E se provassimo ad ascoltarci?
Alle dietrologie da social preferiamo la cultura
Cinzia Montedoro
Abbiamo passato una settimana a seguire Sanremo, eravamo tutti, o quasi, bloccati davanti a quella scatola magnifica nel seguire lo spettacolo tanto atteso di musica e intrattenimento, che possiamo annoverare tra gli eventi televisivo dell’anno: deus Sanremo.
Ora che le luci sul palco dell’Ariston si sono spente e le canzonette, come direbbe Bennato, alcune scritte con il cuore, altre … con le mani, con i piedi… hanno preso il via libera nelle classifiche musicali, possiamo fare un umile resoconto dell’evento. Regina indiscussa della manifestazione è stata la presenza di Drusilla Foer, i cui panni sono vestiti da Gianluca Gori, attore, performer e fotografo. Lei Drusilla è sul palco una nobildonna che ormai vive di vita propria, senese e cresciuta a Cuba, dichiara di aver vissuto in giro per il mondo e di essere tornata in Italia da dieci anni: «Ho lavorato nel cinema, in televisione, in radio, ma attualmente canto e racconto storie in teatro».
Lei, Drusilla a dire di molti, doveva essere il personaggio scomodo del Festival , Pillon, il politico che ha costruito la sua carriera facendo il bastian contrario, non poteva che pensare diversamente era il 13 gennaio e scriveva sui social: «Com’era ampiamente prevedibile, al festival di Sanremo sempre più LGBT è stata assegnata la quota gender-inclusive già nella fase di scelta dei conduttori.
Una domanda: ma sempre in rispetto delle quote, non si potrebbe avere tra i co-presentatori un normale papà (uno eh, non due), e magari di ispirazione conservatrice? Sarebbe un bel segnale, se non altro a tutela delle specie a rischio estinzione televisiva».
A detta del politico, forse un papà sarebbe stato più idoneo, o perché no una mamma magari dopo aver passato dieci giorni in didattica a distanza, per il proprio figlio in quarantena fiduciaria…sai che spettacolo, sul palco le scintille…ma onestamente credo, al di là delle critiche no sense, e delle dietrologie che Drusilla, abbia svolto il ruolo di co-conduttrice meglio di tutti.
Lei che con il suo aspetto da nobil donna colta e mai banale ha regalato al pubblico una lezione di portamento, educazione e simpatia, ha servito la sua cultura su un piatto d’argento a tutti gli italiani, padrona del palco come sola un’attrice sa essere. Pochi fronzoli, e ai monologhi scontati che oramai sono divenuti docu-film per le scuole, ha preferito le sue parole, con un monologo, che strizza l’occhio a chi crede che l’unicità non sia un valore, ecco alcuni passaggi: «Non voglio ammorbarvi a quest’ora con parole sulla fluidità, sull’integrazione, sulla diversità. Diversità non mi piace perché ha in sé qualcosa di comparativo e una distanza che proprio non mi convince. Un termine in sostituzione potrebbe essere unicità, perché tutti noi siamo capaci di coglierla nell’altro e pensiamo di esserlo. Per niente, perché per comprendere la propria unicità è necessario capire di cosa è composta, di cosa siamo fatti. Di cose belle: le ambizioni, i valori, le convinzioni, i talenti. Ma talenti e convinzioni devono essere curati. Sarà una ficata pazzesca e sarà bellissimo abbracciare la nostra unicità e a quel punto io credo che sarà più probabile aprirsi e uscire da questo stato di conflitto che ci allontana. Sono una persona molto fortunata a essere qui ma vi chiederei un altro regalo: date un senso alla mia presenza su questo palco e tentiamo il vero atto rivoluzionario, che è l’ascolto, di sé stessi e degli altri».
Chapeau quindi ad un’attrice che ha semplicemente raccontato la bellezza di essere sé stessi a fronte di pregiudizi e preconcetti, deus Sanremo è anche questo!
Perché in fondo …Sanremo è Sanremo.
Per interventi utilizzare il “Lascia un commento” o scrivere alle e-mail info@lavocenews.it o direttore@lavocenews.it. Per seguirci su Facebook potete mettere il “mi piace” sulla pagina La Voce News o iscrivervi al gruppo lavocenews.it. Grazie.