Guerra in Ucraina, chi può fermare Putin? Lo zar accusato di crimini di guerra?

Risponde il Professor Emanuele Sommario Docente di Diritto Internazionale

Giovanna Sellaroli

Giorno 29 della guerra, continua incessante la devastazione dell’Ucraina.

Mentre il Presidente Zelenskiy invita a protestare in tutto il mondo contro la guerra, e chiede ancora una volta che la Nato li aiuti pienamente a vincere il conflitto, le notizie che giungono dal fronte sono sempre più preoccupanti, Kiev infatti denuncia l’utilizzo delle bombe al fosforo nella zona di Lugansk e, come scrive su Telegram il capo dell’amministrazione militare regionale di Lugansk Sergey Gaidai, citato dall’agenzia Unian, si contano morti e feriti.

Malgrado le stime sempre più alte delle perdite dell’esercito russo, l’invasione messa in atto dal Cremlino continua nella sua opera di distruzione sistematica.

Intanto in queste ore è iniziato a Bruxelles l’atteso vertice Nato che vede riuniti capi di Stato e di Governo alle prese con una situazione molto grave.  Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg ha ribadito che l’Alleanza continuerà a «sostenere l’Ucraina» invasa dalla Russia e che è pronta a «fare di più sul terreno, sul mare e nell’aria».

«Putin ha superato la linea rossa della barbarie» ha affermato Boris Johnson, giungendo al summit: «Ora dobbiamo decidere cosa possiamo fare per stringere il cappio economico intorno al regime di Putin».

Ecco, non essendo riusciti a evitare l’escalation di una guerra nel cuore dell’Europa, è proprio questo il punto: chi riuscirà a fermare Vladimir Putin?

Putin è un criminale di guerra“, si è detto da più parti e lo ha affermato lo stesso Presidente degli Stati Uniti Joe Biden. Concetto ribadito anche da Liz Truss, ministro degli Esteri britannico, che ha aggiunto: “Stiamo raccogliendo le prove sul campo per far sì che Vladimir Putin sia ritenuto responsabile di questi crimini

Già il Ministro della difesa ucraino Reznokov, rivolgendosi al Parlamento europeo, aveva chiesto per Putin l’incriminazione per crimini di guerra.

Questi eventi politici globali, altamente drammatici, ci inducono a interrogarci sul ruolo del diritto  e delle regole internazionali che dovrebbero salvaguardare il mantenimento della sicurezza e della pace. E mi chiedo, laddove non riesce la strategia diplomatica, l’insieme delle sanzioni economiche, il grido del popolo, il risveglio delle coscienze dell’opinione pubblica e  delle elite,  potrà riuscire il ricorso alle leggi?

Per capire cosa dicono le norme di diritto internazionale sull’aggressione russa all’Ucraina, ne parliamo con Emanuele Sommario, Professore Associato di Diritto Internazionale e Direttore del Master in Human Rights and Conflict Management, presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.

L’invasione russa dell’Ucraina costituisce un atto di aggressione, commesso in violazione del divieto di uso della forza sancito dall’articolo 2(4) della Carta delle Nazioni Unite.

Professore, il Presidente russo può essere chiamato a rispondere delle atrocità commesse sul territorio ucraino?

“Sono almeno tre le tipologie di crimini internazionali di cui Putin si è quasi certamente macchiato.

Il primo è il crimine di aggressione, ossia la pianificazione e l’esecuzione di un attacco bellico in flagrante violazione del divieto di uso della forza fra Stati. Il diritto internazionale vieta agli Stati di usare la forza armata per risolvere controversie, permettendolo solo in caso di legittima difesa (puoi usare la forza per respingere un attacco armato proveniente da un altro Stato) o di autorizzazione conferita dal Consiglio di Sicurezza delle NU (che è l’organo preposto a garantire la pace e la sicurezza internazionale). L’azione russa non rientra in queste due fattispecie e costituisce dunque una violazione di una norma fondamentale dell’ordinamento internazionale. Tale violazione va perseguita non soltanto rispetto allo Stato che l’ha commessa (la Russia), ma per l’appunto anche nei confronti degli individui che l’hanno pianificata e realizzata (Putin e i vertici dello stato russo).

La seconda tipologia di crimini è costituita dai c.d. “crimini di guerra”, ossia violazioni gravi di alcune norme fondamentali di diritto internazionale umanitario. Si tratta della branca del diritto internazionale che regola la condotta delle parti in un conflitto armato e che prevede fra le altre cose un regime di tutela speciale per una serie di categorie vulnerabili (civili, prigionieri di guerra, combattenti feriti, ecc.). L’attacco deliberato contro obiettivi civili, il blocco delle operazioni di assistenza umanitaria, l’utilizzo di armi indiscriminate, l’attacco a impianti nucleari che potrebbe rilasciare materiale radioattivo sono solo alcuni degli esempi di condotte che, se provate, costituirebbero crimini di guerra.

