“America United” – Joe Biden è presidente

Joe Biden ha prestato giuramento: è il 46° Presidente degli Stati Uniti

Giovanna Sellaroli

In una Washington sferzata da un vento gelido, protetta da oltre 25mila agenti della Guardia Nazionale, e alla presenza di soli mille  ospiti, nell’Inauguration day più blindato della storia per il timore di proteste armate, Joseph Robinette Biden Jr. ha prestato giuramento su una vecchia Bibbia di famiglia di ben 127 anni, sorretta dalle mani della moglie Jill.

Non essendovi pubblico a salutare il Presidente Biden e Kamala Harris, la prima Vicepresidente donna della storia (di origini indiane e afroamericane), 200mila bandiere a stelle e strisce posizionate in strada, lungo il National Mall, hanno offerto uno scenario suggestivo nel sottolineare la solennità del momento.

Una cerimonia molto asciutta, dai toni meno festosi, ma densa di significati e di simboli; sicuramente un cambio della guardia dai contenuti importanti e in difesa della tradizione. Una celebrazione che entrerà nella storia come quella diversa da tutte le altre: nessuna parata, niente bagno di folla, celebrazioni in streaming e, soprattutto, un grande assente; per la prima volta negli Stati Uniti d’America, il Presidente uscente è andato via senza dare il “benvenuto” al suo successore. Un gesto di disprezzo col quale cala il sipario sul triste spettacolo andato in scena in questo ultimo anno di politica americana. Calpestando la tradizione, oltre a non accettare e riconoscere la sconfitta elettorale, l’ex Presidente ha ignorato il passaggio di consegne, stravolgendo così anche il protocollo per la consegna della ‘football’, com’è nota in gergo, la valigetta con i codici nucleari del presidente Usa.

Ti amo, Jilly, e non potrei essere più grato di averti con me nel viaggio che mi aspetta”, il messaggio di Biden alla moglie, inviato dal suo account twitter poco prima della cerimonia dell’insediamento, che ha visto la presenza  dei più importanti ospiti politici, fra cui Bill e Hillary Clinton,George e Laura W. Bush, Barack e Michelle Obama e il vice presidente uscente Mike Pence e signora. 

A cantare l’inno statunitense “The Star-Spangled Banner”,  una emozionata Lady Gaga, che si è presentata sul palco con un sontuoso abito Schiaparelli, ornato da un’enorme spilla dorata a forma di colomba, un chiaro riferimento al valore della pace.

Subito prima del momento clou della cerimonia, la performance di Jennifer Lopez, che di bianco vestita, si è esibita in un medley “This Land is your Land” e “America the beautiful”, due classici del patriottismo americano, per gridare infine, in spagnolo “Libertad y justicia para todos” (libertà e giustizia per tutti).

È stata poi la giovane poetessa Amanda Gorman a recitare la poesia “The Hill We Climb”  (La collina che scaliamo), la ventiduenne afroamericana residente a Los Angeles, che ha cominciato a scrivere poesie per superare un problema di linguaggio. “Essere americani è più di un orgoglio che ereditiamo. È il passato in cui ci inseriamo e come agiamo per ripararlo” ha detto la Gorman, che ha incantato con la luce del suo giovane volto, esaltata dal cappotto giallo di Prada.

“America United” è stato il leitmotiv della cerimonia di insediamento. Nel suo primo discorso da Presidente, Joe Biden ha puntato sull’unità degli americani, sulla verità opposta alla cultura della manipolazione dei fatti, “vi diremo la verità anche se fa male”, ammonendo che il Paese è messo a dura prova da una pandemia che si è presa tante vite in un anno quante ne ha perse l’America durante la seconda guerra mondiale.

Per superare le sfide serve l’unità della nazioneVoglio essere un Presidente che unifica, che non vede il blu e il rosso, ma gli Stati Unitiè venuto il momento di guarire gli Stati Uniti”: un messaggio di unità e di cambiamento dunque, i punti chiave del discorso del nuovo Presidente. E cita Sant’Agostino: “Molti secoli fa Sant’Agostino, un santo della mia chiesa, scrisse che un popolo è una moltitudine definita da ciò che ama”. Una citazione questa che ci ricorda che Biden è il secondo presidente cattolico degli Stati Uniti, dopo John Fitzgerald Kennedy, sessant’anni fa.

Sfide epocali quelle che attendono da oggi l’uomo che vuole e deve riunire un paese dilaniato, prima fra tutte il coronavirus che oggi segna un altro record negativo di decessi e che morde con le sue conseguenze nefaste sulla recessione economica. E poi la disoccupazione che con Obama, nel 2008 era al 5,8%, con Trump al 4,9, ma attualmente è all’8,1%; e ancora le tematiche razziali e ambientali.  Sotto i riflettori anche la politica estera, continuerà la linea dura con la Cina che indubbiamente rappresenta per gli Stati Uniti la sfida più significativa? Pechino sotto il Presidente Xi Jinping, non si nasconde più nel puntare apertamente alla leadership mondiale. E quale strategia  verrà adottata in Medio Oriente? E verranno rivisti i rapporti con la Corea del Nord?

Insomma, il compito che attende Joe Biden è decisamente molto arduo; eppure, nel primo discorso alla nazione, in 21 minuti, ha subito chiarito la sua posizione in politica estera, dicendo basta a impossibili e dannose promesse isolazioniste, l’America è tornata:

Il mio messaggio a coloro che sono oltre confine. L’America è stata messa alla prova e ne è uscita più forte di prima. Riapriremo le nostre alleanze e ci impegneremo di nuovo nel mondo”.

