Giorno 146

Gli Himars (in copertina), impiegati efficacemente, unitamente alle coordinate fornite con precisione dai partigiani, stanno avvantaggiando e non di poco l’esercito ucraino,

Orio Giorgio Stirpe

Ancora una volta, niente di nuovo sul Fronte Ucraino.

I riassunti sintetici di alcune testate più serie riportano per le ultime ventiquattr’ore le note sulla caccia alle spie in Ucraina, le ultime informazioni sulla guerra di propaganda da parte russa, il vertice di Teheran, i bombardamenti sulle varie aree urbane… La CNN aggiunge due righe per dire che alcuni attacchi minori nel Donetsk sarebbero stati respinti.

“Alcuni attacchi minori”… Ci sono una decina di Armate russe impegnate in un’invasione lungo un fronte di oltre duemila chilometri di terreno pianeggiante, ed è piena estate: terreno e periodo ideali per attaccare; eppure tutto quello cui assistiamo in termini di manovra sono “alcuni attacchi minori” in un settore di una quarantina di chilometri di fronte che non sono neppure in alcun modo decisivi dal punto di vista militare.

Gli apologeti dell’Armata Rossa e gli entusiasti della Guerra di movimento saranno svelti a ricordare che “è normale che un esercito tiri il fiato e si raggruppi dopo una vittoria”… Ma le cose non stanno così.

Sarebbe “normale” che le forze che hanno combattuto nella battaglia di Severodonetsk si raggruppassero e tirassero il fiato; ma altre forze fresche dovrebbero lanciarsi nel “varco” aperto da tale “vittoria” per incalzare il nemico sconfitto e raggiungere un obiettivo in profondità. E sarebbe anche normale che le altre Armate non coinvolte in quella battaglia proseguissero le operazioni offensive, magari anche a ritmo ridotto, se non fosse altro per tenere impegnato il nemico ed impedirgli di raggrupparsi e di tirare il fiato a sua volta.

La stasi operativa TOTALE sull’intero arco del fronte si spiega solamente se TUTTE le forze russe avessero sostenuto la battaglia di Severodonetsk e, quindi, necessitassero tutte di raggrupparsi, e se non esistessero riserve da lanciare nella breccia; oppure se non esiste nessuna breccia perché non si è conseguito nessun successo militare ma si è semplicemente occupata un’altra area devastata assolutamente priva di valore militare. In sostanza, cioè, quello che andiamo ripetendo ormai da settimane.

Cioè che i russi hanno raccolto un potenziale offensivo tale da riuscire a proseguire l’offensiva seppure in un settore estremamente limitato, solo al prezzo di cannibalizzare tutte le altre formazioni lungo il resto del fronte, logorando in anticipo tutte le scarse riserve disponibili, e ritardando il loro “culmination point” al prezzo di diluire pericolosamente l’intero fronte.

Il fatto è che non c’è nessun “varco” da sfruttare perché gli ucraini si sono sganciati ordinatamente e hanno accorciato il fronte così ora sono meglio disposti a difesa di prima; non ci sono riserve da gettare in avanti perché sono state logorate inutilmente per conquistare le rovine di Severodonetsk; e non è possibile mantenere la pressione sul resto del fronte perché le altre Armate si sono dissanguate per alimentare l’inutile offensiva nel Donbass.

Così adesso l’esercito russo ha culminato e non ce la fa più a proseguire. Dovrà “tirare il fiato” per un bel po’, cercare di raccogliere in qualche modo nuove forze addestrando i sessantenni entusiasti e reclutando mercenari a prezzi astronomici (tanto ormai l’economia è quello che è), cercando di grattare la ruggine dai residuati sovietici parcheggiati all’aperto in Siberia da trent’anni.

Per essere una campagna militare lanciata dal secondo esercito più potente del mondo contro un debole vicino in difficoltà, è quantomeno deludente.

Eppure Medvedeev continua a ripetere che la Russia “raggiungerà tutti i suoi obiettivi secondo il piano dell’”operazione militare speciale”, e alla fine detterà le condizioni della pace”. Sarà.

