A san Martino ogni mosto diventa vino

Un salto nelle tradizioni tra sacro e profano

Cinzia Montedoro

L’11 novembre è il giorno dedicato a San Martino, celebrazione che si ricollega sia alla vita del religioso, alle tradizioni agricole locali della nostra terra, senza dimenticare gli sfottò collegati al numero undici.

San Martino di Tours fu un legionario romano convertitosi al cristianesimo e diventato vescovo, fra i primi santi non martiri proclamati dalla Chiesa, è considerato il protettore di soldati e viaggiatori, tanto da essere il patrono dell’Arma della Fanteria dell’Esercito Italiano.

In moltissime località e in modo scherzoso, la festa diventò “dei cornuti” forse perché un tempo nel giorno dedicato al Santo si svolgevano fiere di bestiame, per lo più “muniti di corna”, esse duravano qualche giorno, e le mogli che rimanevano a casa, si dice, tradissero i consorti…ma tra dicerie e sfottò la festa dell’undici novembre rievoca soprattutto il mosto che diventa vino.

In tutta Italia, durante questa giornata, vengono organizzate sagre, visite alle cantine, incontri tematici sul settore vitivinicolo, San Martino e il vino sono protagonisti anche di numerosi componimenti poetici, come la ben nota lirica di Giosuè Carducci “La nebbia a gl’irti colli”. 

Nella nostra regione, la festa ha un significato strettamente legato alle tradizioni agricole, ma non solo. A ricordarci della ricorrenza ci pensano anche le tradizioni culinarie: frittelle, pettole, castagne, panzerotti e rape, cotti in ogni modo possibile, accompagnati da un buon vino novello, anche per ricordare come dice il detto: “Chi beve solo acqua ha un segreto da nascondere”.

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