Ucraina, droni kamikaze iraniani su Kiev

Putin sfodera i droni comprati dagli ayatollah e dai pasdaran di Khamenei. Israele non è più neutrale

Giovanna Sellaroli

Si chiamano Shahed, cioè martire, colui che muore immolandosi per la fede, i droni kamikaze di attacco iraniani che Putin sta lanciando nei terribili attacchi delle ultime ore in terra d’Ucraina. Martire, l’orribile parola simbolo del jihad islamista, sciita, come in Iran, o sunnita (lo Shahed-136 era stato impiegato finora dagli iraniani in Yemen), suona come un ulteriore oltraggio nei confronti del popolo ucraino, l’unico vero perseguitato di questa intollerabile guerra.

E per barare, come è solito fare il leader del Cremlino, ha tentato di spacciarli come prodotto nazionale.

L’intelligence statunitense già da questa estate aveva fatto sapere che erano pronti i primi pezzi della commessa pronti all’uso in Ucraina. E finora le notizie su impiego e abbattimenti (ne sono stati abbattuti diversi) sono state frammentarie. In queste ore se ne ha certezza, i militari ucraini hanno mostrato la fotografia di una parte dell’ala di uno di questi droni e sul detrito dell’ala che hanno fotografato, c’è un numero e il nome in cirillico, un maldestro tentativo di far passare per un prodotto russo quello che in realtà è uno Shahed-136 iraniano. È necessario specificare, come vogliono gli esperti, che tecnicamente non sono droni, anche se per comodità di comunicazione giornalistica li chiamiamo così, ma sono “munizioni circuitanti iraniane Shahed-136”.

Frammento di Drone Shahed-136

Resta il fatto, purtroppo, che gli ufficiali ucraini ne hanno sottolineato l’efficacia micidiale contro la propria artiglieria, e hanno ribadito drammaticamente la richiesta di armamenti in grado di neutralizzarli. Volodymyr Zelensky ha attirato l’attenzione internazionale, rendendo noto come questi droni stiano in qualche modo influenzando la guerra guerreggiata.

Con Mosca sempre più vicina a Teheran da cui riceve i droni kamikaze che confluiscono nei suoi arsenali per sostenere il conflitto contro Kiev, si è venuta a creare una partnership di necessità tra Russia e Iran che non piace a Israele, nemico numero uno della Repubblica Islamica.

Alla luce di tutto ciò Putin alza il tiro. Solo nelle ultime ore si contano otto morti negli attacchi con droni tra Kiev e la regione di Sumy, tra loro una coppia in attesa di un bambino. La capitale è sotto attacco da giorni e al momento, si registrano ancora esplosioni in varie zone con l’allerta in tutto il paese. Nel mezzo di questa escalation, la buona notizia è lo scambio di oltre duecento prigionieri tra cui anche 108 donne ucraine: “E’ stato effettuato un altro scambio di prigionieri su larga scala. Particolarmente emozionante e davvero speciale: abbiamo liberato 108 donne dalla prigionia. Madri e figlie erano in prigione e i loro parenti le stavano aspettando”, il commento di Andriy Yermak, il capo dell’ufficio presidenziale ucraino Tra loro, combattenti del lungo assedio nell’acciaieria di Mariupol. 

Ma le buone notizie passano quasi in secondo piano. Questa mattina esplosioni sono state udite in tutta Kiev, mentre dense colonne di fumo sono visibili sopra la centrale elettrica colpita: lo riporta un giornalista dell’agenzia di stampa Ukrinform, secondo il quale in uno dei quartieri della città manca la corrente elettrica. Infatti, secondo le prime informazioni, “un impianto di alimentazione sulla riva sinistra di Kiev è stato colpito tre volte”, ha scritto sui social media il vice capo dell’ufficio del presidente ucraino, Kyrylo Tymoshenko.

L’Ucraina è sotto il fuoco degli occupanti“, denuncia via Telegram Volodymyr Zelensky che, dopo le notizie degli attacchi russi di questa mattina, lancia nuove accuse contro lo “stato terrorista” che sarà “certamente” chiamato a rispondere delle sue azioni dopo l’invasione dell’Ucraina. “Continuano a fare quello che sanno fare meglio, terrorizzare e uccidere i civili – afferma il presidente ucraino – A Mykolaiv il nemico ha distrutto un palazzo con missili S-300. Una persona è morta. C’è stato anche un attacco contro un mercato dei fiori, contro il parco dei castagni. Mi chiedo contro cosa i terroristi russi stessero combattendo in questi luoghi assolutamente pacifici”. 