Dopo il discorso di insediamento, subito al lavoro; nel primo pomeriggio Joe Biden è già alla scrivania dello studio ovale della Casa Bianca, per firmare 17 decreti attuativi. Il primo introduce l’obbligo di portare la mascherina nelle aree di giurisdizione federale (dai palazzi governativi ai mezzi di trasporto), una delle misure più invise al Presidente appena uscito. E poi due decreti ampiamente preannunciati, il ritorno degli USA negli accordi di Parigi sulla lotta al cambiamento climatico e il rientro nell’Organizzazione mondiale della Sanità. Un segnale forte e chiaro del Presidente a poche ore dal suo insediamento.

Precoce astro nascente della politica statunitense ai tempi dell’elezione al Senato per lo Stato del Delaware nel 1973, Biden ha alle spalle una lunga carriera costellata di successi e tragedie familiari. Per otto anni vicepresidente dell’amministrazione Obama e per 36 anni senatore, il settantottenne Biden è il più anziano Presidente della storia degli Stati Uniti, battendo il record del repubblicano Ronald Reagan, che lasciò la Casa Bianca a 77 anni e 349 giorni.

Nato a Scranton, Pennsylvania, il 20 novembre del 1942, in una famiglia molto cattolica, si trasferisce a soli 10 anni a Claymont, in Delaware, dove il padre vende auto. Nel 1965 si laurea in Scienze Politiche all’Università di Newark e si specializza in legge, laureandosi a Syracuse, New York. Ammesso all’albo degli avvocati, la sua carriera dura ben poco, nel 1972 entra in politica, nel consiglio della contea di New Castle. Ma il 1972 si rivela un anno nefasto per Joe Biden che in un tragico incidente stradale perde la giovane moglie e la figlioletta di 13 mesi.

Cresce i due figli più grandi da solo, fino a quando, nel 1977 sposa l’italo americana Jill Tracy Jacobs. Dal 1972 al 2008 è Senatore per il Partito Democratico in rappresentanza del Delaware; lascia l’incarico quando diventa vicepresidente degli Stati Uniti sotto la presidenza Obama. Nel 2015 Biden viene colpito un’altra terribile tragedia familiare, perde il figlio maggiore Beau, veterano e in piena carriera politica, stroncato da un tumore al cervello a soli 46 anni.

Francesco Costa in “Una storia americana” (Mondadori), dice che per capire come sarà una amministrazione bisogna concentrarsi sul vissuto dei suoi protagonisti. Il nuovo inquilino della Casa Bianca si dice abbia un carattere di ferro e rare abilità diplomatiche. La stampa americana spesso lo ha raccontato come un gaffeur che interviene sempre, senza timore a parlare in pubblico, ma con la predisposizione a “inciampare” sulle parole. Un retaggio infantile probabilmente, visto il suo passato di bambino balbuziente, bullizzato sin da piccolo e, per questo “difetto”, soprannominato “Joe impedimenta”.

Considerato una brava persona, un buono, anche dagli avversari politici, Joe Biden si presenta come l’uomo del dialogo, della moderazione, della tolleranza e in particolare della normalità.

Proprio il suo appello alla “normalità” che è piaciuto anche ai repubblicani, presuppone una strategia della normalità. Convincerà gli americani la ricerca  del sistema della normalità?

LA SCRITTURA E LA FIRMA DI JOE BIDEN

L’euritmica combinazione di curve e angoli, abbinata a un sorprendente dinamismo, in virtù dell’età avanzata dello scrivente, riflette facilità, spontaneità, flessibilità e fluidità nella linea.

Lo scorrere del filo grafico sull’asse orizzontale esprime partecipazione e una tendenza naturale a porsi in relazione e in comunicazione con l’altro. È vivo il sentimento di partecipazione che si estrinseca in un alto livello di emotività. La ricettività che sprigiona lo scrivente è sviluppata ed è nettamente incompatibile con la freddezza assoluta, sensibile al sentimento e alle pressioni esterne, emerge prorompente la richiesta  di approvazione e di incoraggiamento da parte di chi gli è accanto.

Sa imporsi, ma non sa essere inflessibile, ha necessità di riscuotere consensi a supporto delle le sue idee e dà valore alle opinioni altrui. Ha  bisogno di approvazione  e di incoraggiamento, ama farsi coinvolgere ed emozionarsi per tutto quanto accade intorno a lui. Predilige il lavoro d’equipe e crede nella responsabilità collettiva.

È scarsa la tolleranza alle frustrazioni

Il  temperamento è forte e vigoroso ma influenzato da grandi  emozioni. Capace di vibrare, possiede spiccate capacità analitiche, risulta attento al dettaglio ed è un grande osservatore di ciò che lo circonda.

La scrittura agile e con una leggera inclinazione a destra esprime prontezza e capacità di iniziativa . Dotato di un’intelligenza viva e spiccata, si avvale di un ragionamento strategico notevole. Pensa velocemente e agisce con  risolutezza e praticità. È abile nell’affrontare i problemi frontalmente, si concede solo il tempo sufficiente per riflettere su di essi e quindi agire immediatamente per trovare soluzioni.

Le forme originali ed esteticamente delineate svelano una personalità creativa, con spiccati accenni di seduzione. 

È un grande comunicatore, è persuasivo e arguto, e possiede una notevoli capacità di improvvisazione.

Carismatico, brillante e partecipativo, è un Presidente dalla leadership autoritaria piuttosto moderata che ricorda più il modello Obama piuttosto che quello personificato da Trump

Per commenti, precisazioni ed interventi potete utilizzare il “Lascia un commento” a piè dell’articolo, o scrivere alle e-mail info@lavocenews.it della redazione o direttore@lavocenews.it, per seguirci su facebook potete mettere cortesemente il “mi piace” sulla pagina La Voce News o iscrivervi al gruppo lavocenews.it grazie.