Dall’altra parte del fronte, gli ucraini si fanno prendere dall’entusiasmo. A parte la continuamente annunciata “controffensiva di Kherson” (le controffensive si fanno di sorpresa, non si annunciano), che sarebbe auspicabile ma mi sembra difficilmente attuabile prima che almeno le prime Brigate di mobilitazione siano pronte, ora ci si lascia andare ad affermazioni esagerate sull’efficacia degli HIMARS.

Cerchiamo di capirci: gli HIMARS sono davvero efficaci; però non risolvono la guerra. Nessuna arma da sola risolve una guerra, a meno che non sia davvero qualcosa di apocalittico… È sempre un insieme di fattori variabili che deve cambiare lentamente per rovesciare del tutto le sorti di un conflitto.

Gli HIMARS probabilmente sono uno di questi fattori. Vediamo il perché.

In realtà si tratta di una versione leggera e ruotata (maggiormente mobile su strada e meno su terreno vario) degli MLRS. Artiglierie missilistiche campali, però dotate di una precisione molto superiore rispetto alle controparti sovietiche come “Smerch” e “Uragan”, devastanti nel tiro a massa ma appunto poco precisi. Tali sistemi possono colpire a distanze superiori a quelle delle normali artiglierie e in modo molto accurato obiettivi posti nelle retrovie nemiche, ma non possono arrivare troppo in profondità (ad esempio contro il famoso ponte di Kerch).

Si tratta quindi delle armi ideali con cui condurre il Targeting senza dover rischiare assetti aerei; però richiedono un fattore aggiuntivo: la disponibilità dei dati di tiro corretti.

Gli HIMARS da soli non sarebbero così micidiali senza tale disponibilità, ed è qui che vorrei soffermarmi, in quanto il successo ucraino in questo settore in realtà mette in luce una sorprendente incapacità russa di fare altrettanto.

Gli HIMARS rispondono alla mancanza di aviazione tattica moderna da parte ucraina; ma i russi ce l’avrebbero, e potrebbero usarla con la stessa efficacia sparando a distanza con i loro aerei più moderni come gli Su-34. È vero che sono a corto di missili di precisione, ma quelli che hanno potrebbero utilizzarli in maniera più efficace che sparando ai condomini urbani. Se non lo fanno non è perché non dispongano delle sorgenti di fuoco: è perché evidentemente non dispongono dei dati di tiro.

Tali dati si procurano per mezzo della ricognizione aerea e satellitare, della guerra elettronica, dell’infiltrazione di Forze Speciali e delle unità partigiane: tali assetti individuano i Posti Comando e i depositi munizioni, inviano i dati con messaggi criptati via satellite, e gli HIMARS colpiscono nel giro di tre minuti.

Perché i russi non fanno altrettanto?

Ovviamente loro non hanno partigiani dietro le linee nemiche, e i loro Spetznaz hanno subito perdite atroci nel fallimento delle prime settimane di guerra; la ricognizione aerea è limitata dalla contraerea ucraina… E la ricognizione satellitare?

Non conosciamo l’efficacia dei satelliti russi. Ma a questo punto, in particolare dopo i recenti problemi riscontrati dalla Roscosmos in orbita, sorge il dubbio che anche in questo settore le capacità tecniche dei russi siano state a lungo sopravvalutate in Occidente così come dalla stessa dirigenza russa.

L’eccellente cooperazione fra la ricognizione avanzata e il tiro di precisione degli HIMARS sta consentendo agli ucraini un’efficace campagna contro i depositi munizioni di campagna dell’artiglieria russa. Come già indicato nei post passati, l’artiglieria è l’arma vincente dei russi: impiegata a massa infligge gravi perdite ai difensori anche se poco precisa; è disponibile in grandi quantità e dispone di munizionamento “stupido” quasi infinito… Avevamo anche detto che l’unico vero modo di contrastarla è colpire il rifornimento logistico delle munizioni; gli HIMARS fanno esattamente questo.

L’orso Vladimiro sta perdendo la capacità di impiegare la sua arma vincente per mascherare la stasi operativa obbligata che segue alla “culmination” delle sue Armate: ora dovrà per forza fermarsi e cercare di farsi ricrescere gli artigli logorati…

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