In queste feste non solo panettoni…

Non c’è Natale senza dolci, tanti dolci e tantissime cosine buone da mangiare in occasioni di festa.

Maria Catalano Fiore

Quest’anno, per la prima volta da tempo, è calato il fatturato dei panettoni e pandori industriali a favore di quelli artigianali, ma non solo, parecchie hanno provato, con buon risultato a farli in casa, molte sono tornate ai veri dolci di Natale della tradizione con risultati eccellenti.

Anche se Panettone e Pandoro sono diventati il simbolo del Natale, bello ed interessante fare un velocissimo viaggio di recupero delle tradizioni o meglio “dei dialetti culinari” delle nostre regioni.

Cominciamo dalla nostra Puglia? La traccia più antica di dolci di Natale sono, ovviamente di derivazione araba o greca o comunque mediterranee cosi come i famosi e squisiti mostaccioli un impasto di mandorle tostate e tritate, fichi e miele, poi ricoperti di cioccolato fondente.

Mostaccioli che delizia!

Siamo in Puglia e non possiamo non partire dalle famose “Cartellate”. anche queste sono state importate, tra Puglia e Basilicata, dove si chiamano “Casatelle” dalla Regina Bona Sforza, che le aveva gustate in Ungheria suo reame di Adozione. Bona Sforza era figlia di Gian Galeazzo Sforza, duca di Milano e Isabella D’Aragona principessa di Napoli. Aveva sposato il vedovo Stanislao I Jaghellone Re di Ungheria e Polonia e imperatore di Lituania. Alla morte del marito si ritira nel suo Ducato di Bari, come aveva fatto in precedenza sua madre Isabella. In un Castello ampliato e sfarzoso e portando dall’Ungheria parecchie cose utili ai pugliesi, diversi animali e piante, e molte ricette, tra le quali quella delle Cartellate, un dolce adatto al natale poiché irrorato di vino cotto di fichi.

Le meravigliose cartellate

Nelle zone più povere ed interne come la Basilicata, la sottile pasta frolla si cosparge solo di miele e zucchero e aromi del posto.

Cartellate o Casatelle al miele, più leggere

Se poi ci spostiamo verso il Salento troviamo ad imperare la pasta di mandorle “Lu luce te li signori” (il dolce dei signori). Tutte le ricette di pasta di mandorla provengono in genere da Monasteri benedettini, luoghi in cui le Badesse venivano da Famiglie Nobili del territorio dove, grazie alla loro dote, conservavano un alto Status, cosi si conservava l’uso di poter lavorare la “pasta reale” un ricco impasto di mandorle, frutta candita, fichi e miele con il quale si preparava la “faldacchiera“, arricchita a volte anche di cioccolato, a forma di pesce nel periodo natalizio, di agnello in quello pasquale.

Ecco un meraviglioso pesce natalizio

Ancora oggi è uno degli omaggi più ricercati e apprezzati in terra salentina e non solo.

Torniamo al Nord, la tradizione attribuisce a Napoleone Bonaparte, in Italia per la sua prima campagna, nel 1797 la tradizione della “Bisciola” che non è un rettile, ma una tradizione della Valtellina. In realtà questo dolce era il frutto dei recuperi dalle madie casalinghe di quanto si trovava: fichi, uva passa, noci.

In Liguria troviamo il pan dolce con radici a metà del XVI quando Andrea Doria, per rendere omaggio alle nozze del nipote Gian Andrea e la nobildonna Zanobia del Carretto, stimolò i suoi maestri pasticceri ad inventare un dolce simbolo delle virtù della sposa. Nutriente, ma adatto a conservarsi nelle Kambuse dei marinai.

Trasferendosi a Bologna ecco il “Certosino” che a suo tempo si chiamava “Panspeziale” frutto dell’estro creativo. all’approssimarsi delle feste di farmacisti e speziali, l’arte era nel saperlo impastare e poi dargli la perfetta forma rotonda per poi gestire la ricca decorazione.

Importantissima la frutta candita e le mandorle croccanti. Alcuni (per i più ricchi) erano così grandi da sembrare rosoni di una basilica romanica. Attorno al 700 se ne presero cura i frati della Certosa da cui prende l’attuale nome. Il bolognese Prospero Lambertini, salito sul soglio di Pietro con il nome di Benedetto XIV, un Papa illuminato che fece grandi riforme, goloso in tutti i periodi del “Certosino Bolognese” sia con cioccolato che senza.

Certosino più semplice ma arricchito da granella di pistacchio

A Roma troviamo il “Pangiallo” citato già nei pasti degli antichi romani, fatto aggiungendo all’impasto del miele, del vino e altre spezie a piacere. Si cominciava a consumare in concomitanza del Solstizio d’inverno, il giorno più corto dell’anno. Per forma e colore ricordava il sole. Il colore giallo era dato o da uno strato di pastella d’uovo, per i più poveri, oppure da vari strati di pennellate di zafferano per i ricchi.

Nelle provincie, soprattutto nel viterbese appare più povero con più farina impastata con cioccolato e frutta secca.

Altrettanto nelle vari regioni Molise, Abruzzo ecc….

La pasticceria Napoletana e Siciliana meritano dei lunghi trattati a parte sia per la similarità dei prodotti, dovuti alle comuni dominazioni arabe, francesi e spagnole, sia per la similitudine dei tipi di frutta prodotti e dell’impiego di più pasta di mandorla lavorata finemente, che miele o vin cotto. Sicuramente una pasticceria arricchita dai pasticcieri viennesi fatti venire dalla Regina Maria Carolina d’Asburgo, a seguito del suo matrimonio con Re Ferdinando IV di Borbone, (sorella minore di Maria Antonietta di Francia) che ha apportato davvero delle rivoluzioni nella rigida corte dei Borbone.

Innovazioni perpetuate poi anche da sua nipote la Regina Maria Sofia di Baviera che ha introdotto anche gli usi bavaresi sposando Re Ferdinando II di Borbone. Maria Sofia, va ricordato era la sorella minore delle bellissima Regina Sissi (Elisabetta d’Austria Ungheria.)

Insomma di dolci ne abbiamo per tutti i gusti, con ingredienti in comune come il miele e la frutta secca. Dopo questo ricordo un po’ retro ma ricco di calorie, sarebbe ottimale una dieta….

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