La terza tipologia è quella dei crimini “contro l’umanità”, che sono invece violazioni dei diritti umani fondamentali commessi in maniera generalizzata o sistematica contro la popolazione civile. Vi rientrerebbero ad esempio il trasferimento forzato della popolazione, le campagne di stupri di cui le truppe russe si sarebbero rese protagoniste, o altri atti che provochino gravi sofferenze o gravi danni fisici o psicologici alla popolazione che li subisce.

Sia per i crimini di guerra che per quelli contro l’umanità la responsabilità penale non è solo di chi li compie direttamente, ma anche di chi li pianifica e li ordina, o dei superiori in grado che non fanno nulla per fermarli. Per questo anche il Presidente Putin potrebbe essere ritenuto colpevole di averli commessi”

Professore, ci sono le prove che Putin ha violato le leggi di guerra e le convenzioni internazionali?

“La raccolta delle prove è sempre impresa ardua in situazioni di violenza generalizzata come quelle presenti durante un conflitto armato. A condurla dovrebbero essere, in prima battuta, le stesse parti belligeranti, che hanno obblighi precisi di reprimere ogni violazione del diritto umanitario, sottoponendo i presunti colpevoli a procedimenti giudiziari. Purtroppo spesso le parti in conflitto mancano della volontà o delle risorse per raccogliere prove fisiche e testimonianze, motivo per cui molti crimini di guerra restano impuniti.

Nel caso dell’Ucraina, tuttavia, il lavoro di raccolta delle prove è già iniziato ad opera del Procuratore capo della Corte penale internazionale (CPI), il britannico Karim Khan. La Corte ha ottenuto giurisdizione per crimini di guerra e crimini contro l’umanità commessi su territorio ucraino attraverso una dichiarazione unilaterale presentata dall’Ucraina stessa all’indomani dell’invasione della Crimea, nel 2014. Il Procuratore presenterà le prove alla Corte che, nel caso le ritenesse convincenti, potrà emanare un mandato d’arresto nei confronti dell’accusato. A tale mandato dovrebbero dare seguito tutti gli Stati parte dello Statuto della Corte, che sarebbero dunque obbligati ad arrestare Putin ed altri accusati che dovessero trovarsi sul proprio territorio, per poi estradarli verso i Paesi Bassi, dove la CPI ha sede.

Le prove potranno anche essere raccolte dalla commissione internazionale di inchiesta istituita dal Consiglio delle NU per i Diritti Umani, che con una risoluzione adottata il 4 marzo scorso ha dato incarico a un gruppo di tre esperti di investigare circa la possibile commissione di violazioni del diritto internazionale umanitario e del diritto internazionale dei diritti umani commessi in Ucraina.

Lo abbiamo visto dalle tante dichiarazioni dei leader, ormai ci si comincia a chiedere come il leader del Cremlino possa essere portato davanti al tribunale e processato…

Professor Sommario, se fosse provato (e le immagini sono del tutto evidenti…) che Putin ha ordinato o non impedito di prendere di mira deliberatamente obiettivi civili (come il teatro di Mariupol bombardato dall’aviazione russa) o permesso un uso sproporzionato della forza o quello di armi chimiche o biologiche, come si denuncia in queste ore sul lancio di bombe al fosforo sulla regione di Lugansk, quali scenari possibili si potrebbero aprire?

“Un’opzione che si sta già percorrendo è quella del coinvolgimento della CPI, che potrebbe quantomeno esercitare un effetto deterrente su Putin e sugli altri membri dell’establishment russo.

Una seconda via passa attraverso il coinvolgimento dei tribunali degli Stati estranei al conflitto, che potrebbero anch’essi dare il via a procedimenti penali nei confronti di quanti fossero sospettati dei crimini internazionali sopra descritti. Eserciterebbero in questo modo il principio di “giurisdizione universale”, che consente a qualsiasi Stato di intraprendere l’azione penale per un crimine internazionale, indipendentemente da dove sia avvenuto il crimine, dalla nazionalità della vittima o da quella dell’imputato. La logica dietro questo meccanismo è che si tratti di crimini così gravi che l’intera comunità internazionale ha un interesse a reprimerli, chiamando i colpevoli a risponderne.

Una terza ipotesi, avanzata da alcuni Stati, sarebbe quella della creazione di un tribunale internazionale ad hoc, costituito specificamente per punire i crimini commessi nel contesto del conflitto in corso. Il valore aggiunto sarebbe che a tale tribunale potrebbe essere conferita anche competenza sul crimine di aggressione (che la CPI non ha rispetto alla situazione in Ucraina). Si tratterebbe di replicare il modello dei tribunali penali di Norimberga e Tokio, creati dopo la seconda guerra mondiale, o dei tribunali speciali per la ex-Jugoslavia e per il Ruanda, istituiti nei primi anni ’90 del secolo scorso”

Filmati, fotografie e testimonianze mostrano che le forze armate russe sono state coinvolte in decine di episodi criminosi.

