Giorno 95

Appuntamento giornaliero per analizzare il contesto internazionale della guerra russo-ucraina

Orio Giorgio Stirpe

Le conseguenze strategiche di quanto sta avvenendo in Ucraina non si limitano all’Europa e alle sue immediate vicinanze come il Medio Oriente: dato il peso specifico dei contendenti, si estendono all’intero globo e avranno effetti a lungo termine.

Molti osservatori meno addentro alle dinamiche internazionali amano lasciarsi andare a commenti apocalittici in favore o contro tanto la Russia che l’Occidente, infervorandosi come tifosi di calcio, e spesso nell’ambito di tali commenti si concedono previsioni basate su una logica “bipolare” (Occidente contro il Resto del Mondo) che non trova riscontro nella realtà.

Uno degli attori su cui si basano diverse di queste fantasiose previsioni è l’India.

La posizione indiana può apparire equivoca a chi la osserva dall’esterno. Le forze armate indiane sono equipaggiate per i tre quarti con armi russe; New Dehli si è astenuta sulla risoluzione di condanna dell’aggressione russa alla Grande Assemblea dell’ONU, e in generale l’India è sempre molto critica delle iniziative occidentali più aggressive, in particolare quelle americane. In più, l’India sta acquistando vasti quantitativi di petrolio russo sanzionato dall’Occidente, rifiutandosi di aderire al regime sanzionatorio stesso.

D’altra parte, l’India mantiene rapporti estremamente cordiali tanto con gli Stati Uniti che con l’Unione Europea, fornisce massicci aiuti umanitari all’Ucraina e secondo fonti non confermate provvederebbe anche al rifornimento di munizionamento d’artiglieria di calibro ex-sovietico (152 e 122 mm) di cui l’Occidente non dispone e che è essenziale all’operatività militare ucraina.

In realtà la posizione indiana è tutt’altro che equivoca: semplicemente, l’India parteggia per i propri interessi.

Il “Libro Bianco della Difesa” indiana indica chiaramente come la Cina sia identificata quale il pericolo maggiore per la Nazione. La Cina occupa dagli anni ’50 territori indiani nell’Himalaya, e l’India offre asilo al Dalai Lama e all’opposizione tibetana al regime cinese. Gli scontri di frontiera fra i due colossi asiatici negli ultimi anni sono aumentati significativamente, e l’ostilità fra le due potenze nucleari non va sottovalutata: coloro che parlano di una fantomatica “alleanza indo-russo-cinese” contro l’”egemonia occidentale” non sanno quello che dicono e si limitano a dare fiato alla propaganda russa.

Di fatto l’India dispone di un vastissimo arsenale di origine sovietica con il quale deve fronteggiare la doppia sfida strategica posta dalla stessa Cina e dal suo alleato Pakistan, che in origine era filo-occidentale ma con la sua progressiva islamizzazione si è allontanato da Washington per finire nell’orbita cinese. Inoltre l’India ha un enorme gap energetico che cerca di colmare con il proprio carbone e con le importazioni di greggio, possibilmente al prezzo più conveniente: di qui la sua vicinanza di convenienza a Mosca.

Ma l’India è anche organicamente inserita nel “Quad”, l’alleanza informale con USA, Australia e Giappone per contenere le ambizioni cinesi nell’Asia-Pacifico, e partecipa regolarmente ad esercitazioni militari con i suoi alleati occidentali. Gli insuccessi militari russi in Ucraina non faranno che confermare a New Dehli che la Russia è un fornitore conveniente di armi e di materie prime, ma non un alleato su cui contare, in particolare quando l’avversario da tenere d’occhio è la Cina con il suo alleato Pakistan.

La Cina in un certo senso ha il problema opposto.

L’aggressione di Putin all’Ucraina ha irritato Xi-Jinping a diversi livelli. Innanzitutto, la Cina per prosperare ha bisogno di stabilità internazionale e di commerci privi di turbolenze, e in questo condivide l’atteggiamento americano: un conflitto di alto profilo come quello ucraino è decisamente contrario agli interessi economici e commerciali.

