Giorno 257

Un’analisi senza sconti, ma reale e concreta dell’esercito russo, ormai veramente mal messo e peggiorato dalla leva obbligatoria

Orio Giorgio Stirpe

Abbiamo visto come si articola un esercito moderno a livello tattico, dalla Squadra di dieci uomini fino alla Brigata che va da circa tre a cinquemila. L’articolazione di queste unità normalmente prevede un Comando, una componente di supporto sia tattico che logistico di dimensioni crescenti man mano che si sale di livello ordinativo, e una “terna” di elementi da combattimento del livello inferiore (ad esempio compagnie in un battaglione o battaglioni in una Brigata).

A seconda del tipo di unità di cui si parla, queste avranno un sistema di equipaggiamento prevalente di un tipo o di un altro (carri armati, autoblindo, veicoli corazzati per fanteria cingolati o ruotati, oppure camion o mezzi leggeri), e in base a questo l’unità stessa assumerà la denominazione di “corazzata” (su carri armati), “meccanizzata” (veicoli corazzati pesanti), “motorizzata” (veicoli blindati leggeri) oppure “leggera” (camion o pick-ups). Nel caso di Unità moderne e organizzate apposta per combattimenti pianificati, spesso assistiamo ad una mescolanza di elementi e la denominazione si riferisce all’equipaggiamento presente in almeno due terzi dei componenti.

Fin qui la teoria, abbastanza astratta. Ma che tipo di personale troviamo all’interno di queste unità, chi le comanda e come si evolvono durante il conflitto?

In teoria i comandanti delle diverse unità hanno gradi specifici: sergenti per le squadre, tenenti per i plotoni, capitani per le compagnie, tenenti colonnelli per i battaglioni, colonnelli per i reggimenti e generali ad una stella per le Brigate. I nomi dei gradi possono variare da esercito ad esercito, e comunque ci possono sempre essere eccezioni, ma questa convenzionalmente è la norma.

Circa il personale, ormai in quasi tutti gli eserciti occidentali questo è normalmente professionista, e troveremo personale di leva o riservista solo nelle unità mobilitate all’emergenza. A causa dell’eredità sovietica e della crisi del 2014, l’esercito ucraino all’inizio della guerra era ancora fondamentalmente di leva e la mobilitazione l’ha reso ancor più tale, ma la situazione di emergenza degli ultimi otto anni ha anche creato un elevato numero di veterani tanto nel personale in servizio che fra i riservisti, e questo ha fatto molta differenza riducendo sensibilmente il divario iniziale con i “professionisti” russi. Anche il programma di addestramento prebellico della NATO, rivolto ad “addestrare gli addestratori” ha avuto un impatto sensibile.

L’esercito russo invece era “a metà del guado” fra l’esercito di leva e quello professionale. L’intento era professionalizzarlo del tutto, ma date le dimensioni dell’esercito russo e quello del suo budget questo si era rivelato troppo costoso, così la leva era ancora in atto, con due “chiamate” all’anno. In teoria circa due terzi del personale dell’esercito erano “a contratto” e un terzo di leva, con variazioni notevoli da reparto a reparto. Siccome anche per l’equipaggiamento valeva lo stesso problema (mescolanza di materiale moderno e residuati obsoleti) all’interno delle Brigate, alla fine queste avevano valori di prontezza al combattimento (riconducibili alla “tempestività” del nostro Triangolo Decisionale) variabili: ogni Brigata (o reggimento indivisionato) aveva tre battaglioni, ma a seconda della prontezza (di livello A, B o C) era in grado di trasformarli tutti, solo due o appena uno in BTG; il resto poteva essere approntato solo in seguito alla mobilitazione.

Questa situazione ha generato l’equivoco all’inizio del conflitto sulla presenza o meno di coscritti nelle forze attaccanti: semplicemente i generali hanno dovuto necessariamente inserire personale di leva nei BTG attivati a causa della mancanza di personale “a contratto” rispetto ai livelli preventivati: un po’ come i “piani quinquennali” di memoria sovietica, che non raggiungevano mai veramente gli ambiziosi obiettivi prefissati. A questo proposito è effettivamente probabile che Putin, dalla sua ottimistica “bolla” informativa, non fosse inizialmente al corrente delle carenze di personale sul campo.