Che Vladimr Putin questa guerra non l’ha vinta è oramai assodato, del tutto superfluo sottolinearlo. Molti analisti sostengono da tempo che il capo del Cremlino abbia esaurito armi e missili. Certamente la Russia è a corto di armamenti e di idee e per questo, in preda alla frustrazione, è tornata nelle ultime settimane a colpire in maniera indiscriminata obiettivi civili,  con raid sulla capitale e a infierire sulla popolazione inerme.

«La Russia da secoli è in povertà. Per questo odia la civiltà moderna e vuole creare una zona di freddo, fame e barbarie in Europa. Cerca sistematicamente di distruggere le infrastrutture in Ucraina, attaccando città e civili». Così su Twitter il consigliere del presidente ucraino, Mikhailo Podolyak, che dopo i nuovi raid russi su Kiev è tornato a chiedere all’Occidente aiuti militari per la difesa «aerea e missilistica». Teheran, dal canto suo, in preda a disordini interni e contestazioni, starebbe preparando nuove spedizioni di armamenti a favore della Russia che includono non solo droni, ma anche missili Fateh-110 e Zolfaghar, in grado di raggiungere obiettivi rispettivamente a 300 e 700 chilometri di distanza. Lo ha rivelato due giorni fa il Washington Post, citando fonti militari statunitensi a conoscenza del dossier.

Le nuove armi, arrivate dall’Iran alla Russia per rinforzare l’aggressione all’Ucraina, sebbene abbiano un impatto ancora relativo sul conflitto, come analizza Federico Borsari esperto del Cepa di Washington, alzano l’asticella dell’attenzione sul fatto che all’Ucraina serve migliorare la difesa aerea.

Volodymyr Zelensky
Vladimir Putin

Il collegamento che si è instaurato tra Mosca e Teheran, due sistemi totalitari, che si impongono con la violenza anche a danno dei loro cittadini, le proteste antiregime e l’atteggiamento sul Jcpoa, Joint Comprehensive Plan of Action (Piano d’azione congiunto globale, comunemente noto come accordo sul nucleare iraniano), stanno delineando un quadro liquido, e un repentino cambio di postura di un altro Paese, notoriamente alleato degli Stati Uniti, Israele, che all’inizio del conflitto ha assunto una posizione quasi neutrale, a favore della pace, ma senza esporsi troppo, sebbene si sia subito spesa con aiuti umanitari. È del tutto evidente che la guerra russo ucraina sta stravolgendo gli equilibri geopolitici ed economici a livello globale.

Il Primo Ministro israeliano Yair Lapid ha pubblicamente condannato l’attacco russo a Kiev di inizio settimana. E il ministro israeliano per la Diaspora, Nachman Shai, ha annunciato su Twitter: “La consegna da parte dell’Iran di missili balistici alla Russia è una chiamata per Israele, perché fornisca aiuto militare all’Ucraina”


Nachman Shai, Ministro israeliano per la diaspora

Insomma, Tel Aviv ha scelto Kiev, accantonando la linea neutrale, decisa a inizio guerra per non indisporre la Russia, militarmente presente in Siria. Per di più, i servizi israeliani starebbero aiutando gli ucraini a intercettare i droni targati Teheran. Sarebbero stati forniti radar e jammer, strumenti in grado di abbatterli, sebbene occorra del tempo per istruire gli ucraini che dovrebbero essere assistiti sul posto.

Il New York Times riferisce indiscrezioni ricevute in forma anonima circa il fatto che il governo di Israele stia passando “basic intelligence” sui droni iraniani.

Una mossa avventata che distruggerà le relazioni tra i nostri Paesi” ha commentato in tono minaccioso su Telegram il vice presidente del Consiglio di sicurezza russo, il solito Dmitri Medvedev, alla notizia del sostegno all’Ucraina da parte di Israele. Lo strappo sembra dunque consumarsi nello scambio di messaggi di intimidazione, tuttavia l’impiego di droni iraniani in Ucraina può rappresentare un cambio di passo nelle relazioni tra i due Paesi.

Tra violenti attacchi, annessioni, respingimenti e riconquiste, mai come in questi giorni, la guerra nella martoriata Ucraina segna un quadro incerto in cui, direttamente o indirettamente, si stanno coinvolgendo altri Paesi.

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