione allo sciacallaggio, persino al razzismo nei confronti di Napoli, della Campania, del Sud…difficile da estirpare“. “Movida a Torino, ai Navigli -Milano-, e a Vicenza, dove nessuno ha chiesto al governatore del Veneto che pensasse, che facesse” dice De Luca, sottolineando che il festeggiamento sarebbe stato più o meno uguale ovunque “ma, siccome è capitato a Napoli, il cafone” doveva stigmatizzare. “Ed il cafone politico ha dimostrato di essere tre volte somaro“, primo, se uno organizza il 2 giugno a Roma una manifestazione in violazione di tutte le norme di sicurezza “insieme alla Vispa Teresa” …“e poi si permette di aprile bocca vuol dire che ha la faccia come il suo fondo schiena, peraltro usurato”. “Secondo motivo di ciucciaria, direbbe Edoardo De Filippo, si fa un assembramento e l’equino domanda al Presidente della Regione: Che dici? E’ il caso di ricordare a questo somaro, geneticamente puro” che eventuali obblighi sulle violazioni della normativa nazionale riguardano il Ministero dell’Interno ed il Prefetto, non il Governatore della regione. “Infine siamo di fronte ad atti di volgare sciacallaggio” se avessimo voluto comportarci da suoi pari, forti dei risultati ottenuti in Campania “avremmo potuto dire parole di fuoco” nei confronti di altre realtà del nord, altri sistemi sanitari nei quali si sono registrati morti a migliaia.

Alla replica di sufficienza e superiorità del Salvini, De Luca lo attaccherà anche sulla sua vita privata. Il Governatore provoca derisione ed ilarità, ma per quanto io non sia di certo un fan di Salvini e della sua Lega, che non smente mai di essere Lega nord, non credo la diatriba politica debba entrare nel personale e nella vita privata. De Luca, francamente, la battuta sulla bellissima -a suo giudizio- ex fidanzata, col Salvini ogni sera intento intento a “cinguettare” su twitter su broccoletti e radicchio, susciterà ilarità, ma non vince un premio sul podio del galateo o del bonton. Per tutto il resto, invece, trovo che, finalmente, qualcuno le ha cantate chiare, senza preoccuparsi del politically correct con chi non sa dove stia di casa.

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