Marcinelle 1959, una delle tante tragedie dell’emigrazione italiana

Penso sia doveroso ed importante per tutti noi italiani, ricordare questa tragedia in questa giornata dell’agosto.65 anni sono passati, ma…….

Maria Catalano Fiore

Dovremmo, ogni tanto, soffermarci sui racconti dei nostri nonni o bisnonni, racconti tristi e amari di quando gli immigranti eravamo noi italiani.

Non eravamo certo accolti bene, anzi, basti pensare alle inumane quarantene per chi sbarcava in America o in altri paesi o ai cartelli “No cani, No italiani”.

A seguito del secondo disastroso conflitto mondiale, l’economia italiana era veramente in ginocchio con una forza lavoro decimata dal conflitto e dalla prigionia, case fatiscenti o crollate, niente aiuti o sussidi per le famiglie, la fame incalzava e lo Stato prospettava nuove possibilità per chi volesse emigrare in Europa. Ma era solo uno scambio di braccia in cambio di materie prime industriali. L’infame patto stipulato con il Belgio, ad esempio prevedeva l’invio in Italia di 2500 tonnellate di carbone per ogni 1000 uomini inviati a lavorare nelle miniere dove lo estraevano.

Volantini invoglianti venivano distribuiti, offrivano la prospettiva di un buon lavoro, un salario adeguato, una casa per le famiglie….molti partivano, un pezzo di pane e una arancia in tasca, o due fichi secchi, una valigetta di cartone con i pochi averi, legata con lo spago.

La realtà che li attendeva era ben altra: ad un certo punto i treni, se pur arrangiati, venivano sostituiti da veri carri bestiame per viaggi inumani….

Italiani “in viaggio” verso il Belgio

Giunti a destinazione, spesso con mogli e figli, li aspettavano baracche non case. Le stesse baracche fatiscenti che avevano ospitato i prigionieri di guerra, niente luce, ne acqua potabile, wc…… Nessuna possibilità di poter tornare indietro, prima di aver saldato i costi del viaggio e della “casa”!

E così la forza lavoro, più che necessaria per rimettere in sesto l’Italia, per ricostruire, coltivare ecc….veniva impiegata nelle miniere per arricchire gli industriali. Uomini e donne erano solo numeri….

il trenino di accesso alla miniera

Una situazione aberrante emersa, al rango di cronaca, solo dopo la grande Tragedia di Marcinelle: gli incidenti sul lavoro, i morti per stenti, infezioni e malattie, uomini, donne e bambini, non facevano testo, venivano rimpiazzati da altre braccia…. senza essere pedante, pensateci…..

Quell’8 agosto 1956 ci furono ben 262 morti di cui 136 erano italiani, 56 provenienti dallo stesso paese del Salento: Racale, poco più giù di Gallipoli. Ogni famiglia ha avuto il suo lutto….

I soccorsi? Ridicoli, lenti ed inadeguati mente le miniera bruciava al suo interno. Quando sono arrivate le prime autoambulanze solo le donne e i bambini erano attaccate ai cancelli dell’impianto minerario per piangere.

Un aspetto colto e reso pubblico dalla Copertina e servizio interno, della “Domenica del Corriere”, direttore Indro Montanelli, disegnatore Walter Molino.

Solo due settimane dopo, uno dei soccorritori, riemergendo dalla miniera alla superficie gridò: “Tutti cadaveri!”. Certamente dopo 15 lunghi giorni anche i feriti si erano arresi, disidratati e privi di viveri, tra i cadaveri, avevano cercato uno spiraglio, ma poi, si erano lasciati andare.

Di seguito un processo farsa e tutte quelle morti sono state inutili, uomini italiani sono continuati ad affluire in miniera, lo Stato intascava Carbone per le sue industrie.

In questo secolo di emergenza umanitaria avete mai pensato alla nuova accoglienza che riserviamo agli extracomunitari? Recupero in mare con dispiegamento di forze e di uomini, accoglienza medica, ricongiungimento alle famiglie, alloggio, servizio mensa (spesso rifiutato), istruzione, cellulari con schede illimitate per comunicare tra di loro….Certo c’è anche chi cerca lavoro ed integrazione, ma senza essere stata mai razzista e mai lo sarò, parafrasando il grande Totò “Vitto, alloggio, lavatura e stiratura…” gli conviene non far niente.

Cosa che neghiamo ai nostri connazionali realmente bisognosi, a chi con la pensione sociale può pagare a stento il tiket per i medicinali, a chi dopo aver lavorato una vita percepisce una miseria, ad una vedova a cui viene decurtata la pensione, come se vivesse a metà, metà fitto, metà bollette, metà aria per respirare.

A ben vedere non stona tanto il trattamento riservato agli emigranti che accogliamo, quanto il disinteresse per le condizioni di vita dei nostri “invisibili”, ricordando sempre che la lotta tra i poveri è la più crudele che si possa immaginare.

Marcinelle impone essenzialmente una lezione: la sicurezza sul lavoro. Spesso e malvolentieri siamo costretti a pubblicare di morti sul lavoro. Che siano connazionali o meno poco importa, ma che i lavoratori ci debbano rimettere anche la vita è inumano ed inconcepibile.

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