Sei più Phubbing o Fomo?

Luci e ombre nell’essere online

Cinzia Montedoro

Il mondo social, in un periodo storico cosi difficile, è divenuto un punto d’appoggio per far fronte ad una solitudine dilagante, in particolar modo per  gli adolescenti.

Il popolo 2.0 è illusionisticamente convinto che interconnettendosi  con una realtà differente questo permetta loro di avere tante relazioni, di non essere più’ soli, ma soprattutto, condividendo  parte della propria vita con foto, video o post strettamente personali,  tutto diventa social familiare ed è motivo di appagamento, in sostanza un like  o un’emozione condivisa può rendere felici e meno soli.

All’ansia da condivisione si unisce anche un altro aspetto:il maniacale controllo dei social, la paura di essere tagliati fuori dal mondo, di perdere anche la minima sfumatura di una stories  o di uno stato. crea una condizione d’ansia in molti utenti. Questo disturbo ha un nome specifico “FOMO” (acronimo in inglese per Fear Of Missing Out) un turbinio di timori  caratterizzati  dalla paura di sentirsi sempre un passo indietro rispetto agli altri. Un circolo vizioso potremmo definirlo, dove il controllo maniacale e la spasmodica necessità di essere costantemente connessi al mondo virtuale, controllando ogni minimo aggiornamento, danno la percezione di compagnia,  l’utente entra in una dimensione comunicativa che supplisce spietatamente la realtà.

A questo fenomeno si unisce un altro aspetto: il cosiddetto “Phubbing ”,  una fastidiosissima prassi ormai diffusa che si riferisce all’atto di ignorare il proprio interlocutore concentrandosi solo sul proprio cellulare, il termine  nasce dalla fusione delle parole “phone” e “snubbing” (snobbare). Il controllo del telefono, non si limita solo alla  verifica delle proprie attività sui social, mail o altro quando si è vis-à-vis con l’interlocutore, ma anche pericolosamente quando si è alla guida con annesse tragiche conseguenze.

La digitalizzazione ha creato nel corso degli anni una nuova forma di controllo ovvero quella degli “Ego surfing”. Una pratica assai diffusa tra gli internauti è quella di cercare sul web informazioni su sé stessi, passando da una semplice curiosità sulla propria rilevanza in rete, fino a tastare la propria reputazione: narcisismo o insicurezza? Diremmo entrambe, l’ego diventa digitale un filtro che fa  da ponte anche per coloro addetti all’ e-recruitment. Di che si tratta? In molte aziende, sono nate nuove  figure professionali il cui  compito è quello di controllare cosa si dice sul web del potenziale candidato al posto di lavoro, il curriculum cartaceo quindi mantiene la sua rilevanza ma anche il web regala quel suo valore aggiunto. Il mondo di internet offre quindi un’arma  a doppio taglio, da una parte strumento d’informazione, trasmissione e cooperazione e molto altro… dall’altra, il grande occhio del web controlla e monitora ogni nostro passo, quindi a noi la scelta su come meglio usare questo Jumbo Jet.

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