Possono configurarsi come crimini di guerra? Cosa dice la legge?

“A valutare gli elementi di prova relativi a presunti crimini di guerra dovrà essere un tribunale penale (internazionale o nazionale) competente. Agli accusati dovranno essere accordate tutte le garanzie associate al diritto ad un processo equo, compresa la possibilità di contestare l’attendibilità delle prove raccolte o dei testimoni dall’accusa. La colpevolezza dovrà essere provata oltre ogni ragionevole dubbio, e a chi fosse condannato dovrebbe essere data la possibilità di ricorrere in appello”

Se Putin non sarà deposto, se la Russia non deciderà di consegnare generali e soldati sotto accusa, i crimini commessi in Ucraina resteranno senza colpevoli?

“Le possibilità che Putin sia chiamato a rispondere di fronte a un tribunale per i crimini interazionali che ha commesso o ordinato non sono molte. Tuttavia, negli ultimi anni sono numerosi i casi di capi di stato o di governo che sono stati processati da tribunali internazionali: Slobodan Milosevic (Serbia), Omar Al Bashir (Sudan), Charles Taylor (Liberia), Laurent Gbagbo (Costa d’Avorio), sono fra quanti non avrebbero mai pensato di dover rispondere davanti a un giudice per i crimini commessi, eppure ognuno di loro si è dovuto sedere sul banco degli imputati

Si tenga anche presente che per i crimini internazionali non è prevista prescrizione, per cui il tempo potrebbe fare il gioco di quanti sperano che presto o tardi chi si è macchiato di questi misfatti sia chiamato a darne conto.

Certo, l’ipotesi più plausibile è forse quella che ci sia un cambio di regime a Mosca, che Putin cada in disgrazia e che siano gli stessi tribunali russi a processarlo per quanto sta avvenendo in Ucraina

La legge marziale imposta da Zelensky che cos’è e cosa prevede?

“In situazioni d’emergenza i governi introducono leggi che cambiano l’assetto istituzionale dello Stato, realizzando un accentramento dei poteri nelle mani dell’esecutivo. Nel contempo viene limitato l’esercizio di alcuni diritti, per permettere l’adozione di misure maggiormente efficaci nel contrastare l’emergenza. Ad esempio, con l’introduzione della legge marziale alla fine di febbraio il governo ucraino ha proibito ai cittadini maschi abili al combattimento di lasciare il paese, chiamandoli ad unirsi alle forze armate ucraine. Allo stesso modo vengono proclamati coprifuoco in molte città del paese, vietando alla popolazione di uscire di casa per poter individuare con maggior facilità possibili spie o sabotatori nemici. Si tratta in sostanza di regimi emergenziali temporanei, volti a fornire strumenti più incisivi per fronteggiare una minaccia particolarmente significativa

Professor Sommario, il diritto applicabile in situazioni di conflitto armato o di occupazione militare rimane, in via principale, il diritto internazionale umanitario (DIU). Ma l’equilibrio del diritto tra uso della forza e dovere di protezione, come si esplica?

“Si tratta in effetti di una questione che è a volte difficile mettere a fuoco. Il DIU prevede la possibilità che i belligeranti invochino la c.d. necessità militare per giustificare il lancio di attacchi estremamente distruttivi, che possono causare ingenti perdite umane e materiali. E’ purtroppo la logica primitiva della violenza, in base alla quale si può utilizzare la forza delle armi per spingere il nemico alla resa. In tutto ciò esistono tuttavia regole che dovrebbero proteggere quanti non partecipano attivamente alle ostilità, ossia principalmente i civili. I belligeranti dovrebbero ad esempio adottare una serie di misure precauzionali, quando pianificano e lanciano un attacco, volte a eliminare o quanto meno a minimizzare i rischi per la popolazione civile. Eppure in alcune circostanze anche civili innocenti possono divenire vittime del conflitto, senza che ciò costituisca una violazione del DIU. Ad esempio, nel caso in cui da un determinato attacco ci si possa attendere un vantaggio militare significativo, la parte che lo conduce potrà causare anche vittime civili, purchè l’attacco sia in effetti indirizzato a un obiettivo militare preciso e i danni non siano eccessivi rispetto alla sua importanza. Si tratterebbe in questi casi di c.d. “danni collaterali”. Ovviamente il giudizio sull’importanza dell’obiettivo militare e sull’ammontare di danni collaterali accettabili varia da individuo a individuo, di qui il senso di indeterminatezza che a volte circonda il dibattito sulle norme di DIU”

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