In secondo luogo, Putin si è rivelato un alleato poco affidabile: il suo atteggiamento è quello di colui che si considera ancora l’azionista di maggioranza della società, e che si sente in diritto di assumere iniziative importanti senza informare tempestivamente i suoi partners.

Infine – e forse soprattutto – il prestigio militare russo risulta irrimediabilmente ridimensionato da una guerra che avrebbe dovuto concludersi in poche settimane con un facile successo e invece si rivela come una guerra d’attrito estremamente costosa e tragicamente prolungata contro un avversario tutto sommato di modesta capacità.

In sostanza la Russia si rivela come un alleato su cui fare poco affidamento nella sfida globale con gli Stati Uniti e i loro alleati.

Il problema però è che la Cina ha disperatamente bisogno della Russia: a differenza dell’India, non può considerarla come un semplice fornitore, e ha bisogno del suo sostegno strategico nel confronto con l’Occidente.

Questo perché la Cina è una superpotenza incompleta.

Popolazione, territorio, forze armate e potenziale economico sono all’altezza di quelli americani, ma il deterrente nucleare cimese è al livello di quello francese, non di quello statunitense: quando si oppone a Washington, Beijing ha bisogno dell’ombrello nucleare di Mosca: il solo in grado di bilanciare quello americano.

È questa superiorità strategica supportata peraltro da un’economia da media potenza che rende Putin arrogante nella sua sfida globale, e nel contempo un alleato indispensabile per una Cina dotata di un’economia da superpotenza ma priva di un deterrente nucleare adeguato.

Il binomio obbligato Mosca-Beijing è però complicato dal fatto che le due Nazioni hanno obiettivi a lungo termine completamente diversi, ed un coordinamento delle rispettive politiche estere è sempre risultato difficile, al di là dell’ovvia necessità di contrastare uniti la potenza militare USA.

L’aggressione russa all’Ucraina è solo l’ultima dimostrazione di questa difficoltà di coordinamento.

Ora l’esercito russo sarà forse capace di ottenere in extremis un successo militare di facciata capace di evitare un’umiliazione completa, un po’ come accadde nella Guerra d’Inverno del 1940 contro la Finlandia; rimarrà il fatto che l’immagine della potenza militare russa è irrimediabilmente compromessa agli occhi di tutti gli specialisti militari del mondo, soprattutto di quelli cinesi. Inoltre la Cina adesso ha ben chiaro quale sarebbe il comportamento dell’Occidente nel caso di una sua aggressione a Taiwan: una guerra economica totale accompagnata ad un attrito militare insostenibile sul lungo periodo… Una situazione relativamente prevedibile, a cui però si accompagna la consapevolezza che il sostegno militare russo sarebbe di fatto irrilevante.

Al contrario, mentre la Cina può sempre rappresentare un sostegno – per quanto limitato – all’economia di Mosca minata dalle sanzioni, attraverso massicce importazioni (sottocosto) di risorse russe, la Russia non potrebbe contribuire neppure in minima parte a ripianare le mancate importazioni occidentali di beni cinesi in caso di analoghe sanzioni contro Beijing.

In conclusione, la guerra in Ucraina non porrà certo fine all’alleanza di fatto russo-cinese, e anzi la rafforzerà. Però ne cambierà la natura: ora per Xi, Mosca rimarrà esclusivamente il suo “guardaspalla strategico”. Inoltre, vista la debolezza intrinseca rivelata dal suo alleato, dovrà prepararsi all’eventualità di una sua completa uscita di scena: la Cina dovrà quindi inevitabilmente lanciarsi in una rapida corsa al riarmo nucleare per essere in grado di opporsi agli Stati Uniti con i suoi soli mezzi.

Il rapporto fra la Russia dell’orso Vladimiro e la Cina di Xi assomiglia sempre di più a quello fra l’Italia di Mussolini e la Germania di Hitler.

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