L’inizio del conflitto, funestato dal catastrofico errore concettuale della pianificazione russa relativo alla presunta scarsa volontà di resistere da parte ucraina, ha portato a perdite gravissime tanto fra gli ufficiali Comandanti di unità a tutti i livelli tattici (dalla squadra alla Brigata), che in generale fra i militari “a contratto”, cioè quelli più esperti. Anche le perdite in equipaggiamento hanno ovviamente colpito soprattutto i materiali più moderni: quelli che a causa dell’elevata componente tecnologica occidentale e delle sanzioni sono più difficili (spesso impossibili) da rimpiazzare.

Di qui la disperata necessità di una mobilitazione, seppure ritardata.

La mobilitazione serve tre bacini differenti di personale militare. Il primo è costituito dalle unità da combattimento già in linea, che devono ripianare le perdite subite: sono i cosiddetti “rincalzi”, e sono tratti dai “richiamati” con esperienza pregressa maggiore e più pronti al combattimento. Il secondo bacino è quello del personale necessario ad attivare quelle unità che non è stato possibile approntare per il combattimento all’inizio: quei battaglioni che per scarsità di personale e obsolescenza del materiale non erano stati trasformati in BTG e che adesso diventa possibile mandare ugualmente al fronte: questi sono i soldati di leva privi di esperienza, che vengono addestrati velocemente (o non vengono addestrati del tutto), raccolgono l’equipaggiamento che trovano e vengono immessi in combattimento come “carne da cannone”. Il terzo bacino è quello di supporto, necessario ad attivare tutti quei servizi nelle retrovie che risultano abbandonati a causa della partenza per il fronte dei soldati “a contratto” ma che è indispensabile riattivare per consentire il funzionamento della macchina bellica: autisti, meccanici, cucinieri, guardie… Normalmente questi sono i più anziani o fisicamente meno validi.

Come si vede, tutti e tre questi bacini di personale mobilitato portano ad una sostanziale diluizione dell’esperienza nelle unità che vanno ad alimentare, e quindi ad una grave riduzione della qualità e dell’efficacia in combattimento, a vantaggio di un generale aumento quantitativo e quindi almeno in teoria di una certa efficienza logistica.

In sostanza la mobilitazione attuata in ritardo e cioè dopo che le perdite in combattimento hanno già compromesso l’efficacia delle unità professionali prebelliche, sta cambiando la natura stessa dell’esercito russo, che da semi-professionale e relativamente moderno si sta trasformando con l’inserimento massiccio di personale inesperto e di materiale obsoleto in un esercito di leva assai meno esperto di quello avversario e sempre meno coeso dal punto di vista dello “spirito di corpo” che dovrebbe cementare la coesione dei reparti.

Quest’ultimo aspetto è esasperato dalle perdite fra i Comandanti a tutti i livelli. Sempre di più l’intelligence ci rivela come ormai la maggior parte delle squadre operano prive di un sergente, in quanto i sergenti sopravvissuti sono andati a comandare i plotoni: questo perché i tenenti ora devono comandare le compagnie e i capitani sono caricati della responsabilità di comandare i BTG.

Come abbiamo visto, i BTG sono organizzazioni estremamente complesse che richiedono Comandanti esperti per essere gestiti con efficacia; se poi sono seriamente danneggiati, il loro comando diviene ancora più difficoltoso, e affidarlo ad ufficiali inesperti è pericoloso.

Assistiamo già ora alla tendenza – naturale ma anche suicida – di mandare in prima linea i BTG mobilitati con Comandanti inidonei, personale inesperto e materiale obsoleto, allo scopo di preservare quelli veterani ancora dotati di un minimo di componente esperta e qualitativamente idonea ad azioni dinamiche e risolutive. Questo conduce inevitabilmente a perdite crescenti e ad una costante erosione del morale e dello spirito di corpo, per cui i reparti minori si augurano la rovina di quelli che stanno loro intorno sperando di sopravvivere grazie al loro sacrificio.

Si tratta di un esercito le cui caratteristiche – lungi dall’essere quelle di un’organizzazione coesa e professionale – corrispondono sempre più a quelle di un vasto insieme di milizie eterogenee, male armate e male addestrate, dotate di motivazioni differenti fra loro e addirittura divise da una crescente rivalità reciproca generata dalla volontà di sopravvivenza.

Ci sono fra queste ancora diverse formazioni efficienti che sono state capaci di preservare in qualche modo le loro capacità (in generale si tratta per motivi differenti delle VDV e dei mercenari Wagner), ma nel complesso si può ormai dire che l’orso Vladimiro ha largamente ottenuto il risultato di depotenziare clamorosamente l’intero esercito russo.

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